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Quella dei furti di opere d’arte è una terribile piaga che colpisce il patrimonio storico e culturale di ogni Paese, e del nostro, purtroppo, in particolare. Di tale problema si occupa un interessante volume scritto da Luca Scarlini, Ladri di immagini (edizioni Ambiente, 132 pagine). Tra i mille episodi di questo quotidiano scempio – che si perpetua spesso nell’indifferenza generale – alcuni risultano davvero clamorosi. E’ il caso, ad esempio, del trafugamento della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio, avvenuto il 18 ottobre 1969 nell’oratorio di San Lorenzo a Palermo. L’opera era affidata alla custodia di due anziane sorelle, responsabili del sempre meno frequentato sito che veniva aperto solo per la messa domenicale o, sporadicamente, per gli sparuti turisti.
Il furto si compì con una facilità imbarazzante: fu sufficiente forzare una porta dalla serratura difettosa. Le responsabilità dell’atto criminoso sono state attribuite, nel corso degli anni, a vari esponenti della malavita e a tutt’oggi c’è chi ritiene che il dipinto sia ancora in Sicilia, custodito in qualche bunker inaccessibile. Quel che è certo è che se fosse stato trasferito, come molti chiedevano, alla pinacoteca di Palazzo Abatellis, la sua sorte sarebbe stata ben diversa. Peter Watson, giornalista del Sunday Times, si era addirittura fatto passare per un mercante d’arte disonesto per lanciarsi sulle tracce del dipinto: tracce che nel 1980 lo avevano condotto fino a Laviano, in Irpinia, dove gli sarebbe stata mostrata una fotografia che riproduceva la tela accanto ad una pagina di giornale, ad attestare che si trattava di uno scatto recente. Purtroppo, la trama che avrebbe dovuto portare al recupero della Natività venne drammaticamente interrotta dal terremoto che colpì e devastò la regione.
Nel 1997, alla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, fu sottratto il Ritratto di signora di Klimt. In quell’occasione qualcuno chiese un riscatto – cosa che accade di frequente per opere difficilmente vendibili -, ma la polizia svelò che il tentativo di estorcere denaro era stato ordito da criminali estranei al furto. Il quadro dell’artista austriaco, uno degli ultimi della sua produzione, non è mai stato ritrovato.
Altro eclatante caso, avvenuto nella notte tra il 19 e il 20 maggio del 2010, è quello del ratto perpetrato nel Museo Nazionale di Arte Moderna a Parigi. Con relativa tranquillità, un uomo incappucciato vestito di nero ha aperto una finestra e si è beffato della sorveglianza, trafugando quattro opere per un valore complessivo di cinquecento milioni di euro: sono sparite la Donna con il ventaglio di Modigliani, Le Pigeon aux petits pois di Picasso, l’Olivier près de l’Estaque di Braque e la Natura morta con candelabri di Léger. Pierre Cornerre de Saint-Cyr, direttore del Palais di Tokyo, ha dichiarato: “E’ stupido rubare quadri così, si tratta di imbecilli e basta, con quadri del genere non ci si può far niente. Nessuno può pensare di venderli. Io sono convinto che salteranno fuori”. Speriamo.
Il libro di Scarlini si sofferma naturalmente anche sulla vicenda del furto dell’Urlo di Munch. Oslo, Galleria Nazionale, 12 febbraio 1994, primo mattino: brezza gelida, ghiaccio per terra e strade deserte. Il guardiano di notte si chiama Geirt Bertsen, ha ventiquattro anni e detesta occuparsi dei rapporti della giornata, fogli burocratici da compilare al termine di ogni turno. Mentre attende allo sgradito compito, diciotto monitor registrano il trafugamento.
Avvolti in una giacca a vento, i visi irriconoscibili sotto i cappucci, due uomini mettono a punto il piano più banale: uno regge con le mani una scala di metallo, l’altro vi si arrampica, giunge al secondo piano, infrange il vetro di una finestra con un martello provocando il suono dell’allarme, interpretato come un falso problema dal “solerte” custode – “Mica posso verificare tutti gli strani suoni che ci sono in questo museo”, dichiarerà -, si introduce nella sala che espone l’opera e in venti secondi, trenta al massimo, la afferra.
Fuori lo attende una scala resa perigliosa dal ghiaccio: come un cestista, il ladro getta il quadro dalla finestra, sotto la quale il complice allarga le braccia. Si direbbe che anche gli alberi intorno assistano alla scena trattenendo il respiro: in un istante l’Urlo è ghermito dall’uomo a terra e sistemato in fretta nel bagagliaio della vettura, che sfreccia a tutta velocità verso una destinazione ignota. Il dipinto sarà recuperato in tempi celeri grazie all’intervento di Scotland Yard. (a.t.)
I grandi furti d'arte, dal Caravaggio di Palermo al Modigliani di Parigi
Avvolti in una giacca a vento, i visi irriconoscibili sotto i cappucci, due uomini mettono a punto il piano più banale: uno regge con le mani una scala di metallo, l’altro vi si arrampica, giunge al secondo piano, infrange il vetro di una finestra con un martello provocando il suono dell’allarme, interpretato come un falso problema dal “solerte” custode