Press "Enter" to skip to content

Modigliani e la scandalosa modella Elvira. Ritratto inedito e foto di nudo. I nuovi indirizzi della ricerca



di Roberto Manescalchi
Per diventare Amedeo Modigliani, il pittore che nacque a Livorno nel 1884, si dovette recare a Parigi e lo fece esattamente nel 1906. Stante che morì il 24 gennaio del 1920, secondo alcuni ebbe appena 14 anni per diventare il pittore più importante del Novecento. A Parigi incontrò tutti, ma non fu postimpressionista, cubista, fauvista, surrealista, dadaista e neanche futurista. Anzi, al riguardo abbiamo la testimonianza precisa di Gino Severini che nel suo: “Vita di un pittore” ci racconta esplicitamente del rifiuto di Modigliani di aderire al movimento che pure fu l’unico movimento italiano di respiro europeo di quella stagione. «Queste manifestazioni non gli andavano, il complementarismo congenito lo fece ridere, e con ragione, perciò invece di aderire mi sconsigliò di mettermi in quelle storie; ma io avevo troppa affezione fraterna per Boccioni, inoltre ero, e sono sempre stato pronto ad accettare l’avventura […]»
Modigliani quindi un emarginato nella Parigi dei primi decenni del Novecento? Non direi, colto è raffinato per provenienza di ceto ed educazione familiare è assolutamente padrone di tutte le conquiste formali e concettuali dei Macchiaioli – di gran lunga la prima corrente artistica dell’Ottocento italiano -.
La scuola del nudo frequentata presso l’ Accademia Fiorentina nel 1902 lo aveva posto in contatto diretto con Giovanni Fattori il capofila dell’avanguardia della pittura toscana. Le probabili visite al contiguo museo e in galleria degli Uffizi lo avevano già esposto al fuoco di quelle che devono essere state le fucilate tirate al suo cervello da Piero della Francesca, Botticelli, Michelangelo e Leonardo. Si parla spesso di influenza dei primitivi in Modigliani. Permettetemi di dissentire: niente di più pierfrancescano e meno primitivo, anche se prepotentemente materico e carnale, del suo nudo disteso che ho chiamato Elvira (collez. privata, inedito, cm 33 x cm 54 ) e che fu realizzato probabilmente del 1912 (qui sotto).

Replicato poi in dimensioni maggiori (cm 60 x 92 quasi il doppio), pur nella sostanziale perfezione dei rapporti dimensionali e delle proporzioni, anche se con cromia leggermente diversa e probabilmente funzionale ad esigenze espositive, per la mostra del 1917.

Quella che, secondo noi, è la replica del dipinto del 1912, oggi nota come Nu Couché, fu tra le opere ritenute sconcerta quelle presenti nell’ esposizione organizzata da Berthe Weill (gallerista di Pablo Picasso). Era il 3 dicembre del 1917 quando dopo poche ore dall’apertura della mostra il commissario Rousselot (uno di cui la storia sembra giustamente aver perso il nome -noi non lo abbiamo reperito anche se, ad onor del vero, la ricerca non è stata granché seria-) la inserì tra le “porcherie” che determinarono la subitanea chiusura dell’esposizione. In vetrina per volere di Léopold Zbrorowski -in quel momento mercante di Modigliani- che voleva attirare l’attenzione (lo fece!) proprio il Nu Couché! Quella che sarebbe divenuta la terza opera d’arte più cara al mondo dopo il Salvator Mundi di Leonardo che crediamo di Boltraffio e per questo non abbiamo partecipato all’asta e Le donne di Algeri di Picasso versione “O”. “Ma tutta l’arte classica è piena di nudi!” protesterà Berthe e sembra che il commissario abbia chiosato che “Si… ma in questi si vedono i peli del pube!”. Mi sono abbondantemente divagato… scusate! Prima di arrivare a Parigi, il giovane Modi era transitato da Napoli e Roma in viaggio d’istruzione nel solco di una grande tradizione che fonda nel medioevo anche se tutti scrivono che per il manifestarsi di tubercolosi lo zio Amedeo finanziò a lui e alla madre un viaggio al sud. Sia come sia il già malato o presunto tale scoprì le chiese di Napoli e certamente il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino che, come noto, non è Brancusi. Nel museo archeologico inizia a prender cognizione del valore di Phi che le natiche della Callipigia non sono mica uno scherzo. Sulla via del ritorno Roma antica sicuramente lo folgorò. Che non sia passato dalle parti di San Luigi dei Francesi o da Santa Maria del Popolo non vi azzardate neanche a pensarlo che poi mi vien voglia di dimostrarvi che conosceva benissimo quel pazzo di Caravaggio e prima o poi, tempo permettendo, lo farò di sicuro. Sfatiamo una volta per tutte i raccontini della figlia Jeanne e o similari. Non si fa la storia dell’arte per predestinazione, non la si fa con autoreferenziazioni e certamente men che meno per eredità genetica. Abbiamo visto come sono finiti gli Archivi Legali da lei fondati.
Vero che i primi sanatori verranno qualche anno dopo, ma è alquanto singolare che dopo Napoli e Roma il giovane Modigliani si sia ritrovato a Venezia dal 1903 al 1905. A curarsi tra i miasmi della laguna o a studiare? Tappa obbligata, secondo noi, di un tour pianificato in modo razionale e scientifico. Tra l’altro in Dorsoduro abitò vicinissimo alle Gallerie dell’Accademia. Arriva quindi a Parigi nel 1906 e tra tutte le altre cose, dopo frequentazione dell’Accademia veneziana – ancora scuola del nudo – e qualche bordello per continuare ad esercitarsi e non perder la mano, si porta dietro anche tutta la carne che muove dai sonetti lussuriosi e sconci dell’Aretino e dalle femmine, il termine non è casuale, di Giorgione e Tiziano. Quando nel 1906 arriva nella capitale francese il nostro è di gran lunga il più erudito tra gli artisti allora presenti nella Ville Lumiere. Bellissimo e raffinatamente colto, ha il fascino perverso del maledetto in possesso di sofisticatissime chiavi di lettura della realtà della fauna che lo circonda e di cui può disporre a piacimento. Si perde tra fiumi d’assenzio e fumi di hashish (ne ha sempre un paio di prese nel taschino delle sue elegantissime giubbe di fustagno maremmano) perché oltre all’artista ha piena coscienza anche della già necessaria ricerca del personaggio. Si proprio quella che imperversa oggi sui social a suon di ormai inutili e insulsi like, a volte anche comprati, e scoperta a Milano con almeno un secolo di ritardo. Un Antinoo (che sta per apollineo o se più vi piace meravigliosamente bello) per Anselmo Bucci che fu con lui nella Parigi di quegli anni e che del bello, lui che fu tra i maestri del Novecento, qualche cosa sapeva. Un principe adorato da tutti e un dio per le donne secondo Jean Cocteau (poeta, saggista, drammaturgo, sceneggiatore, disegnatore, scrittore, librettista, regista ed attore… aggiungete pure che il tipo fu certo versatile). Non un predestinato quindi ma un preparato lungamente, fin dall’infanzia, per diventare l’artista più importante del Novecento… solo per ristabilire un minimo di verità. Un Dio per le donne ci dice Cocteau… a noi, in funzione dell’opera presentata ne sovviene, meravigliosa una. La più bella puttana di Parigi: Elvira’’La Quique’ – la dolce cicalina – tradotto molto liberamente. Un inno divino alla sensualità e un viso d’angelo. Crediamo di non sbagliare a ritenere che sia lei nelle due vecchie foto che vi proponiamo. Ci sovviene prepotentemente la rappresentazione del suo nudo disteso (qui sotto )

attraverso la foto in cui si mostra discinta sulla scena in uno degli atelier degli Alexandre probabilmente al Delta. Ci pare infatti di riconoscere Jean Alexandre dietro il divano (qui sotto).

Forse in una festa in casa degli Alexandre, invece, che ci paiono presenti entrambi i fratelli (qui sotto),

la vediamo come angelo di bianco vestita, con le gambe accavallate, che mostra le sue splendide e lunghissime alate cosce. Se non è lei è come se lo fosse che il nudo e ritratto di Elvira di Modigliani – il ritratto è tratto dal particolare ribaltato orizzontalmente del dipinto del Saint Louis Art Museum – (qui sotto) sono la rappresentazione precisa di questa donna.


La storia dell’arte si fa anche attraverso le emozioni e o suggestioni che le opere trasmettono e questo vale anche per vecchie fotografie. Sappiamo, in quel periodo, della frequentazione di un’altra notevole, ovviamente per bellezza, prostituta da parte di Modì. La bella Gaby, questo il suo nome. Sembra che Modì la condividesse con il suo protettore e amante. Ai fini della nostra storia, in assenza di documenti precisi, cambia poco o nulla… se non vi piace Elvira chiamate pure Gaby il nostro inedito nudo, ma nei biografi del pittore la figura di Elvira a noi sembra, forse son solo sensazioni, più pregnante e precisa al caso. Non poteva essere la donna di Modigliani Elvira che era donna dei sogni di tutti, ma da quando si sono incontrati i due non si sono mai lasciati. Pare che abbiano continuato a vedersi anche dopo che il pittore si era costruito un legame solido e stabile con Jeanne Hebuterne da cui ebbe una figlia. La leggenda vuole (noi non sappiamo se è vero) che l’umanità di Elvira abbia spinto la donna fin sulla tomba della sventurata Jeanne, moglie suicida del pittore, per un mazzo di fiori. Secondo la figlia dell’artista suo padre ed Elvira si sarebbero rinchiusi, muniti di tele, colori, alcool e droghe nello studio della place J.-B. Clément. Siccome Modigliani non abitò più li dopo il 1912 il gioco sembrerebbe fatto. Lo studio testimone dell’incontro con Elvira, secondo altri, potrebbe essere, invece, quello di Rue Ravignan (spesso confuso con il primo menzionato) e quindi l’incontro posticipato al 1914. Propendiamo per la prima ipotesi perché abbiamo buoni motivi per sostenere che il nostro nudo sia stato in proprietà di Paul Alexandre e non di Paul Guillaume che nel frattempo era subentrato al primo amico e mercante del livornese. Poi se si trattasse realmente di Elvira ci sarebbe da aggiungere che la foto nuda la mostra pregnante di pochi mesi e la stessa è datata febbraio 1913. Nel nudo di Modì la donna non è ancora incinta e quindi si potrebbe ragionevolmente supporre che il dipinto sia di qualche mese anteriore. Sappiamo anche che la critica da il ritratto di Elvira come dipinto nel 1919, ma se non ci fosse un qualche mistero in una donna… la stessa saprebbe di poco. Del resto dall’incontro, che sia avvenuto nel 1912, come noi sosteniamo, o nel 1914, a un dipinto del 1919 il tempo sarebbe comunque molto e probabilmente troppo. Se realmente c’erano anche tele e colori oltre ad alcol e droghe in quella stanza non può esserci stato solo sesso sfrenato. Qualche dipinto di Elvira, testimonianza dell’incontro, deve pur esserci… o no? La cifra stilistica delle opere del 1912 parrebbe escludere la possibile datazione del nostro nudo a quel periodo, ma crediamo fermamente, che la cronologia delle opere debba essere rivista in abbondanza e che molte prove debbano essere pesantemente retrodatate. Tutti i biografi di Modigliani seguono più o meno bovinamente la catalogazione classificazione di Arthur Pfannstiel e Ambrogio Ceroni. Il primo fu pittore di scarso successo, poi traduttore, nazista ed infine lo abbiamo scoperto anche storico dell’arte. Il secondo bancario, perito per banche e case d’asta divenne infine ed in ultimo critico d’arte. Il nudo oggi proposto ha la consistenza che deriva dalla statuaria classica. La donna in stato di piacevole abbandono e con gli occhi socchiusi è in posizione di offerta, meglio si è già offerta. Il corpo disteso sulla tela è testimonianza precisa ed inoppugnabile di perfetta conoscenza del medesimo da parte di chi lo dipinge e, testimonianza indiscussa di amplessi ripetuti e reali, esce dalla tela per provocare ed accarezzare ancora insistentemente colui che lo sta dipingendo. Quest’opera muove direttamente dalla carne profumata e dalla voluttà di Elvira. Più freddo, staccato e, come accennato, dipinto probabilmente per precise esigenze espositive, pur sempre meraviglioso, ci pare il Nu Couché che sembra essere piuttosto dolce ricordo sorretto da questa splendida, più intima, tela.