Si potranno di nuovo ammirare, grazie ad una vendita all’asta che si terrà a Roma con esposizione anche a Milano, alcuni capolavori della pittura macchiaiola del nostro Ottocento. Proveniente dalla celebre Raccolta Checcucci e da decenni conservato gelosamente in collezione privata, ricompare alla fruizione dei collezionisti il capolavoro di Vincenzo Cabianca I marmi di Carrara Marina, tela datata 1861, straordinaria esemplificazione delle nuove ricerche sul vero. La mirabile unità stilistica dell’opera, il suo estremo rigore compositivo, danno luogo ad un’atmosfera come sospesa, ad un’aura metafisica dove l’umile quotidiano si carica di valori assoluti, ricreato nel magistrale equilibrio delle gamme cromatiche, acquisendo significati estetici di insolita bellezza nella metafora della luce. Paradigma della poetica macchiaiola, sia per quanto riguarda quel ricreare sulla natura un rapporto di colori puri ad ottenere l’effetto di “macchia” colto sul vero nel contrasto violento di luce e d’ombra, di chiaro e di scuro; sia per il soggetto scelto, in origine umile e quotidiano, scevro di significati letterari o pretesti narrativi; infine, per la ricostruzione sul vero di un nuovo paesaggio di natura piuttosto che mentale. Il quadro, corredato da corposo curriculum espositivo e bibliografico, tra cui spicca, nel 1932, la presenza alla XVIII Biennale di Venezia, attesta come le innovative ricerche macchiaiole nel 1861 fossero già giunte a maturazione, seppure buona parte dei protagonisti si attardasse ancora, soprattutto per le esposizioni, nella pittura di soggetto o di storia. Altro dipinto di straordinario significato è Bovi bianchi al carro di Giovanni Fattori, proveniente dalla raccolta di Giovanni Malesci, erede universale dell’artista, opera che ritroviamo, negli anni Venti, conservata nella celeberrima collezione del mercante Mario Galli, già presente nelle più significative esposizioni sul pittore di inizio XX secolo (1921, Prima Biennale Romana; 1925, Firenze, Società delle Belle Arti).
Si tratta di lavoro certamente riferibile agli anni di Castiglioncello, uno dei luoghi prediletti dai protagonisti delle nuove ricerche, dove Fattori si recò per la prima volta nel 1867. Ad un esame stilistico attento, sembrerebbe trattarsi della prima versione sul tema, analoga a soggetti simili sviluppati nel paese costiero da Borrani e soprattutto da Abbati. Il dipinto di Fattori, conservato nello studio dell’artista alla sua morte, passò quindi in eredità a Giovanni Malesci, come documentato da un volumetto (1914, …opere di Giovanni Fattori della raccolta lasciata in eredità dall’autore a G. Malesci…, tav. XV) e come attestano i timbri apposti sul retro. Anche la mancanza della firma (il pittore firmava generalmente all’atto della vendita o in vista delle esposizioni ufficiali) sembrerebbe attestare come il quadro sia rimasto sempre a disposizione dell’artista, certamente quale prototipo per un suo prevedibile riutilizzo per temi analoghi. Del resto ritroviamo il medesimo soggetto, allargato a tematiche più complesse, nel più vasto Bovi al carro (1961, Malesci, n. 639), conservato presso la Galleria d’Arte moderna di Firenze e riferibile agli anni 1867-1870, dove un simile carro con bovi appare più spaziato entro il medesimo paesaggio costiero, segnato in profondità da una quinta alberata; ancora, in Raccolta del fieno in Maremma (1961, Malesci, n. 649), composizione ugualmente ravvicinata ma più complessa ed articolata nelle figure dei contadini e nella vegetazione all’intorno. Infine, si ritrovano riferimenti nel carro e nei buoi posti appena ruotati sul profilo, qualche anno dopo, in Riposo in Maremma (1961, Malesci, n. 679). Nel nostro Bovi al carro è espresso tutto il vigore plastico del tratto fattoriano nell’interpretazione maestosa degli animali, resi nei forti contrasti di luci ed ombre, icone antiche della natura e del lavoro dell’uomo.
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[PDF] Trovati i buoi di Giovanni Fattori
STILE ARTE 2007