Proprio cinque secoli or sono, Leonardo compilava il Libro della natura, peso e moto delle acque, già celebre come Codice Leicester e poi Codice Hammer, oggi appartenente a Bill Gates che lo conserva a Seattle. Nei suoi 18 grandi fogli doppi Leonardo dedicava molti studi al corso dell’Arno e dei suoi affluenti, pensando anche alle “piene d’Arno torbido”. “Quest’Arno allaga, perché non sgombera le sue acque con quella prestezza che il Val d’Arno di sopra le mette. E la Golfolina non dà loro il transito per la valle sua occupata d’alberi”: così egli evidenziava, nel Codice Atlantico (in un foglio databile sempre ai primi anni del ’500), il pericolo delle alluvioni, che già colpivano la pianura tra Firenze e Campi. Per esempio, nell’agosto 1508 l’acqua “affogò molte persone” a Brozzi e a San Donnino per una piena improvvisa dovuta non a piogge (che non si erano verificate nella pianura), bensì alla piena dell’Arno e della Sieve per precipitazioni a monte. Non a caso Leonardo quantificava i tempi delle piene improvvise: “In 5 ore viene la piena di Sieve e in 7 quella d’Arno” (in un foglio del Codice Arundel, databile 1504, ora in mostra agli Uffizi). L’artista della scienza pensava di scongiurare questa “ruina” con la regimazione dell’Arno già a monte di Firenze e con la deviazione delle sue acque in un canale navigabile, attraverso Prato, Pistoia e la Valdinievole. Progettava il Canale di Firenze e di Pistoia e il riassetto dell’idrografia circostante con sistemi di chiuse e corsi d’acqua organizzati su diversi livelli. Studiava i dettagli costruttivi e, fra l’altro, il modo che “li archi del ponte sieno più elevati che si può, per la cagion della inondazione del fiume che sotto esso ponte passa”. Interessante l’impiego di precauzioni per evitare che i ponti facessero imbuto: “Se questo fiume per l’ordinario occupa la larghezza d’un arco, fa’ che esso ponte n’abbia 3, e questo fo per le cagion delle piene”.
Elaborò anche sistemi di prefabbricazione con elementi rapidamente componibili per le strutture fluviali, che si ritrovano in diversi suoi codici, dal Ms. B databile circa 1487, allo stesso Codice Leicester databile 1506. Il “Museo Ideale Leonardo da Vinci” ha ricostruito per la prima volta diversi esempi di questi elementi componibili. Quando li ha recentemente presentati a Tokyo, nell’ambito della mostra con il manoscritto originale di collezione Bill Gates, alcuni tecnici hanno esclamato: “Così si sarebbe potuto scongiurare un’alluvione, a New Orleans come a Firenze!”. Per almeno 40 anni, dal 1473 al 1513, Leonardo sognò e progettò di salvare Firenze dalle alluvioni e di riconfigurare l’assetto del territorio tra Valdarno e Valdinievole, con i più diversi obiettivi: bonificare e irrigare la campagna, creare energia e risorse, realizzare una grande via di comunicazione fluviale tra Firenze e il mare, favorire i commerci e le attività produttive, prevenire alluvioni e dissesti idrogeologici… Progettò inoltre la deviazione dell’Arno verso Livorno, per privare Pisa delle sue acque. I lavori furono programmati dalla Signoria di Firenze e iniziarono per scopi militari, ma il concetto è simile al moderno scolmatore presso Pontedera. L’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 ha tristemente dimostrato come le idee e i progetti leonardiani fossero espressione dell’esperienza e della ragione, e non”ghiribizzi”, come pensavano Guicciardini e Vasari.
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[PDF] Leonardo, principe del fiume
STILE ARTE 2007