Stile ha intervistato il pittore Henk Olijve.
Pur essendo presentato assieme ad installazioni ed opere di altri autori dal taglio estremamente cutting edge, il tuo mezzo è la tradizionalissima pittura ad olio. Raccontaci come sei cresciuto artisticamente.
Ho studiato all’accademia di ‘s-Hertogenbosch, la città dove è vissuto Bosch. Ho sempre ammirato il suo lavoro, così come quello dei primitivi fiamminghi (Van der Weyden, Memling, Van Eyck) e dei più famosi pittori italiani del XV secolo, che sono stati per me una grandissima fonte di ispirazione. Col tempo anche alcuni artisti contemporanei come Hockney, Wegman e Scholte sono divenuti fonte di stimoli. Immediatamente dopo la conclusione dei miei studi (1992) ho iniziato a proporre il mio lavoro, e nel 1998 ho tenuto la mia prima personale con la galleria “The living room” alla fiera KunstRAI di Amsterdam. Grazie ad essa ho avuto l’opportunità di esporre le mie opere in altri paesi e fiere internazionali, in Italia ed in Germania.
Il paesaggio, classicamente inteso, è quasi assente nei tuoi dipinti; ci sono piuttosto singoli elementi isolati come riferimenti. In che modo pianifichi la composizione delle opere?
Il paesaggio nei miei lavori è il pretesto per un mero scenario, non è rilevante. Così mi servono solo pochi elementi isolati per creare un’atmosfera serena: realizzando un paesaggio vero e proprio c’è sempre il pericolo che esso diventi troppo aneddotico (come l’illustrazione di un libro). Qualche volta mi è capitato di iniziare a dipingere un paesaggio, ma quasi subito sono passato a semplificarlo fino a farne uno scenario minimalista. Comincio usando la biro prima del pennello, e spesso sotto la superficie dipinta, in genere piuttosto leggera, si possono ancora vedere le linee tracciate a penna. La prima cosa che decido è la posizione dei personaggi nello spazio, e solo dopo eseguo ciò che sta loro intorno.
Quali sono le altre forme artistiche che ti interessano (cinema, letteratura, musica, ecc.)? Ritieni che vi siano in esse contiguità con i tuoi quadri? Io ho molti altri interessi, il cinema e la musica soprattutto, ed essi hanno una forte connessione con ciò che faccio, ma in forma indiretta. Il cinema e la musica mi ispirano, generando un equilibrio in cui mi sento a mio agio quando devo dipingere. E’ come viaggiare, e quando viaggio penso sempre a nuove opere. Nel mio studio, poi, creo l’atmosfera ricorrendo alla musica o a qualche video.
La mia impressione è che nel tuo lavoro i sentimenti siano del tutto assenti. C’è un assoluto silenzio, come se i tuoi personaggi fossero i replicanti di Blade runner. In realtà, essi lanciano qualche messaggio attraverso la tela?
In effetti non c’è sentimento nell’azione, non ci sono scene drammatiche. Ma proprio lasciando al di fuori tutto ciò, io dò vita ad un altro tipo di sentimento: è come creare il silenzio all’interno di un’azione assurda (cosa sta accadendo?; cosa stanno facendo quegli uomini?) producendo un senso di straniamento. E in questo io ritengo ci siano molti sentimenti (solitudine, un’atmosfera malinconica, la sensazione di essere soli in un mondo troppo grande, il non pensare alle cose da fare ed al perché di esse): tu sei solo contro la pazzia della società.
L’osservatore deve usare la sua immaginazione per farsi delle domande e possibilmente darsi delle risposte.
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[PDF] Olijve e i replicanti
STILE ARTE 2006