Nell’ambito dell’Occidente la bestiola rappresenta con costanza connotazioni negative. E Rubens non si esime da questa idea nera quando la dipinge accanto a una testa di Medusa. Ma in alcune circostanze essa simboleggia le virtù di una costruzione quotidiana che avvicina l’uomo a Dio
di Vera Bugatti
[N]el mondo dei simboli, il ragno alterna, come il serpente, connotazioni positive e negative. Per comprenderne allora il segno dell’inclinazione espressiva temporanea, il simbolo non deve essere letto come elemento lessicale autonomo, ma come segnale inserito nel più ampio contesto dell’opera.
Nel pensiero occidentale – fortemente antropocentrico – prevale una concezione per lo più maligna dell’aracnide: il ragno tende imboscate traditrici e consuma implacabile la propria vittima dopo averla paralizzata. L’antica oniromanzia pretendeva che sognare un ragno che tesseva la sua tela fosse un avvertimento degli dei a guardarsi da qualche prossima follia in grado di mettere in pericolo l’onore, la vita o la fortuna dell’individuo. Il bestiario medievale lo identifica con l’immagine del diavolo o al massimo lo inquadra come agente della lussuria (esistono gioielli in cui il ragno al centro della tela è sostituito da una donna nuda, virago satanica il cui scopo è la distruzione del maschio).
Gli araldisti dell’Europa orientale vi hanno voluto vedere l’emblema dei traditori come Giuda, ma Charbonneau ricorda che la scienza del blasone lo ha anche sovrapposto all’immagine del giudice prevaricatore, che fa eccezione a seconda delle persone che si trova a giudicare. Nella spiritualità cristiana, poi, la tela del ragno rappresenta sia le opere vane, deplorevoli nella loro leggerezza, che le dottrine eterodosse, viluppo dal quale le anime non sono in grado di affrancarsi.
Tale simbolismo si sarebbe acuito con l’espansione del protestantesimo, come mostrerebbe anche un curioso esemplare degli Emblémes et Devises chrétienne raccolti all’inizio del XVIII secolo da Chavance: un medaglione che raffigura i due pilastri di un’apertura praticata in un muro che si affaccia sulla campagna. Tra i pilastri un ragno tende la sua tela verticale e attende le sue vittime, mentre sotto campeggiano quattro versi: Il Ragno, insetto odioso / Sorprende le mosche con la sua fragile tela / Così ogni dottrina frivola e sottile / Tende agli spiriti deboli delle reti capziose.
Nella tradizione islamica, che spesso si avvicina a quella occidentale, viene considerato per lo più nefasto. Anche se si narra di un ragno bianco che salvò Maometto in una caverna, facendo credere ai suoi nemici che nessuno vi fosse penetrato da molto tempo, il ragno nero è considerato sempre nocivo. La Sura del ragno afferma infatti che coloro che si sottopongono a padroni diversi da Dio hanno per simbolo il ragno, in quanto la casa del ragno è la più fragile delle case. D’altro canto però lo stesso insetto si appropria, presso molti popoli, di un ruolo demiurgico, che affonda spesso nel mito greco di Aracne, uno dei più importanti e significativi della cultura classica, che, per la sua esemplarità icastica e scabra, incarna il topos del demiurgo punito.
Nelle mitologie orientali il ragno è visto come un benefattore dell’umanità poiché, come il greco Prometeo, le ha donato il fuoco. In Africa occidentale (ma anche presso gli Hopi del Nord America, così come per gli Ashanti, che ne hanno fatto il proprio Dio primordiale), il ragno Ananse è artefice della materia di cui è fatto il primo uomo. Alcuni miti della Micronesia presentano Nareau, il “Signore Ragno”, come il primo essere creato. Lo stesso può dirsi della donna ragno Biliku, adorata nelle isole Andaman, creatrice e portatrice del fuoco. Una leggenda del Mali descrive infine il ragno come il consigliere del dio supremo, un eroe creatore che travestendosi da uccello prende il volo e plasma, all’insaputa del suo signore, il sole, la luna e le stelle.
Diversamente, presso gli aborigeni questo animale rappresenta un monito contro l’avidità e l’eccessivo amor proprio, ma in generale lo si ritrova anche come psicopompo, nel suo rapporto con l’aldilà (la mitologia precolombiana riteneva che i defunti attraversassero il lago della morte su barche fatte di ragnatele) o come trickster, primo tentativo umano di sistemare le due categorie del Bene e del Male. Nell’antica cultura popolare è infatti diffusa la credenza che l’anima, durante il sonno, possa uscire e rientrare dalla bocca sotto forma di ragno.
Secondo i libri sacri dell’India la tela restituisce invece l’immagine della sfera cosmogonica, emanazione dell’Essere contrapposta al Caos, al cui centro il ragno è il sole, cuore del mondo, simbolo ordinatore. La Mundaka Upanishad conferma che tutto esce e si reintegra come il ragno sputa e divora il suo filo, e inoltre insiste sul simbolismo del ragno che si innalza con l’aiuto del proprio filo e conquista la libertà. Così, con un rimando al simbolismo iniziatico universale, il filo che il ragno trae da sé è analogo all’albero cosmico, alla scala di Giacobbe, al ponte di Maometto, a un passaggio dalla terra al cielo. L’immagine della ragnatela svela dunque una compresenza di archetipi che lega l’atto creativo, il ponte e il destino.
Anche nell’arte il ragno può rappresentare un livello superiore di iniziazione o rimandare alle potenzialità che legano sapienza e dialettica. Un ragno è raffigurato nelle linee di Nazca, in Perù, come geoglifo di circa 45 metri, sufficienti perché possa essere visibile dall’alto al leggendario Viracocha che a Nazca si attende atterri dal cielo. Diversamente, in una delle immagini dipinte da Paolo Veronese per il soffitto della Sala del Collegio di Palazzo Ducale a Venezia, la personificazione della Dialettica tiene fra le mani alzate una ragnatela, fissandola con lo sguardo. Il gesto rappresenta le parole con cui chi è esperto di dialettica – in questo caso virtù del buon governo veneziano che si autocelebra – è in grado di avviluppare l’interlocutore.
Due ragni compaiono, insieme a serpenti, a uno scorpione e ad una salamandra, nel dipinto di Rubens con la Medusa, conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna, memento mori e contemporaneamente riferimento alle emanazioni negative che scaturiscono dalla testa mozzata. Anche la scultrice contemporanea Louise Bourgeois si riferisce spesso, iconograficamente, a questo elemento, realizzando ragni che recano al centro del corpo un volto femminile, rimando al culto della donna-ragno creatrice, di cui si riferiva sopra. La monumentale opera in bronzo Maman, per esempio, allestita a Ottawa, consiste in un ragno femmina di circa nove metri, che sotto il ventre reca una sacca di marmo bianco con 26 uova. Vi si riscopre una maternità possente e inquietante, e allo stesso tempo un femminile che fonde umano e bestiale, retaggio mitologico e slancio verso il futuro.
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