di Adriana Conconi Fedrigolli
A Piero Lechi
A seguito della morte del bresciano Giuseppe Zanardelli – personaggio di spicco nella vita politica italiana per un quarantennio, avendo rivestito le cariche di Presidente del Consiglio, Ministro dei Lavori Pubblici, dell’Interno e di Grazia e Giustizia – avvenuta nella sua villa di Maderno (Bs) il 26 dicembre 1903, venne istituito dai suoi concittadini un comitato, presieduto da senatore Federico Bettoni, che avrebbe avuto l’incarico di organizzare le celebrazioni in ricordo dello statista. Come primo atto fu deliberato che fosse eretto un monumento, che fu finanziato nella parte più ingente dall’Ateneo di Brescia, attingendo dal lascito del pittore Giambattista Gigola (1767-1841), che nel legato testamentario prescriveva proprio che fossero ricordati gli “illustri bresciani”, un’altra parte fu aggiunta dal Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, e un’ultima dalla Camera di Commercio Italiana di New York. Il comitato nel 1906 scelse di selezionare gli artisti partecipanti invitandone unicamente sei: Ettore Ximenes, Davide Calandra, Luigi Contratti, Domenico Ghidoni, Pietro Canonica e Domenico Trentacoste – a cui Stile arte ha dedicato già un articolo-. Sia Canonica che Trentacoste non accettarono l’invito. In seguito Domenico Trentacoste fu inserito nella giuria insieme all’architetto Manfredo Manfredi e al pittore Cesare Laurenti. I bozzetti, un ottavo rispetto alla misura dell’opera finita, furono esposti dal 5 giugno 1906, per quindici giorni, presso il Regio Liceo Arnaldo. La commissione dopo aver preso visione delle opere proclamò vincitore del concorso Davide Calandra, seguito da Ettore Ximenes, Luigi Contratti e Domenico Ghidoni, ai quali fu conferito un premio in denaro.
Davide Calandra (1856-1915) fu insieme a Leonardo Bistolfi e Pietro Canonica parte di quella triade che traghettò l’arte scultorea piemontese verso le nuove modalità espressive novecentesche. Fratello del letterato Edoardo autore de “ La Bufera”, studiò all’Accademia Albertina, dove fu allievo di Odoardo Tabacchi e frequentò nei medesimi anni lo studio di Alfonso Balzico. Dopo un primo avvio dedicato al genere “grazioso” e alla poetica rurale si dedicò alla scultura monumentale con la realizzazione del Monumento a Giuseppe Garibaldi a Parma nel 1893, successivamente, nel 1902, portò a termine il Monumento equestre del Principe Amedeo d’Aosta a Torino, in cui rivoluzionò la consueta bidimensionalità dei bassorilievi del piedistallo, scolpendo la storia e l’epopea di Casa Savoia in una sconcertante e splendida realtà tridimensionale in cui i ritrattati, membri illustri della famiglia, appaiono coinvolti in una vibrante e incessante cavalcata senza sosta in cui l’abile scalpello imprime al loro incedere un impetuoso il movimento. Seguirono moltissime opere, tra cui impossibile non citare il fregio bronzeo raffigurante “I Fasti sabaudi” posto in Palazzo Montecitorio, in cui ha sede la Camera dei Deputati. Ma l’abile colpo di stecca Calandra lo impresse sempre con maggior frequenza e con la massima maestria nei monumenti equestri, nella figura del cavaliere, ma soprattutto nell’indomito e vitale destriero.
Ed inserisce infatti la splendida figura degli eleganti e alteri cavalli in corsa anche nel bassorilievo marmoreo, che fa da quinta scenica, al Monumento a Giuseppe Zanardelli, inaugurato con grande affluenza di pubblico e alla presenza delle massime autorità, tra cui S.M. il Re, il 20 settembre 1909 nel trentanovesimo anniversario della presa di Roma. L’opera fu collocata in angolo via delle Rose – piazza Repubblica a Brescia e successivamente fu trasferito, dove attualmente trova collocazione, nei Giardini Zanardelli.
Calandra immagina il giurista al sommo di una gradinata in atto di alzarsi dalla sella curulis, simbolo sin dall’epoca romana del potere giudiziario, e avviare una delle sue eloquenti dissertazioni.
La mano destra aperta suggerisce proprio l’atto oratorio, mentre la sinistra posta sul fianco appare aggiungere maestosità alla figura e agli splendidi giochi di pieghe della toga che fluiscono nello spazio e che nei loro movimenti materici conferiscono massima realtà alla figura. Nello sguardo inteso e pensieroso scorrono i grandi ideali dell’uomo pubblico, ma anche dell’uomo privato. Alle sue spalle, nel bassorilievo marmoreo, già menzionato, Calandra rende omaggio alla grecità, raffigura, infatti, una quadriga di cavalli in corsa, che traina un carro guidato da un sapiente auriga, Febo, personificazione di Zanardelli stesso, al cui fianco appare la sapiente dea Atena, che regge tra le mani la statua della Vittoria alata bresciana. Un messaggio molto facile e intellegibile a tutti sottolineato anche dalle epigrafe: “Reipublicae strenue flexit habenas”. Zanardelli come recita il testo latino seppe tenere strenuamente le briglie dello Stato in un momento storico cruciale per il paese. Un plauso all’uomo, alla sua interezza e integrità, indipendentemente dalle sue idee politiche, e un plauso all’artista che così magistralmente lo seppe ritrarre e interpretare.
Davide Calandra – Storia e antiche immagini dello splendido monumento a Zanardelli
Calandra immagina il giurista al sommo di una gradinata in atto di alzarsi dalla sella curulis, simbolo sin dall’epoca romana del potere giudiziario, e avviare una delle sue eloquenti dissertazioni. Alle sue spalle, nel bassorilievo marmoreo, già menzionato, Calandra rende omaggio alla grecità, raffigura, infatti, una quadriga di cavalli in corsa, che traina un carro guidato da un sapiente auriga, Febo, personificazione di Zanardelli stesso, al cui fianco appare la sapiente dea Atena, che regge tra le mani la statua della Vittoria alata bresciana