Il restauro
Il dipinto che proponiamo qui in fotografia, prima e dopo l’intervento di restauro conservativo, appartiene alla tipologia delle opere di Edoardo Togni eseguite tra il 1914 ed il 1918. Realizzato ad olio su tela di discreta dimensione (62×92,5 cm), rappresenta una tipica veduta valsabbina con il monte Guglielmo; e possiede una notevole valenza storico-tecnica, perché racchiude in sé tutte quelle caratteristiche pittoriche, associate ad alcuni espedienti esecutivi, che Togni avrà modo di sviluppare successivamente nel corso della sua lunga carriera. L’opera giungeva in laboratorio presentando un marcato appesantimento chiaroscurale provocato dalle sostanze filmogene, in questo caso di una vernice e di una colla, irreversibilmente alterate da fenomeni di ossidazione. La superficie dipinta risultava particolarmente materica, “scabrosa” (una caratteristica dovuta all’inserimento di sabbia nella preparazione di fondo, per aumentare l’effetto tridimensionale nella resa delle montagne), e palesava un principio di sollevamento della pellicola pittorica e della stessa preparazione di fondo. Si è dato inizio al restauro con l’operazione di consolidamento e fissaggio della pellicola tramite una resina termoplastica sciolta in white spirit, che ha restituito l’aderenza del colore/preparazione al supporto tela. Il successivo intervento di pulitura, eseguito in due fasi, si è basato sull’asportazione del primo strato di vernice ossidata mediante un solvente idoneo a base di esteri (etilacetato). Per la seconda fase, che riguardava la rimozione della colla, è stata impiegata una miscela a base di gel addensante cellulosico + enzima (Proteasi), particolarmente indicato per la rimozione di sostanze proteiche quali collagene, albumine, caseine. Per la verniciatura protettiva finale è stata utilizzata una resina chetonica a base di cicloesanone con filtro UV. La nostra specializzazione nel restauro dei dipinti di Edoardo Togni è scaturita inizialmente dalla curiosità per la grande varietà di tecniche e di materiali che contraddistingue tale autore. Scoprire le innumerevoli incompatibilità chimiche delle sue opere, ricorrere a nuovi metodi di pulitura molto selettivi e risolvere i problemi conservativi, è stato ed è ancora motivo di grande e sincera passione nei confronti dell’artista. Per tutti questi motivi e per tutelare la figura del pittore dall’“inquinamento” dei falsi, ci è stato affidato il compito di costituire l’“Archivio Togni, per il riconoscimento tecnico-scientifico delle opere”. Il lavoro di indagine e catalogazione, negli ultimi cinque anni, ha riguardato circa duecento dipinti.
La tecnica pittorica
Che tipo di materiali impiegava Togni nell’esecuzione dei suoi quadri? Per quale motivo alcuni di essi si deteriorarono così precocemente? Che supporti utilizzava per dipingere? Quando Togni lavorava in economia (e ciò rappresenta purtroppo una parte significativa della sua produzione), usufruiva di ogni sorta di materiale di recupero, adattandolo a supporto: cartoni pressati, tele cerate, lenzuola di lino, tele di materasso, linoleum. Ultimamente mi è anche capitato di visionare un dipinto di una importante collezione, eseguito su un foglio di materiale plastico che veniva impiegato per impermeabilizzare le rogge e piccoli canali di irrigazione. Questi materiali di supporto avevano spesso preparazioni insufficienti o addirittura inadeguate; altre volte la preparazione aveva la medesima natura chimica del legante dei colori; altre ancora, lo stesso prodotto, correttamente calibrato e diluito, veniva utilizzato pure per la verniciatura finale protettiva: chiara d’uovo, miele, colletta da falegname diluita. Togni impiegava pigmenti in polvere, non più di sette-otto colori di marca Lefranc o Italia, che preparava da sé, stemperandoli in olio di lino cotto quando andava bene, ma più frequentemente diluendoli in benzolo, in semplice ragia minerale o in essenza di trementina. Possedeva una grande maestria nell’ottimizzare ed economizzare la quantità di colore. Nei dipinti eseguiti sulla tela cerata (concepiti come fossero acquerelli), tracciava il disegno a matita e lo riprendeva a punta di pennello con colore molto diluito, recuperando il fondo chiaro della tela per i bianchi a mezzo tono ed inserendo il colore dato a corpo solamente nei punti fondamentali del quadro. Una interessante appendice tecnica a quanto è già stato detto riguarda le tecniche miste, ovvero quella determinata categoria di dipinti realizzati in parte ad olio e in parte a tempera. Poteva accadere infatti che l’autore non avesse a disposizione il quantitativo sufficiente di pigmento per l’intera opera, oppure, semplicemente, la sua propensione all’improvvisazione lo conduceva a sperimentare inediti effetti tecnici. Abbiamo riscontrato infatti che, in taluni interventi di restauro, il quadro presentava un primo piano realizzato con colore ad olio dato a corpo, mentre i successivi piani erano eseguiti a tempera. Anche gli attrezzi del mestiere appartengono all’estroso “laboratorio della mente” di Togni: pennelli utilizzati pure con la punta del manico come fossero matite; spugnetta e stracci adeguatamente ripiegati con personalissime angolature, con i quali stendeva e distribuiva il colore sulla tela. L’artista creava così le sue inconfondibili vibrazioni cromatiche nelle campiture dei cieli e delle montagne.
Clicca sul link per aprire il PDF e leggere il testo, con immagini comparative:
[PDF] Togni, l’estro dell’economo
STILE Brescia 2007