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di Sandra Baragli
[C]he cosa vogliono significare i sei candelabri librati nell’aria sopra l’arco del catino absidale della chiesa, rappresentata ad Assisi alla fine del Duecento, nel celebre affresco – probabilmente di Giotto – Francesco prega davanti al crocifisso di San Damiano?
I numerosi studiosi del ciclo sembra non avessero mai considerato questo dettaglio che, tuttavia, può fare luce sugli anni in cui Francesco e Chiara d’Assisi formarono le prime comunità di “frates et sorores”. E’ il periodo – intorno al 1212 – sul quale è più difficile indagare, in quanto la voce di Chiara e il messaggio di Francesco hanno subìto, fin dagli esordi, ostacoli e costrizioni. E’ così che alcuni eventi della loro storia emergono soltanto tra le righe del processo di canonizzazione di Chiara, dove i racconti delle consorelle tratteggiano di lei un ritratto vivace ed affettuoso, o attraverso le immagini (affreschi, tavole, miniature), dove tali testimonianze vengono evidentemente recepite dal pittore.
Ma soffermiamoci sui nostri candelabri: sei è un numero che non rimanda ad un significato simbolico, né nelle fonti francescane, né nella letteratura esegetica (frequente invece è il riferimento ai sette candelabri delle sette chiese dell’Asia). Inoltre la loro collocazione, apparentemente senza senso, esclude la possibilità che possano far parte dell’arredo liturgico. Si aggiunga che nelle copie fedeli di questo episodio, come quella della chiesa di San Francesco a Pistoia, del 1340 ca., essi sono omessi, facendo pensare al fatto che la loro rappresentazione abbia un significato legato strettamente ad Assisi.
E’ a Chiara, già proclamata santa all’epoca dei dipinti, e alle sue prime compagne (la madre Ortolana, le sorelle Agnese e Beatrice, le nipoti Balvina e Amata) che i candelabri si riferiscono. I testi che la riguardano, dalla Leggenda alla bolla di canonizzazione Clara claris praeclara, sono intessuti di metafore e citazioni dalle Scritture relative alle parole “lampada”, “candelabro” e “lucerna” e alla luce. Luce della quale, secondo i testi, la Santa aveva avvolto le compagne.
I sei candelabri, posti sopra l’immagine in cui il crocifisso di San Damiano parla a Francesco, “in una scena dal forte contenuto profetico e simbolico, (…) costituiscono una predizione, l’arrivo cioè in San Damiano di Chiara e delle sue compagne: allusione pienamente comprensibile ai frati del tempo della committenza e agli abitanti di Assisi” (dal volume Una solitudine abitata di Chiara Frugoni, edito da Laterza, splendida ricostruzione della figura storica ed umana della santa).
Così la presenza di Chiara e delle compagne, che possiamo vedere negli affreschi della Basilica Superiore soltanto nella raffigurazione dei funerali di Francesco, viene testimoniata in maniera simbolica, in ricordo del progetto comune che aveva riunito, in origine, uomini e donne, come ricorda in una famosa lettera Giacomo da Vitry (1216). Queste ultime sarebbero poi state costrette ad accettare restrizioni sempre più severe e la clausura, a seguire la regola benedettina, nonostante si sentissero pienamente parte della comunità francescana, in quanto all’epoca era ritenuto inconcepibile dalle gerarchie religiose che un gruppo di donne potesse vivere nella povertà totale, libero di vagare per le strade, esponendosi a pericoli e a tentazioni.
Possiamo dire insomma che, nel caso descritto, l’immagine dipinta risulta la fonte attraverso la quale la voce delle consorelle di Chiara è apparsa più nitida rispetto alle versioni ufficiali, maschili, della Chiesa. Confermandoci, ancora una volta, come l’iconografia sappia rivelare preziose informazioni utili a ricostruire con vivezza il passato.