[P]ieno recupero per il modello di Giambologna che rappresenta il Ratto delle Sabine, opera conservata alle gallerie dell’Accademia di Firenze, luogo nel quale è in mostra anche l’originale del David di Michelangelo. Il restauro si è reso necessario per il decadimento del materiale delicato e incoeso, quell’argilla cruda che il maestro utilizzò, senza renderla stabile attraverso la cottura in forno.La statua presentava numerorsi distacchi, crepe e lacune.. L’argilla cruda, infatti, presenta grossi problemi di conservazione poichè molte parti della scultura, specie dove il maestro aggiunse materiale, comprimendolo, per creare blocchi plastici in evidenza, non legano perfettamente con la parte sottostante. L’opera fu certamente fatta essiccare lentamente, in un luogo chiuso, non troppo aereato, umido, poichè in caso di perdita rapida di materiale acqueo contenuto nella terra,- dovuta all’esposizione ai raggi solari o a correnti d’aria troppo intense, la massa scultorea subisce fratture interne, cavità che invece diminuiscono nel caso di un’essiccazione molto lenta del manufatto. Problemi che diminuiscono, ma non si possono di fatto evitare, con conseguenze che hanno misura minore. Nonostante queste precauzioni, assunte certamente da Giambologna, la terra cruda, infatti, con il passare dei secoli, con le escursioni termiche e, l’aria, il calore giunge al massimo rinsecchimento dei blocchi d’argilla compattati dal maestro. Proprio a causa della naturale incoesione della massa, il modello di Giambologna presentava numerosi distacchi, lacune e vere e proprie esfogliazioni, che non solo deturpavano lo splendido studio del gruppo scultoreo, ma ne minavano la struttura, nonostante la presenza di tutori metallici, inseriti nel corso della lavorazione per consentire il sostegno di forme e materiali in forte aggetto. Inoltre le sculture in terra cruda tendono a presentare una progressiva polverizzazione degli strati superficiali.
Il restauro del modello in terra cruda del Ratto delle Sabine di Giambologna è stato completato e presentato nella Galleria dell’Accademia.
Insieme a quelli della Vittoria di Firenze su Pisa (Giambologna) e del Torso di fiume (Dio fluviale, di Michelangelo), il modello del Ratto delle Sabine realizzato tra il 1579 e il 1580 è tra i più antichi originali in scala 1:1 che si siano conservati in tutto il mondo.
Prima dell’intervento di restauro, il modello presentava uno stato di conservazione preoccupante: la superficie plastica risultava rivestita da più strati di gesso usato durante vecchi restauri. In alcuni punti della scultura gli strati delle sovrammissioni raggiungevano spessori tali da modificarne le forme, in altri celavano punti di frattura. L’intervento è stato svolto da Cinzia Parnigoni, la restauratrice che otto anni fa restaurò il David di Michelangelo nel 500° anniversario della sua realizzazione. “Il restauro concluso – ha affermato il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini – non solo riguarda un capolavoro assoluto del Cinquecento, ma rappresenta un autentico successo sotto il profilo metodologico e tecnico
“Numerose si sono rivelate le incognite e le incertezze da affrontare sia per la tipologia del materiale (terra cruda) piuttosto insolito, sia per la scarsità di informazioni da cui prendere spunto relative a lavori precedenti fatti in questo campo” ha detto la restauratrice.
Il modello oggi restaurato servì al maestro per passare poi alla lavorazione di un gigantesco blocco di marmo che venne scolpito e dal quale si ricavò la statua collocata, a Firenze, sotto la loggia dei Lanzi. L’autore dell’imponente scultura, tra i capolavori del manierismo è il Giambologna, pseudonimo di Jean de Boulogne (Douai 1529 – Firenze 1608) il quale, in qualità di scultore ufficiale della Famiglia Medici ricevette la commissione. Giambologna realizzò l’opera in competizione tecnica con gli scultori della classicità (di cui si credeva a torto che fossero riusciti a scolpire grandi figure in blocchi unici di marmo). Giambologna realizzò un vero e proprio tour de force tecnico riuscendo a cavare la statua da un sol blocco di marmo, dandole inoltre un andamento estremamente variato, grandi masse e vuoti distribuiti in modo irregolare, ma soprattutto creò la prima statua con punti di vista multipli, invitando lo spettatore a crearsi un percorso a spirale per osservare l’opera da tutte le molteplici angolazioni significative.
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