1. Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Sotto il profilo della produzione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
Sono Marcello Carrà, nato Ferrara nel 1976, dove tuttora vivo e lavoro. Le mie creazioni più recenti con la penna biro rientrano nell’ambito di una grafica sviluppata su dimensioni importanti e con uno strumento, la penna a sfera, che dal punto di vista tecnico ha avuto in ambito di arte contemporanea uno sviluppo relativamente recente. Per quanto il disegno in concorso sia di dimensioni contenute, ho realizzato in passato opere su un unico foglio fino a lunghezze di 8 metri, perché per me ogni opera deve essere una sorta di sfida e dal disegno deve sempre percepirsi questo aspetto.
Le immagini che ho creato finora principalmente sono di due tipi: una prima tipologia è probabilmente riconducibile ad antiche illustrazioni scientifiche ed anatomiche, arricchite però in termini concettuali, soprattutto con riferimento ai temi della fragilità e caducità dell’esistenza. La seconda tipologia invece si inserisce in un discorso generale di rivisitazione di opere del passato, sempre applicando un filtro che le ricolleghi a temi di attualità.
Opere di ultimissima concezione, che sto definendo e sviluppando ora, si discostano da queste tipologie e utilizzano anche tecniche che si discostano dalla grafica pura.
2. Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
La mia formazione di tipo artistico è completamente autodidatta, in quanto il mio corso di studi è stato di carattere scientifico (liceo e laurea in ingegneria civile). L’esigenza di disegnare e dipingere l’ho tuttavia sempre avuta sin da piccolo, unitamente alla passione per il calcolo. Appena terminato il liceo scientifico, riuscendo a gestire meglio il mio tempo, parallelamente all’impegno universitario, ho cominciato ad approfondire le mie conoscenze in fatto di arte, sia visitando mostre e musei, sia interessandomi alle varie tecniche, soprattutto la pittura a olio. Inizialmente ho subito influssi surrealisti, Dalì in particolar modo, mentre in seguito anche il linguaggio dei cartoon e dei fumetti ha avuto un’incidenza importante sui miei dipinti. In generale comunque, e molto umilmente a dire il vero, ho cercato di capire da ogni singola opera che ho visto il “sentire” dell’artista, nell’ispirazione e nella tecnica, in modo da creare le basi per la traduzione di un mio sentire personale.
Nel 2008 mi sono appassionato alla biro, quasi una folgorazione, cercando di scoprirne e realizzarne il potenziale, prima con la serie dedicata agli insetti giganti, poi con altri cicli su diversi temi. Oggi trovo ispirazione soprattutto nei pittori fiamminghi (Bruegel e Bosch in primis), nelle incisioni antiche, in particolare quelle di Rembrandt, nelle illustrazioni scientifiche tratte da vecchie enciclopedie o anche testi più recenti.
Le altre arti (letteratura, cinema) e l’attualità mi suggeriscono tanti temi da sviluppare, anche se non ho personaggi od opere del passato di riferimento. Lo sviluppo delle immagini che desidero creare avviene comunque tramite le suggestioni e il filtro che mi forniscono il mio bagaglio di conoscenze sull’arte figurativa e la mia immaginazione personale. Grande incidenza ha invece la musica, di ogni genere: ascolto preferibilmente classica (soprattutto Mahler, Shostakovic e Wagner), ma ottime idee mi saltano in mente ascoltando i Queen!
3. Può analizzare nei temi e nei contenuti l’opera da lei realizzata e presentata al Premio Nocivelli – primo premio, sezione pittura -, illustrando le modalità operative che hanno portato alla realizzazione?
L’opera “Il Banchetto di nozze” si ispira ad un noto dipinto di Bruegel, oggi conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Nel quadro originale numerosi commensali festeggiano gli sposi, mentre la tavola è imbandita di piatti gustosi. Nella mia rivisitazione, al contrario, tutti sono fuggiti e domina un senso di abbandono, con il fienile che ora è del tutto vuoto. L’idea nasce dopo il terremoto in Emilia nel 2012, che ha coinvolto anche la mia città, Ferrara, e che ha reso tanti spazi inagibili e vuoti come questo fienile. Tra i diversi autori ho scelto proprio Bruegel perché i suoi dipinti sono ricchi di figure e quindi il confronto tra l’originale e la mia rivisitazione accentua maggiormente il senso di vuoto e spaesamento. Altro elemento importante in Bruegel è l’ambientazione, che svolge un ruolo da protagonista nell’opera e non è soltanto un mero elemento di sfondo, per cui anche senza le persone appare chiara la ricercatezza nella definizione del luogo in cui si svolge la scena.
Da un punto di vista tecnico l’opera è completamente realizzata a penna biro, su carta poi incollata su pannello plastico e compensato. Non mi sono avvalso di proiezioni o di carta carbone per ricreare la scena, ma solo di una riproduzione tratta da una monografia su Bruegel, procedendo per proporzioni tramite “fattore di scala” per ricavare i punti salienti dello spazio. Alcune zone, che nel quadro originale sono completamente coperte dai personaggi, le ho sostanzialmente immaginate io, come l’area all’esterno del fienile, sulla sinistra, o la panca dove sedevano gli sposi.
Marcello Carrà
Via Francesco Magnoni 29/A – 44123 Ferrara
e-mail: marcellocarra76@gmail.com
www.marcellocarra.it
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