Quadri ampi, analitici eppur astratti, che colpiscono per la verità ricostruita. Origami immensi, ingranditi, che appaiono come carte o stoffe concrete, da toccare, in rilievo. Pieghe e superfici dipinte. Marica Fasoli, artista dalle grandi doti tecniche (e non solo tecniche), orientate a un iperrealismo che ha elaborato, nel tempo in una chiave pop – isolando cioè oggetti quotidiani e popolari, in un’evidenza statuaria -, ora percorre, nel nuovo felicissimo periodo, il rapporto tra luce e ombra, tra rilievo e depressione, tra forma e caos, in questi ampi ed eleganti quadri di origami. Il realismo è a un punto tale, al di là di se stesso, che i dipinti appaiono davvero carte giapponesi piegate o pezzi di cielo di Giulio Romano dominati da Zeus, brillanti, diamanti, gemme geometriche, che spesso assumono i colori déco dei tessuti della de Lempicka. Non ho usato volutamente termini quali trompe-oeil, illusione ottica, inganno visivo. Perchè il fine di Marica Fasoli – pur imponendo sé stessa come virtuosa – non è quello di un prestigiatore che fa apparire o scomparire la materia. In lei si fa avanti questa programmatica nobilitazione dei materiali visivi all’apparenza poveri, ai quali riservare una tale celebrazione ottica da trasformarli in qualcosa che è battuto da un vento-luce divino. Marica Fasoli interpreta il rapporto tra ordine e caos. Tra fuga e programmatico incasellamento. E’ questa tensione tra la compressione dell’ordine e la necessità di fuga dei particolari compressi che si sviluppa quell’immota tensione esplosiva che ci segnala, in un ticchettio bello e inquietante, l’avvento costante di una deflagrazione rinviata.(maurizio bernardelli curuz)
STATEMENT
di Marica Fasoli
Mi ha sempre affascinato…..questo oggetto semplice, umile, bistrattato….che troviamo dappertutto…
Abbiamo pure provato ad eliminarla…..ma è impossibile…gettata via, per terra, dopo averla utilizzata, oppure custodita come una reliquia…
LA CARTA
Vi racconto una storia…
Sadako Sasaki, una bambina esposta alle radiazioni della bomba atomica di Hiroshima quando aveva 4 anni, si ammalò di leucemia all’età di 10. La bambina iniziò allora a piegare le mille gru, ma morì prima. Aveva piegato 644 gru. Degli amici portarono a compimento la sua opera e raccogliendo fondi le venne eretta una statua nel Parco della Pace di Hiroshima: una ragazza in piedi con le mani aperte ed una gru che spicca il volo dalla punta delle sue dita. Ogni anno questo monumento è adornato con migliaia di corone di mille gru.
Questa storia fa riferimento al particolare valore della gru come simbolo di immortalità e alla leggenda secondo la quale chiunque pieghi mille gru vedrà i desideri del proprio cuore esauditi e mi ha fatto molto riflettere sull’uso di questo materiale, che con la sua estrema fragilità e complessità, rappresenta la fine delle cose finalizzata ad una continua rinascita.
Gli origami sono definiti “inutili come la poesia”, la loro creazione come una “danza delle mani” e hanno una valenza fortemente meditativa e sacrale, infatti ori significa “piegare” e kami vuole dire “ carta” ma anche “divinità”.
Nelle mie opere voglio rappresentare proprio il ciclo vitale, partendo da un origami per arrivare a ciò che ne rimane dopo averlo dispiegato, spingendo l’osservatore ad una riflessione profonda sulla creazione e sulla distruzione, sulla nascita e sulla morte, in un continuo ciclo che si ripete.
MARICA FASOLI
Veronese, dopo il diploma artistico ha studiato restauro, a Santa Paola a Mantova col massimo dei voti;
ciò LE ha permesso di collaborare, tra l’altro, al restauro di dipinti di scuola di Tiziano eCignaroli
e degli affreschi giotteschi a Santa Chiara ad Assisi danneggiati dal terremoto.
Dopo una decina di anni spesi in questa attività, la passione per la pittura è
ri-esplosa prepotente, e, dal 2007/8 in poi, si è totalmente dedicata all’iperrealismo,
pur se in chiave pop-tridimensionale, esponendo regolarmente in gallerie, musei,
fondazioni ed artefiere.
Nel suo lavoro il tema della carta è sempre stato presente, prima con le ‘scatole’ (2010-mostra personale a Milano curata da Luca Beatrice; 2013 personale ai Musei di Santa Giulia a Brescia curata
da Alberto D’Atanasio), poi con piccoli ‘pacchetti’ (personale a Varese curata l’anno scorso da Alessandra Redaelli alla galleria Punto sull’Arte).
“Ma l’iperrealismo fine a se stesso ha evidenti limiti, anche se ho cercato sempre di caratterizzarlo con dei significati/concetti piu’ o meno evidenti…il rischio dell’autoreferenzialità
è sempre dietro l’angolo – mi scrive Marica Fasoli – Negli ultimi mesi ho lavorato su nuovi lavori cercando di sganciarmi da una matrice strettamente figurativa ed iperrealista, che potesse dare piu’ chiavi di lettura…
Come spesso accade, si trova la strada facendo qualcos’altro.Avevo appena realizzato un origami (li ho sempre fatti…mi affascinano da sempre, anche dal punto di vista teorico), quando, dispiegando la carta per farne un altro, ecco la magia; sulla carta era rimasta una figura geometrica astratta eppure dannatamente reale. Ho provato subito a realizzarla su tela; ed il risultato è eccellente. Avevo trovato quello che cercavo”.
“Un incrocio tra astrazione, figurazione, concettuale, arte analitica, forme geometriche…col mistero dell’origine da cui derivano… Crane (gru in inglese) è stato esposto a Mantova alla Casa del Mantegna in una bellissima collettiva di artisti giovani under 40; Unicorn è esposto fino a giugno a Bologna al Museo Ca La Ghironda e Frog a Torino a Palazzo Barolo per tutto il mese di aprile”.
Marica Fasoli, le avventure divine degli origami dipinti
Il realismo è a un punto tale, al di là di se stesso, che i dipinti appaiono davvero carte giapponesi piegate o pezzi di cielo di Giulio Romano dominati da Zeus, brillanti, diamanti gemme geometriche, che spesso assumono i colori déco dei tessuti della de Lempicka. Non ho usato volutamente termini quali trompe-oeil, illusione ottica, inganno visivo. Perchè il fine di Marica Fasoli - pur imponendo sé stessa come virtuosa - non è quello di un prestigiatore che fa apparire o scomparire la materia. In lei si fa avanti questa programmatica nobilitazione dei materiali visivi all'apparenza poveri, ai quali riservare una tale celebrazione ottica da trasformarli in qualcosa che è battuto da un vento-luce divino. Marica Fasoli interpreta il rapporto tra ordine e caos