[E]sistono immagini del volto di Dio e di Maria che non si considerano dipinte da mano umana ma miracolosamente impresse su materiali, che possono essere i più diversi: icone ritenute particolarmente sacre dai fedeli, non solo perché reliquie ma anche perché dirette rappresentazioni di Gesù.
Queste immagini, che secondo la tradizione si sarebbero rivelate da sole per intervento divino, sono definite acheropite, da un termine greco il cui significato è appunto “non creato con le mani”. Ad oggi, in alcuni casi, la scienza non è ancora in grado di spiegarne l’origine.
Un interessante esempio di immagine venerata come acheropita è il Salvatore non dipinto da mano umana, conservato alla Galleria Tret’jakov di Mosca, datato alla metà del XII secolo. Rappresenta il viso del Cristo, viso che sarebbe stato impresso da Cristo stesso sul panno di lino inviato ad Abgar, re di Edessa, malato di lebbra, perché guardandolo guarisse.
L’episodio viene narrato da numerosi storici della Chiesa, tra cui Eusebio, Efrem il Siro e Costantino Porfirogenito. In questa icona russa di pregevole fattura, il volto di Gesù, affiancato ai bordi da due angeli, è raffigurato sopra il sudario ornato con un fitto motivo vegetale in argento. Gli angeli, con teste molto piccole e vesti dal disegno stilizzato, aggiunti nella seconda metà del XVIII secolo, reggono il lino.
Un’altra veneratissima immagine acheropita è il Volto Santo di Lucca: un crocifisso ligneo, dal colore scuro e dai tratti assolutamente unici. Ad aumentare il fascino della reliquia ha contribuito la scienza, mettendola a confronto con il volto della Sindone di Torino attraverso una tecnica di transizione graduale eseguita al computer che ha portato ad un risultato sorprendente: i due visi combaciano alla perfezione. Il Volto Santo lucchese si differenzia notevolmente dagli altri crocifissi: Gesù indossa una tunica manicata, cioè un indumento sacerdotale, anziché il colobio o il più diffuso perizoma.
Gli occhi sporgenti, come negli idoli precristiani, si fissano sullo spettatore e sembrano seguirlo con lo sguardo. La croce è del genere “a quattro chiodi”, ovvero coi piedi non sovrapposti, ma i chiodi non sono visibili nelle mani e nei piedi perché l’opera vuole rappresentare il cosiddetto Cristo Triumphans, cioè trionfante sulla morte, mentre i crocifissi più comuni sono della tipologia del Cristo Patiens, cioè morto sulla croce.
La connotazione dell’immagine come acheropita viene accentuata dalla leggenda sulla sua origine, che vuole la statua realizzata da Nicodemo, colui che secondo il Vangelo di Giovanni depose, con Giuseppe d’Arimatea, Gesù nel sepolcro. La leggenda racconta pure che Nicodemo avrebbe beneficiato più della grazia divina che della propria arte: il volto, in particolare, sarebbe stato scolpito dagli angeli durante la notte. Nel secolo XII, per fornire una base documentale alla crescente venerazione tributata all’immagine, fu redatta una Relatio de revelatione sive inventione ac translatione Sacratissimi Vultus (Racconto della creazione, scoperta e traslazione del Santissimo Volto), in cui si narra l’arrivo a Luni, e successivamente a Lucca nel 742, della nave priva di equipaggio che trasportò il Volto Santo.
Altra famosa immagine giudicata acheropita è la Madonna di Guadalupe, impressa sulla Tilma, un mantello di fibre di agave, che un indio di nome Juan Diego indossava quando la Vergine gli apparve ripetutamente, nel dicembre del 1531, vicino a Città del Messico. L’evento miracoloso fu riconosciuto dalla Chiesa e Juan Diego canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002. Esaminando mediante le tecniche più sofisticate disponibili i fili dei due teli che formano il mantello, si riscontra che su di essi non vi è alcuna traccia di coloranti conosciuti.
Inoltre, le aggiunte pittoriche effettuate nel corso dei secoli si sono screpolate e sono sbiadite, mentre l’immagine originale è sempre rimasta intatta, con i colori freschi e vivi. Altro fenomeno sorprendente riguarda gli studi condotti sulle pupille della Vergine. Ingrandendole 2.500 volte con strumenti elettronici, vi si è rilevata la presenza di un’intera, complessa scena di cui fanno parte diverse figure umane chiaramente distinguibili, impossibili da dipingere, date le ridottissime dimensioni, per una mano umana.
Anche l’immagine acheropita del Volto Santo di Manoppello presenta caratteristiche uniche al mondo. Si tratta di un velo tenue, che ritrae un viso maschile con la fronte alta, capelli lunghi e barba divisa a bande, custodito dai frati cappuccini all’interno di un santuario in provincia di Pescara. Il telo, delle misure di 17,5 per 24 centimetri circa, è fabbricato con tessitura finissima, con fili dello spessore di poco più di un decimo di millimetro, tale da renderlo semitrasparente. Il volto non è visibile osservando il velo in trasparenza, ma solo se lo si pone contro uno sfondo. L’immagine appare specularmente e con la medesima intensità di colore da entrambi i lati, fronte e retro, e si comporta come una pellicola fotografica positiva. Anche in questo caso è stata notata la compatibilità in sovrapposizione con il volto della Sindone secondo una serie di punti di contatto, inclusa la collocazione delle macchie interpretabili come sangue.
Alcuni studiosi identificano il Volto Santo di Manoppello con la Veronica romana, la famosa raffigurazione del volto di Cristo, nota a Roma tra il XII e il XVII secolo, descritta da fonti medievali come un telo finissimo con l’immagine visibile da ambedue i lati. Custodita nella Basilica Vaticana, dove veniva esposta periodicamente ai fedeli, la Veronica fu trafugata nei primi anni del XVII secolo e sostituita forse con un’altra icona, priva però di quelle caratteristiche di trasparenza che ne costituivano la maggior peculiarità.
Ancora lungo potrebbe essere l’elenco delle immagini acheropite. Tutte sono accomunate dall’origine e dalla provenienza misteriose e da particolarità largamente incompatibili con le tecniche di realizzazione conosciute dall’uomo.
La Madonna bizantina, o Madonna non manufatta, oggi nella Basilica di Taormina, fu rinvenuta all’interno di un antico pozzo, e la tradizione vuole che vi sia stata posta dagli angeli.
A Roma, all’interno del Santuario della Scala Santa, in piazza San Giovanni in Laterano, troviamo l’immagine acheropita del Redentore. Sempre secondo la tradizione, fu commissionata a san Luca, medico e pittore, dopo che Gesù ascese al cielo, su richiesta degli Apostoli e della Vergine Maria. Si narra che, mentre il santo stava per iniziare il lavoro, sulla tavola il dipinto si materializzò da sé.
Un’altra leggenda racconta del suo arrivo nell’Urbe: durante il trasporto dall’Oriente, fu gettata in mare da Germano, santo patriarca di Gerusalemme, per salvarla dalla distruzione minacciata dagli iconoclasti. Il Redentore navigò fino a Roma, ignorando la corrente contraria, e si alzò volando dal Tevere per poi posarsi tra le mani di papa Gregorio II. Queste suggestive immagini, che intrecciano storia e leggenda, da secoli suscitano venerazione tra i fedeli, lanciando sempre nuove sfide agli studiosi e insinuando dubbi nelle nostre coscienze. (e. p.)
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