di Redazione
Stile arte è un quotidiano di arte e archeologia, fondato nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz
“Il reperto di questa settimana ci porta alla scoperta del gioco…d’azzardo!” – scrive l’Antiquarium Turritano Porto Torres.
L’Antiquarium Turritano, costruito all’inizio degli anni ’70 e aperto al pubblico nel 1984, si trova nell’area archeologica di Turris Libisonis, la città romana su cui sorge la moderna Porto Torres. Questa colonia vantava l’unico porto del nord-ovest della Sardegna che aveva stabilito collegamenti diretti con l’antico porto di Ostia.
La colonia si sviluppava intorno al porto e lungo il tratto finale del Riu Mannu, dove è conservato un ponte, costruito all’inizio del I secolo d.C., che rappresenta un’opera di ingegneria eccezionale. Dalle finestre del piano superiore dell’Antiquarium si può ammirare il sito archeologico, che conserva importanti resti dei quartieri urbani antichi della prima e media età imperiale (secc. I a.C.- IV d.C.). I materiali esposti, risalenti principalmente al I-III secolo d.C., provengono dagli scavi di quest’area e testimoniano vivaci rapporti con tutte le regioni del bacino mediterraneo centrale, occidentale e dell’Egeo.
L’esposizione si articola in due sezioni: la prima dedicata alla statuaria e alla scultura architettonica degli edifici di culto, la seconda ai materiali della vita quotidiana – tra i quali i giochi per adulti – rinvenuti nelle terme, nelle tabernae, in altri edifici privati e nelle necropoli. Numerosi pannelli illustrano la localizzazione e i principali dati degli scavi compiuti in città e nei dintorni, mentre una grande planimetria inserisce le aree degli scavi nell’attuale situazione urbanistica. All’interno dell’Antiquarium è presente anche un ambiente riscaldato di una terme.
“Gli antichi Romani amavano tantissimo il gioco d’azzardo con dadi, pedine, astragali e testa e croce. – dicono gli studiosi l’Antiquarium Turritano Porto Torres – Facevano scommesse anche con poste molto alte. Per legge il gioco d’azzardo era proibito e severamente punito con una multa corrispondente a quattro volte la posta scommessa. Era consentito giocare solo nel mese di dicembre in occasione dei Saturnalia”. Che sia per questo che si è, da noi, conservata la tradizione della tombola natalizia?
“Le pedine avevano forme circolari, quadrate e rettangolari con dischetto ad una estremità tipo impugnatura, modanate e decorate. – proseguono gli studioso – Potevano essere di materiali vari: osso, legno, avorio o pietra levigata. Sulle facce vi erano incisi numeri, scritte tipo felix o infelix, nomi di divinità, insulti o apprezzamenti o semplici decorazioni fitomorfe e zoomorfe. Alcune erano invece neutre. Le fonti scritte non ci informano sui regolamenti dei giochi e purtroppo non sono stati ritrovati molti esemplari di tavoli o basi su cui si facevano rotolare o scorrere dadi e pedine. E’ probabile che si trattasse di giochi come la moderna dama o una specie di gioco dell’oca, per cui dopo il lancio dei dadi o la pesca delle tessere da un bussolotto, le pedine venivano mosse lungo un percorso fino a raggiungere la casella della vittoria. Si pensa che i giocatori, pescata la pedina o lanciato il dado, procedessero, si arrestassero o tornassero indietro a seconda dei numeri indicati o dalla scritta, tipo incontri Marte ti arresti perché c’è la guerra oppure torni indietro perché sei infelice, mentre le tessere senza scritta dovevano indicare pescata nulla”.
Il poeta satirico Giovenale considerava con sdegno: «Quando mai fascino uguale vi fu nel gioco?/ Nelle bische non si va più con una borsa,/ come posta ci si gioca la cassaforte./ Che scontri memorabili vedrai/ alla distribuzione delle armi!/ Semplice pazzia o che altro mai/ è perdere centomila sesterzi/ e negare una tunica/ al servo che trema di freddo?».