«Maudit»: quando Paul Verlaine scrisse per primo la parola non definì un carattere ma creò una specie. Diede cittadinanza ai crudeli, agli eccessivi, ai distruttivi e autodistruttivi che, come Arthur Rimbaud, affrontavano a muso duro il mondo con l’altera grandezza della loro arte.
Era il 1884. Da allora, diramandosi da Parigi, il maledettismo ha bruciato le frontiere e ottenuto ovunque il proprio scandaloso certificato di identità. In questo modo anche l’Italia ha potuto dare un nome a quei suoi artisti che, dinamitardi nell’animo, hanno sconvolto le regole, le tradizioni e perfino un modo di pensare. Il libro Col diavolo in corpo. Vite maledette. Da Amedeo Modigliani a Carmelo Bene di Osvaldo Guerrieri è un viaggio all’inferno. Infernali sono state le esistenze di Amedeo Modigliani, Dino Campana, Carmelo Bene.
Nel nome dell’arte essi non hanno esitato a distruggere quel che avevano intorno e ad annientare se stessi nutrendosi di utopie, di alcol, di droghe, di sesso. Passaporti per il paradiso creativo? Forse. In questo loro dannarsi non sono stati soli. Nella loro scia maledetta sono entrati lo scultore Vincenzo Gemito, il pittore Franco Angeli con gli amici romani di piazza del Popolo Mario Schifano e Tano Festa; gli scrittori Curzio Malaparte, Pitigrilli dalle otto vite, l’anarchico agro Luciano Bianciardi, Giancarlo Fusco che di vite se ne creava una per ogni interlocutore; gli uomini di spettacolo Walter Chiari e l’inventore misconosciuto della canzone d’autore: Piero Ciampi. A questi è necessario aggiungere un personaggio impensabile: la provincia italiana vista come inarrestabile incubatrice di maledettismo. Ne sono state espressione due donne: Elvira Bonturi, moglie di Giacomo Puccini, e Leonarda Cianciulli, che le cronache ricordano come la saponificatrice di Correggio.
In forma narrativa e non saggistica, ma fedele alla verità documentaria, Col diavolo in corpo è perciò un catalogo di vite estreme, picaresche, scontrose e magari buttate al vento, vite d’esaltazione e di tormento, senza le quali, però, non sarebbe mai nata una certa idea del mondo, dell’arte, della letteratura e persino di noi stessi.
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«Questa storia italiana di genialità e catastrofi nasce a Parigi in un tempo ormai remoto, ma così focosamente mitico da essere riuscito a trasformare la lontananza in un meraviglioso, eterno presente».
Amedeo Modigliani, Dino Campana, Curzio Malaparte, Luciano Bianciardi, Mario Schifano, Tano Festa, Walter Chiari, Carmelo Bene… artisti «maledetti», capaci di «scagliare orgogliosamente la loro opera sul muso del secolo».
Osvaldo Guerrieri
Col diavolo in corpo. Vite maledette. Da Amedeo Modigliani a Carmelo Bene
collana: I colibrì – Neri Pozza
ISBN 978-88-545-0735-7
Pagine 320
Gli artisti e il demone della vita maledetta
In forma narrativa, ma fedele alla verità documentaria, Col diavolo in corpo è un catalogo di vite estreme, picaresche, scontrose e magari buttate al vento, vite d’esaltazione e di tormento, senza le quali, però, non sarebbe mai nata una certa idea del mondo, dell’arte, della letteratura e persino di noi stessi.