di Giovanni Cangi
L’immagine di un bel tramonto altotiberino sullo sfondo dell’Alpe di Catenaia permette di cogliere il nitido profilo della grande barriera naturale che fa da schermo al Casentino e che segna lo spartiacque fra la valle del Tevere e il Valdarno, lungo la dorsale che dal Trasimeno si estende fino al crinale dell’Appennino.
Dallo stesso punto di osservazione, elevandosi in quota, si vedrebbero apparire all’orizzonte l’altura del Pratomagno e le Foreste Casentinesi (Fig. 2)
, con una panoramica ribaltata rispetto a quella che Leonardo da Vinci ha adottato nelle rappresentazioni della Val di Chiana, offrendo suggestive inquadrature del territorio d’”oltralpe”, con l’Altotevere collocato sullo sfondo.Il particolare riferimento è alle Carte RLW 12277 (Toscana, Fig.3) e RLW 12278 (val di Chiana Fig.4) della Raccolta Reale di Windsor, disegnate da Leonardo, fra il 1502 e il 1503, con l’intento di dimostrare la minuziosa conoscenza del territorio che Leonardo cartografa e la densità informativa che dai suoi disegni deriva.
In particolare l’attenzione viene rivolta al territorio altotiberino, consapevoli del fatto che Leonardo redige delle carte funzionali allo studio della regimazione idraulica del Valdarno e alla bonifica della grande palude che al tempo ricopriva la Val di Chiana, per cui la valle del Tevere costituisce solo la cornice di questo ampio contesto.
Tuttavia va considerato che nell’estate del 1502 Leonardo si trattenne per oltre un mese ad Arezzo e in Valdarno assieme a Vitellozzo Vitelli, condottiero e figura di spicco della nobile famiglia tifernate, nonché luogotenente del Valentino, che nel giugno del 1502 si era acquartierato con i suoi 3.500 fanti nella città sottratta ai Fiorentini.
Particolare sintonia ed una forte empatia ci deve essere stata tra Leonardo ed il generale del Valentino.
Da Vitellozzo Leonardo ebbe pertanto modo di raccogliere molte informazioni sull’assetto idrografico dell’Altotevere che, sebbene posto in secondo piano e in posizione marginale nell’inquadratura d’insieme, viene rappresentato in modo proporzionato e con notevole dovizia di dettagli. Il disegno è frutto di un’indagine sistematica, condotta con la consueta meticolosità che contraddistingue l’opera del grande artista rinascimentale.
Nelle due cartografie in cui Leonardo rappresenta la Toscana e la Val di Chiana, redatte a scale diverse, si rileva una cura dei particolari superiore a quella che si riesce ad apprezzare attraverso una sommaria lettura dei documenti. Un’attenzione che emerge anche dalla precisa indicazione dei toponimi, dai quali si possono trarre utili e interessanti indicazioni.
E’ evidente che la curiosità e il metodo scientifico seguito dall’artista in tutte le sue attività lo hanno spinto ad approfondire la conoscenza e ad analizzare con cura tutto ciò che poi riusciva a rappresentare con una straordinaria maestria.
Leonardo, inoltre, riguardo a problemi di ordine cartografico trovò negli scritti di Leon Battista Alberti un valido ausilio che gli suggerì un corretto approccio metodologico di cui fece sicuramente tesoro. Carlo Starnazzi (Leonardo Cartografo, 2003) ci ricorda che Alberti, nel De Re Aedificatoria, ben conosciuto da Leonardo, assegnava una priorità assoluta allo studio della configurazione geomorfologica del territorio, raccomandando sopralluoghi da effettuare in loco. Suggeriva, inoltre, di visitare scrupolosamente il sito prima di procedere alla sua raffigurazione in pittura o in cartografia (Rilievo, Altitudine, Componimento, Sito).
Molti elementi del resto sottolineano il valore scientifico dei due documenti e non ultima la buona rappresentazione del sistema idrografico Altotiberino che testimonia una conoscenza puntuale del territorio.
L’analisi della viabilità storica non può prescindere dallo studio delle caratteristiche ambientali e morfologiche del territorio e va condotta con un approccio metodologico supportato da cartografie antiche e moderne per la ricerca di utili elementi di confronto.
Sotto questo aspetto le carte di Leonardo, in particolare quelle richiamate in premessa, forniscono spunti interessanti a sostegno dello studio condotto, per cui, già alcuni anni fa si è avuto modo di cogliere una traccia interessante nella mappa della Val di Chiana, relativa alla direttrice di attraversamento dell’ Altotevere.
Un’analisi più attenta fa emergere una chiara corrispondenza con la depressione naturale che definisce la direttrice della Valnestore, oggi non più leggibile a seguito dell’avvenuta bonifica della Val di Chiana, ma che era ancora evidente in cartografie del XVI sec.
Nel particolare evidenziato del territorio toscano fra Arezzo, Firenze e Val di Chiana (RLW 12277, Fig. 5) si noti la palude della Chiana fra Arezzo e il lago Trasimeno ove è indicato un corso d’acqua a valle di Cortona tra la Val di Chiana e il Trasimeno, con una nota: “Trasumeno f. Braccio da Montona lo chiuse, ond’è mancato”.
Nella stessa carta compare anche l’Altotevere, Fig. 6, con dei segni leggeri che ne sottolineano la collocazione in secondo piano rispetto al Valdarno.Segni che sembrano tracciati da Leonardo con una certa approssimazione, ma a ben guardare notiamo che vi sono riportate alcune scritte, poco leggibili, ma molto importanti. Leonardo, come sua abitudine, inserisce le note scrivendo a volte da destra a sinistra, per cui è necessario specchiare le scritte in modo da disporle nel giusto verso per poterle leggerle agevolmente.
In prossimità di Città di Castel[l]o Leonardo disegna il Tevere e i suoi affluenti [Cer]fone e Sovara.
Per chi redige una cartografia a larga scala come questa, la semplificazione è inevitabile, per cui si riportano solo alcuni affluenti principali, quindi sorprende vedere indicato il torrente Scatorbia, modesto affluente di sinistra che confluisce nel Tevere a sud di Città di Castello.
Viene naturale chiedersi quindi il motivo che ha spinto Leonardo ad usare simile attenzione e soprattutto come poteva conoscere questo piccolo torrente, se non per averlo rilevato personalmente a ridosso della cinta muraria di Città di Castello. Si potrebbe anche ipotizzare che sia stato lo stesso Vitellozzo Vitelli a suggerirgli la rappresentazione del piccolo corso d’acqua sconosciuto ai più, ma molto importante per i tifernati. Resta il fatto che nella carta non compaiono, invece, altri corsi d’acqua di maggior rilievo nel sistema idrografico dell’ Altotevere.
Merita sottolineare anche un piccolo particolare che si distingue nella mappa, costituito da un baffetto di colore più azzurro che indica una probabile deviazione del Tevere a ridosso di Città di Castello. In effetti al tempo di Leonardo e Vitellozzo, il fiume aveva subito una deviazione proprio sul lato meridionale, come indicato in mappa, per allontanarlo dal centro abitato e dal nucleo di Rignaldello, dove le piene, frequenti e pericolose, avevano causato molti danni e minacciavano la chiesa dell’Ospedale di San Giovanni. Si noti che nella mappa (Fig. 7) compare almeno un altro segno tracciato con lo stesso inchiostro, per indicare un canale artificiale creato per favorire lo scolo delle acque dalla palude all’Arno
C’è poi la carta RLW 12682 (Fig.8). Uno scorcio prospettico a volo d’uccello del territorio aretino con l’Altotevere sullo sfondo. Lo abbiamo confrontato con la vista aereofotogrammetrica della Valtiberina a sud di Città di Castello. In questa carta non è indicata la città, tuttavia sembra di riconoscere in un’ansa del Tevere una caratteristica locale del fiume che permette di collocarla esattamente.
Passiamo ora all’esame della carta RLW 12278 (val di Chiana Fig.9) Una prima positiva impressione che si ricava dalla lettura della carta deriva proprio dal senso delle proporzioni e dalla scalatura prospettica che emerge dal rapporto fra gli elementi in primo piano e lo sfondo della figura, dove si colloca l’asta del Tevere, dalle sorgenti, situate in alto a sinistra, fino oltre Perugia e il Lago Trasimeno.
Una rappresentazione “a volo d’aereo” che ha dei riscontri impressionanti con la stessa inquadratura panoramica che oggi è possibile rilevare con Google Earth.
Il confronto fra la cartografia cinquecentesca e l’immagine reale è sorprendente, se si considera che la palude rappresentata da Leonardo è scomparsa in seguito all’imponente opera di bonifica alla quale hanno contribuito certamente anche i sui studi. Per un’analisi più approfondita dell’impostazione prospettica del documento cartografico ci sono utili i richiami all’assetto viario dell’Alta Valle del Tevere (Fig. 10).
In particolare nella carta di Leonardo si riconoscono due direttrici di attraversamento evidenziate nello schema di Fig. 11. Assi paralleli che secondo le regole della prospettiva applicate con rigore da Leonardo, vanno a convergere in uno stesso punto di fuga; fuoco e punto ideale dell’orizzonte, percepito dall’occhio dall’osservatore come cardine della figura, anche se collocato fuori inquadratura. Rispetto alle piatte cartografie in uso al tempo, Leonardo adotta una rappresentazione dinamica, che trascina l’occhio dell’osservatore dal soggetto principale verso i bordi dell’immagine e lo proietta oltre, dando un senso di continuità con il fuori campo non rappresentato. Alle due direttrici parallele individuate dal prolungamento della strada di collegamento Anghiari-Sansepolcro (l’unica evidenziata nel tratto altotiberino) e dalla direttrice della Valnestore, orientata secondo il ramo trasversale della palude della Chiana, se ne aggiunge una terza che da Passignano sul Trasimeno punta sulla Fratta (Umbertide) per convergere sullo stesso fuoco, punto cardine della figura che si va a collocare idealmente sul Monte Nerone (Fig. 11). Anche l’orientamento delle dorsali che sottolinea l’assetto orografico della Valtiberina occidentale, coincide sostanzialmente con la reale conformazione del territorio in esame, per cui la rappresentazione fa emergere le qualità dell’artista, capace di distinguersi pure come cartografo e geografo, in grado di cogliere da terra elementi che in realtà si possono apprezzare solo attraverso una visione aerea o satellitare del tipo che oggi ci sono comuni.
La mappa della Val di Chiana è particolarmente ricca di toponimi; caratteristica che si conferma anche nella parte superiore riservata alla Valtiberina, dove oltre ai centri principali si riconoscono molti borghi minori.
I toponimi e il sistema idrografico guidano la lettura della mappa e permettono di riconoscere alcuni siti anche laddove non sono chiaramente esplicitati. Fra questi appare anomala l’assenza di Città di Castello fra i toponimi segnalati, comunque messo in evidenza e perfettamente riconoscibile in relazione alla posizione e al confronto con le altre località. Non sappiamo se questo sia frutto di una distrazione o di una scelta consapevole, magari dovuta al fatto di aver già evidenziato il capoluogo alto tiberino nella precedente carta generale della Toscana.
Di notevole rilievo è la ricostruzione dell’assetto idrografico dell’Alto Tevere con il fiume e i suoi affluenti principali; ma ad attirare l’attenzione sono alcuni dettagli, come il Canale dei Mulini che scorre fra Tevere, Sovara e Cerfone e che già a quel tempo doveva assumere una certa importanza.
Inoltre è già stato fatto notare l’accenno alla strada che collega Anghiari a Sansepolcro (Fig. 12) conosciuta come “Il drittone di Anghiari”, con i due ponti che superano l’ostacolo costituito dal canale dei mulini e dal Tevere stesso.
Si tratta di un ramo della Strada di Pietramala, la cui costruzione è attribuita a Guido Tarlati, in realtà sovrapposta al tracciato di un’antica via di transumanza che da Arezzo, Pietramala ed Anghiari, attraverso l’Altotevere e il Passo delle Vacche, si apre nella Valle del Metauro verso l’Adriatico.
Il dato non è di poco conto, considerato che i rapidi, ma decisi tratti di penna, riescono ad offrire una precisa immagine della realtà e sottintendono una presa visione dei luoghi. Immagini registrate nella mente di Leonardo che gli torneranno utili di lì a breve, quando nel 1503 verrà chiamato a decorare le pareti del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, con la rappresentazione della famosa Battaglia, svoltasi il 29 giugno 1440, per celebrare la vittoria dell’esercito Fiorentino sui Milanesi
Infine e per concludere onde meglio mettere in evidenza le qualità dell’ingegnere militare (che significa anche geografo e cartografo) del Valentino crediamo sia opportuno il rilevare dei particolari. Leonardo,oltre alla dritta Anghiari Sansepolcro, evidenzia con una colorazione bluastra lungo il perimetro urbano di Sansepolcro, la probabile presenza di un fossato (Fig.13).
C’è poi Città di Castello (sempre fig.13) che, sebbene in secondo piano, viene messo in risalto con dimensioni simili a quelle di Arezzo, Siena e Perugia, che costituiscono i centri principali del territorio rappresentato. Le dimensioni della figura sono ridotte e non permettono di cogliere profili di edifici rappresentativi della città, ma lo sky-line generale, sebbene stilizzato, evidenzia degli elementi che ne ricordano l’effettivo assetto urbano. A tratti si distinguono pure delle composizioni di facciata che confermano la volontà dell’autore di andare oltre la definizione di una sagoma generica. Impressione confermata dalla cura utilizzata anche per l’immagine di Borgo Sansepolcro, altrettanto rispondente alla realtà.
Leonardo cartografo, la Valtiberina e la piana della battaglia d'Anghiari. La palude bonificata
In particolare l’attenzione viene rivolta al territorio altotiberino, consapevoli del fatto che Leonardo redige delle carte funzionali allo studio della regimazione idraulica del Valdarno e alla bonifica della grande palude che al tempo ricopriva la Val di Chiana, per cui la valle del Tevere costituisce solo la cornice di questo ampio contesto. Tuttavia va considerato che nell’estate del 1502 Leonardo si trattenne per oltre un mese ad Arezzo e in Valdarno assieme a Vitellozzo Vitelli, condottiero e figura di spicco della nobile famiglia tifernate, nonché luogotenente del Valentino, che nel giugno del 1502 si era acquartierato con i suoi 3.500 fanti nella città sottratta ai Fiorentini. Particolare sintonia ed una forte empatia ci deve essere stata tra Leonardo ed il generale del Valentino. Da Vitellozzo Leonardo ebbe pertanto modo di raccogliere molte informazioni sull’assetto idrografico dell’Altotevere che, sebbene posto in secondo piano e in posizione marginale nell’inquadratura d’insieme, viene rappresentato in modo proporzionato e con notevole dovizia di dettagli