In occasione della mostra di Marco Manzella Otium, abbiamo rivolto all’artista alcune domande.
Otium è un termine classico: hai deciso di abbandonare le vedute di città e i grattacieli per tornare al passato? Parlami del tuo rapporto con la tradizione. Più che ad una tradizione classica credo ad un modo di essere che dimostra interesse per l’idea di classicità. Non è citando fuori contesto capitelli, templi o motivi iconografici che sviluppiamo il nostro rapporto con l’antico. E io mi guardo bene dal citarle, queste cose. Classicità è per me il principio di equilibrio che si stabilisce tra l’uomo e la natura, a patto che la natura risulti all’uomo amica e non un insieme di minaccia, mistero e potenziale pericolo. E’ una dimensione ideale, carica anche di malinconia e nostalgia, perché questo rapporto perfetto lo si sogna come già perduto, come un giardino dell’Eden ricreato grazie all’immaginazione. Non credo sia facile vivere una dimensione classica oggi. Io però ci sto provando con la pittura.
Non trovi che il titolo della mostra sia in qualche misura in contrasto con la dinamicità dei tuoi personaggi, protesi nel movimento? Quando con il curatore Paolo Gallizioli abbiamo scelto questo titolo, il nostro pensiero è andato all’idea di un’attività scelta per costruirci, o ri-costruirci: ozio come sospensione, come forma di contemplazione. Le scene che dipingo raccontano infatti di momenti staccati dal fare finalizzato all’utile e al funzionale, ma non di inoperosità.
Insomma, per te l’ozio è qualcosa di artisticamente attivo, creativo: quali sono gli stimoli che ne ricavi? Gli stimoli più forti mi vengono dalla pittura del passato, dalla musica, dalla letteratura e dal fumetto. Una suggestione importante è poi per me quella del teatro: non perché pensi ad un autore o ad un’opera in particolare, ma perché intendo la pittura come la “messinscena” di un’idea, la realizzazione, non naturalistica ma necessariamente “artificiosa”, di un’azione o di una narrazione.
I tuoi disegni più recenti hanno virato verso tonalità sempre più accese, a volte quasi violente, ed anche i temi si sono diversificati fino ad arrivare ad alcuni soggetti erotici che non avevi mai trattato prima. Che cosa rappresentano per te questi pastelli? Sono più interessato al risultato formale della tecnica che al soggetto del disegno (che spesso è un semplice pretesto). Con il pastello, infatti, sono particolarmente stimolato a liberare la mano, usando colori, certi viola ad esempio, che su tavola non uso mai.
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[PDF] Otium et negotium
STILE ARTE 2009