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LA NEVE IN SISLEY
di Andrea Gatopoulos
Tra tutte le trasformazioni del paesaggio, la neve è la più repentina e meravigliosa: essa agisce su un paesaggio modificandone profondamente la consistenza e la luminosità, raccoglie e riflette la luce dal basso verso le superfici ammorbidendo le ombre ed i contrasti. Per un pittore come Sisley, così affascinato dalle variazioni cromatiche della luce al tramonto o, al contrario, dal grigiore imposto dalle spesse coltri di nubi da neve, il fenomeno metereologico ha rappresentato, in più di una circostanza, l’occasione di realizzare vedute innevate molto differenti tra loro.
In Effet de neige à Argenteuil (1874), il piacere estetico scaturisce dal forte contrasto tra l’arancio-senape di quella che nel cinema verrà chiamata golden hour e i riflessi azzurri-turchini della neve. Proprio la composizione delle ombre e dei cumuli sembra suggerire un percorso che ha come punto di fuga il centro della tela. Le piccole nuvole nel cielo, a rappresentare il sereno dopo la burrasca, sono i punti luce di una stesura dello sfondo nella quale le pennellate gialle si mischiano con lo sfondo azzurro a creare l’effetto arcobaleno tipico di una certa fase finale del tramonto, quando il sole è ormai in procinto di sparire dietro l’orizzonte e si possono distinguere nettamente fasci di luce verdi, magenta e porpora. Un gruppo di persone che, per impressione, sembrano appartenere ad una classe sociale più agiata, si dirige verso la città nello sfondo. L’uomo in direzione contraria, dagli abiti contadini, solo ma tagliato dalla luce dorata del tramonto, torna verso la campagna.
Dettaglio, movimenti dei personaggi sulla tela
Sono movimenti stilizzati ma profondamente morali, simboli di un pensiero sociale preciso e critico, che si ripetono schematicamente anche in altre vedute del pittore. Già alcune zolle scure, tipiche degli arbusti più sottili e delle frasche più frastagliate, emergono dai declivi ai bordi del sentiero, e assieme alla staccionata e alla foresta sullo sfondo restituiscono profondità alle ombre della tela. Lo spazio del quadro è dominato dalla placidità dell’inverno: il quadrante in basso a destra e la metà superiore del dipinto non contengono soggetti né presenza umana, tratto di eredità tipicamente romantica.
Sistema dei contrasti
La resa dei contrasti, dunque, emerge più da una reale importanza delle luci che da artifici formali: la sua pennellata è più dettagliata rispetto alle sintesi di Monet e Manet, meno satura di quella di Renoir, meno affollata di quella di Caillebotte. É pittura della solitudine – di una convivenza primitiva con il bello naturale, con l’incontaminato – che ha la percezione netta della decadenza della vita mondana, con le sue maschere, le sue finzioni, le sue innaturali perversioni. Viene da pensare al “Miroirs” di Ravel, alla sua cristallina, delicata, disarmonica pioggia di suoni.
Alfred Sisley
Cenni biografici
Alfred Sisley, figlio di benestanti borghesi inglesi, manifestò fin dai suoi primi studi commerciali a Londra un particolare interesse per l’arte per i musei e ben presto si dedicò, tutelato dalle ricchezze familiari, alla pittura a tempo pieno. Nell’atelier di Gleyre, dove venne iniziato alla pratica del disegno da fermo alla maniera dei realisti, conobbe Renoir, Monet, Bazille, e partecipò alle prime sedute en-plein-air, inaugurando assieme agli amici i Salon des refusés. Fu proprio nella solitudine di questi spazi aperti, lontano dal chiacchiericcio, dalle vanità, dalle finzioni, dallo scoppio della mondanità nella ville lumiere che tanto affascinò Proust, che l’introversione di Sisley sembrò trovare la sua propria dimensione: a quelle vedute e a quel modo di vivere la realtà restò indissolubilmente legato e la sua cifra stilistica rimase ancorata alla rappresentazione di paesaggi, con poche eccezioni di nature morte o piani medi di soggetti umani immersi nella loro quotidianità.
Se dai maestri realisti aveva appreso la composizione ed il disegno da fermo, dai romantici aveva ereditato la sensazione di una natura dominante – tratto che si manifesta più negli spazi della composizione che nelle vertigini e nelle evoluzioni delle pennellate – e ciò lo spinse a rappresentare spesso le figure umane piccole e lontane, come sagome senza identità, in un paesaggio dove il cielo sembra imporsi come soggetto principale.
Seppur forse il più fedele, dall’inizio alla fine del suo percorso, alla tecnica degli impressionisti, è possibile riconoscere delle peculiarità nella pittura di Sisley proprio a partire dalla composizione: la ricerca mai interrotta di punti di fuga di strade e fiumi; la predominanza nella composizione del cielo secondo un gusto che poi divenne canone nella fotografia paesaggistica; la posizione del punto di vista, quasi esclusivamente ad altezza uomo; l’interesse per le geometrie e i cromatismi dei paesaggi; la figurazione di uomini curvi, di spalle, piccoli e lontani.
Questo stile, restio ad evoluzioni, specchio della naturale introversione del pittore, accompagnerà Sisley più o meno uniformemente lungo tutta la sua opera. Così come lo accompagneranno le vedute di paesaggi innevati, da spruzzi di prima neve o da spesse coltri invernali, indorate dall’alba o schiacciate da cieli nevosi, che a tratti, con le stagioni, torneranno ad esigere, con la violenza di una fredda tormenta, di apparire di nuovo sulle sue tele.
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