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di Maurizio Bernardelli Curuz
Abbiamo sottoposto a verifica di arretramento del punto di vista l’opera Ecce homo, attribuita al Caravaggio. Il dipinto – che stava andando all’asta, in Spagna, con una stima di 1500 euro e un’attribuzione alla cerchia di Ribera – era stato ritirato per forti convergenze attributive rispetto a Merisi giunte dall’Italia. A livello di gruppo di studio e ricerca di Stile Arte, abbiamo lavorato a una verifica ottica del recto della tela per osservarne il comportamento alla distanza. La verifica nasceva dalla possibile emersione di elementi che possano consentire di fare ulteriore luce sull’Ecce Homo.
Caravaggio, infatti, dipingeva prevedendo diverse figure ambigue, che si attivano secondo la distanza o l’angolo di osservazione del quadro. La regola che egli segue è quella della visione sintetica, alla distanza. Quando osserviamo un oggetto in un punto da noi distante, il nostro occhio legge in modo sintetico l’immagine stessa, cogliendo soltanto gli elementi visivi più ampi ed eliminando le tonalità minori a favore di un netto contrasto tra luce ed ombra. In questo caso – e in altri, nel repertorio del Caravaggio – ciò serve al pittore per agganciare lo spettatore e invitarlo a continui aggiustamenti della messa a fuoco, che suscitano nuove immagini e che tengono desto l’interesse, creando peraltro un senso di movimento nell’opera stessa. Assistiamo a quella che è la compressione dell’immagine.
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Simulando l’arretramento dell’osservatore abbiamo notato l’emersione di un’immagine che farebbe pensare al volto di un uomo dai capelli scuri e dalla barba nera. Il committente? La massima messa a fuoco del volto da un punto basso e scorciato lascerebbe intendere che chi ha dipinto l’opera avesse previsto che essa fosse collocata in un punto bel più alto rispetto alla collocazione dello spettatore. L’immagine sotto è completata graficamente da un abito lungo per creare un ulteriore stacco dall’agganciamento del primario soggetto dell’Ecce Homo