[L’]esposizione collettiva, ispirata al video dell’artista Sam Taylor-Wood Still Life e al video di Fischli & Weiss Der Lauf der Dinge, esplora il tema della natura morta e il ruolo degli oggetti nel mondo contemporaneo. Il motivo della natura morta in arte aveva come scopo la resa naturalistica di oggetti d’uso quotidiano e del mondo della natura, ma era anche un veicolo di significati simbolici e filosofici, di cognizioni sulla realtà della natura e dell’esperienza. Successivamente sono state ascritte a questa tematica anche le merci, oggetti appartenenti alla produzione industriale in serie tipica della società dei consumi. Tra questi basti ricordare i prodotti da supermercato di Andy Warhol, motivi basati sul loro apparire, sul loro involucro, oggetti che esibiscono una certa trasparenza non rimandando mai a un significato eccedente a cui pervenire, come se la parte significante aborrisse ogni possibile significato.
La società moderna, così scrive Karl Marx nell’introduzione al “Capitale” del 1867, si presenta fenomenologicamente come una mostruosa accumulazione di oggetti e merci. Un’asserzione certamente curiosa ma allo stesso tempo profetica. Al XIX secolo è stato spesso assegnato l’appellativo di “Secolo degli oggetti”, anche se si potrebbe dire che rispetto al mondo degli oggetti mercificati della contemporaneità la proporzione è quella di una bottega di paese di fronte a uno scintillante centro commerciale.
Gli oggetti che appartengono al mondo dell’oggi non sono semplicemente oggetti. Essi mostrano quello che siamo, o vorremmo essere. Li possediamo sì, ma molto più, loro possiedono noi. Tutto può farsi oggettuale, anche le emozioni, i sentimenti, anche il corpo stesso, modellato mediante il fitness o la chirurgia estetica, può diventarlo. L’appartenenza sociale vede la propria simbolizzazione nel possesso di oggetti, l’identità individuale è messa a punto tramite immagini griffate.
Il risvolto di questo delirio oggettuale porta ad uno straniamento allarmante. “Da dove provieni, cosa sei, dove vai?” si chiede il filosofo Konrad Paul Liessmann, “L’antico interrogarsi sulle origini e il ruolo
dell’umanità ha subito un sostanziale slittamento. Ora gli oggetti, gli artefatti, i beni, le merci di ogni sorta, sono elementi rispetto a cui non abbiamo nulla da dire, non sappiamo da dove effettivamente
provengano, quale possa essere il loro uso o impiego futuro”. La sparizione delle cose innescata dai processi di digitalizzazione e virtualizzazione rafforza ulteriormente tale sensazione di straniamento, sebbene la rivoluzione decisiva debba ancora arrivare, ed è quella chiamata “internet degli oggetti”.
Un certo accrescimento di consapevolezza rispetto alla limitatezza di risorse disponibili, così come del fenomeno di sparizione oggettuale ad opera del mondo cibernetico, rileva come il rapporto delle persone con il mondo degli oggetti sia sottoposto oggi a un decisivo cambiamento. Nella scienza, ma anche nella filosofia e nell’arte, si osserva ad esempio una nuova tendenza, quella che vede porre attenzione sul concetto di oggetto-mondo e di “material culture”.
Sin dagli albori della modernità gli oggetti sono sempre stati fortemente presenti in arte, ma soprattutto in pittura. Fino al Rinascimento, soggetti principali della storia dell’arte sono stati soprattutto racconti mitologici e biblici illustrati, rappresentazioni di regnanti o figure di potere. Poi è avvenuta la scoperta dei paesaggi prospettici, delle vedute cittadine e delle scene legate al quotidiano, genere a cui appartiene tra l’altro anche il motivo della natura morta. Inaugurando un’arte sotto il titolo programmatico di realismo, Gustave Courbet ha aperto la pittura all’ambito della realtà e all’interrogativo che verte sulla sua percezione e possibilità d’espressione.
Nel XX secolo, dopo l’avvento dell’astrattismo, si sono susseguite varie rivoluzioni artistiche che hanno riguardato in particolare il mondo degli oggetti, basti pensare a Fountain di Duchamp, ai ready-made, agli “objets trouvés” surrealisti, alla pop art e i suoi derivati, al trash e alla celebrazione del quotidiano, alla poetica dell’opera d’arte “aperta” e del work in progress. Il ready-made ha trasposto prodotti industriali in ambito artistico, la pop art sovvertito la posizione di un qualsiasi oggetto riproducibile assegnandogli una posizione estetica.
La feticizzazione, eccitazione, estraneità e perfidia degli oggetti, la loro sovrabbondanza e sparizione ad opera del processo di digitalizzazione, la loro completa sostituzione con il denaro come “cosa in sé” e la presenza di supposti ultimi veri esemplari, sono i punti di intersezione concettuale attraverso i quali si articola la mostra “Il mondo degli oggetti”. Consacrata al rapporto che intercorre tra cultura oggettuale e mondo delle arti figurative, la mostra esplora in chiave retrospettiva il valore degli oggetti e il mutamento di prospettiva avvenuto.
Artisti:
Gino Alberti, John Baldessari, Julia Bornefeld, Giovanni Castell, Fischli & Weiss, Nadia Kammerer, Erich Kofler Fuchsberg, Meghan Gordon, Michael Höllrigl, Christoph Hinterhuber, Johannes Inderst, Ivo Mahlknecht, Matthias Mahlknecht, Matic/Traubeck, Brigitte Niedermair, Sebastian Siechold, Markus Siegele, Lois Steger, Markus Vallazza, Sam Taylor Wood, Andreas Zingerle.
IL MONDO DEGLI OGGETTI
A cura di Heinrich Schwazer
Inaugurazione: 20 Settembre 2013, ore 19.00
Durata della mostra: 21 Settembre – 3 Novembre 2013
Luogo della mostra: Merano Arte – Edificio Cassa di Risparmio
Catalogo: AA.VV., Die Welt der Dinge – Il mondo degli oggetti, 2013