Gli anni settanta secondo Fabrizio Plessi

Dal 9 maggio al 28 giugno 2014, la Fondazione Mudima di Milano (via Tadino 26) ospita una personale di Fabrizio Plessi che indaga gli anni Settanta

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FABRIZIO PLESSI. Gli anni Settanta
Milano, Fondazione Mudima (via Tadino 26)
9 maggio – 28 giugno 2014
Orari: lunedì-venerdì, 11.00-13.00; 15.00-19.30
Ingresso libero
Per informazioni: tel. 02.29409633; info@mudima.net
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[D]al 9 maggio al 28 giugno 2014, la Fondazione Mudima di Milano (via Tadino 26) ospita una personale di Fabrizio Plessi che indaga gli anni Settanta, un periodo estremamente proficuo e di grande progettualità nell’evoluzione del suo linguaggio artistico.
Curata da Marco Meneguzzo, l’esposizione che segna il ritorno di Plessi a Milano, ripercorre la storia di un decennio che ha visto l’autore reggiano affermarsi nel panorama dell’arte internazionale, nel quale Plessi abbandona gli strumenti tradizionali del creare, adottando il video e l’installazione come cifra caratteristica del proprio lavoro, e scegliendo l’acqua come soggetto esclusivo di tutta la sua ricerca espressiva, di ogni suo progetto e di ogni suo singolo disegno.

Fabrizio Plessi, Gabbia d’acqua, 1972, 400x300x300 cm, ferro, perspex e acqua, XXXVI Biennale di Venezia, 1972, sezione “Venezia: ieri, oggi, domani” Foto Enrico Cattaneo
Fabrizio Plessi, Gabbia d’acqua, 1972, 400x300x300 cm, ferro, perspex e acqua, XXXVI Biennale di Venezia, 1972, sezione “Venezia: ieri, oggi, domani” Foto Enrico Cattaneo

 
 
 
Sono anni in cui Plessi progetta e crea delle videoinstallazioni rimaste famose per la storia della video-arte non solo italiana. Tra queste spiccano due lavori fondamentali: la prima, la “Gabbia d’acqua”, esposta alla Biennale di Venezia del 1972 e mai esposta a Milano, che presenta una piramide in ferro, alla cui cuspide è sospesa una gabbia cubica che contiene acqua colorata, in cui ricorda Marco Meneguzzo, “al di là dell’aspetto paradossale – la gabbia apparentemente aperta che contiene l’incontenibile – è la presenza fisica, la ‘pesantezza’ visibile e addirittura ostentata dell’oggetto che contrasta con la fluidità dell’acqua, con l’idea dello ‘scorrere’, del passare”.
La seconda, “Crazy Pool” vede all’interno di una canoa in legno, allestita nella piscina vuota al piano inferiore della Fondazione Mudima, agitarsi un mare elettronico diffuso dagli schermi di televisori, in cui il video restituisce una percezione fredda e fluida, analoga a quella dell’elemento acquatico che ha scelto, ma tutt’altro che narrativo, come vorrebbe il medium utilizzato. Sottolinea ancora Marco Meneguzzo che “Plessi non usa il video per narrare, ma per esprimere, ed è molto difficile trovare nei suoi lavori che implicano l’uso del video anche il minimo accenno narrativo, mentre è quasi sempre utilizzato accanto e a contrasto di altri elementi, primo fra tutti l’acqua di cui sfrutta l’ambiguità percettiva”.
Fabrizio Plessi, Environment project , Progetto per Crazy Pool, video installazione in una piscina vuota, 1977
Fabrizio Plessi, Environment project , Progetto per Crazy Pool, video installazione in una piscina vuota, 1977

Un elemento di enorme importanza della rassegna milanese risiede nelle opere su carta intelata, tela emulsionata su legno e su carta millimetrata, mai più esposte da quarant’anni. Si tratta di un forte nucleo di grandi lavori progettuali, a metà tra un’iconografia pop e il concettualismo successivo, risalenti agli anni 1969/76, esposti allo Studio Nino Soldano, e ancora nella sua collezione, che testimonia la precocità di certi temi e di certi sviluppi futuri e centrali di Plessi, come l’interesse tutto concettuale per l’acqua come elemento “imprendibile”, mentre una serie di disegni su carta millimetrata – della collezione personale dell’artista, mostrano il robusto consolidarsi del concetto di videoinstallazione, ripreso da Plessi nel decennio successivo, e fonte di ispirazione diretta o mediata per una generazione più giovane di video-artisti.
L’esposizione propone una delle opere più importanti dell’artista reggiano: ‘Gabbia d’acqua’, presentata alla Biennale di Venezia del 1972, oltre all’installazione ‘Crazy pool’ e a una serie di lavori su carta realizzata nel decennio decisivo della sua evoluzione creativa.
Accompagna la mostra un volume sugli anni Settanta di Fabrizio Plessi, con un saggio critico e un’intervista inedita all’artista di Marco Meneguzzo, oltre a un’antologia critica di testi del periodo.
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