PAOLINA, STORIA DI UN CAPOLAVORO è una mostra allestita al Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno (Tv) dal 19 marzo al 30 maggio 2021, a cura della dott.ssa Moira Mascotto. Un viaggio che permette di conoscere approfonditamente la genesi della splendida statua che rappresenta, come Venere vincitrice, la sorella di Napoleone. Disegni, statue e tante preziose testimonianze caratterizzano l’allestimento, oltre che la matrice in gesso che servì per cavare la statua definitiva, in marmo, oggi a Roma. Recentemente il gesso è stato danneggiato involontariamente da un visitatore e restaurato.
Paolina Bonaparte come Venere vincitrice è una delle sculture più celebri di Antonio Canova, realizzata su commissione del principe Camillo Borghese che voleva farne dono alla sua giovane sposa. L’Artista cominciò a lavorare all’opera a partire dal 1804 e la terminò nel 1808.
Per rappresentare una delle protagoniste del’epoca a lui contemporanea, Maria Paola Bonaparte (sin da piccola chiamata Paolina), sorella prediletta di Napoleone, Canova si ispirò al ’arte del passato, greca e romana, e al Rinascimento italiano, in particolar modo veneto.
La Donna, su sua personale richiesta, venne rappresentata nell’atteggiamento solitamente dedicato a Venere, la dea greca del a bellezza. Come detto, il corpo e la sua stessa posa, riflettono alcuni modelli compositivi antichi, specialmente del periodo augusteo: la Donna è languidamente distesa su un’agrippina.
Il busto è eretto e completamente nudo, mentre la parte inferiore è semicoperta da una veste leggera, che la rende pudica e sensuale al tempo stesso e carica la statua di un forte erotismo.
Il volto è idealizzato, perfetto nel a sua realizzazione, e sembra rivolgere lo sguardo direttamente allo spettatore che la sta ammirando. Le fattezze divine la innalzano al di fuori di ogni realtà terrena: è restituita alla dimensione umana solo grazie al a presenza del braccialetto sul polso destro, del nastro sui capelli e a una speciale patina rosa che Canova applicò sulle parti epidermiche per imitare il colore del ’incarnato e conferirle una lieve parvenza di vita.
Ai cuscini e al divano, riccamente dettagliati, è conferita nel loro insieme una realistica ed invitante morbidezza, mentre l’intera struttura gode di un meccanismo che le permetteva di ruotare. Terminata l’opera in marmo, e pagata dal Committente 6000 scudi nel maggio del 1809, venne inizialmente collocata a Palazzo Chablais a Torino, dove Camillo Borghese già risiedeva, destinandola a una fruizione solamente privata. Con la caduta napoleonica e il rientro a Roma di Camillo, l’opera fu inviata Genova per proseguire poi verso Roma. La collocazione in Villa Borghese, sul Pincio, è attesta dal a fine degli anni Trenta del ’800.
Altre info: www.museocanova.it