di Paolo Pietta
Stile intervista Marc Restellini, co-direttore del Musée du Luxembourg
Lei ha affermato, parlando di Gustav Rau: “Non conosciamo nessun collezionista che abbia da solo raccolto opere che spaziano in sei secoli di storia dell’arte, rivelando una scelta altrettanto raffinata e di eguale pregio”. Può esprimere un breve commento in proposito?
Ritengo che la collezione Rau presenti inequivocabilmente le caratteristiche dell’unicità. E’ il ritratto che un uomo ha fatto a se stesso, attraverso i criteri di scelta che presiedono la raccolta e che contribuiscono ad offrire, in modo indiretto, la ricostruzione di una personalità importante. Non conosciamo alcun collezionista che abbia, da solo, raccolto opere che spaziano su tanti secoli della storia dell’arte, e ciò con una notevole raffinatezza, attraverso una reale scelta qualitativa. Normalmente i collezionisti scelgono un particolare periodo storico. Buona parte degli appassionati si rivolge all’Ottocento e al Novecento. Spaziare su più secoli dell’arte occidentale, significa, in qualche modo, accettare il confronto con le collezioni pubbliche e con i musei. Ebbene: la collezione Rau non ha nulla da invidiare alle maggiori pinacoteche del mondo. Egli non ha voluto escludere, in questa documentazione storico-estetica del percorso compiuto in Europa, nessun periodo, nessuna regione geografica, né tanto meno alcuna scuola pittorica.
La mostra di Bergamo si configura come un affascinante viaggio nella pittura occidentale. Le chiediamo di segnalare ai nostri lettori quelle che, a suo giudizio, sono le opere più significative proposte.
In verità dovrei avere a disposizione il tempo necessario per fare un elenco dettagliato dei quadri presenti alla mostra bergamasca. Tutti i dipinti hanno una particolarità che merita d’essere segnalata. Potrei dire Fragonard, come Monet e Cézanne, oppure, virando rapidamente e tornando indietro nel tempo, potrei parlare di Guido Reni e di Caracciolo… Ma certo sarebbe una visione parziale. Una collezione si compone attraverso ciò che esiste, ma soprattutto attraverso ciò che manca. Abbiamo parlato, in precedenza, della completezza della raccolta Rau. Eppure – se osserviamo con attenzione l’articolato percorso storico attraverso gli autori – vediamo che il collezionista lasciò uno spazio nella costruzione della propria storia dell’arte. Il buco è costituito dall’assenza di Picasso. Un’assenza voluta, cercata. La deformazione nella rappresentazione della natura, a giudizio di Rau, doveva arrestarsi con gli amatissimi Fauves e non poteva essere portata alle estreme conseguenze, come avviene in Picasso. Il dottore non nascondeva peraltro di essere affezionato al movimento Fauve (le cosiddette “Belve”, che portarono la pittura verso un selvaggio e aggressivo azzeramento dei valori estetici tradizionali, ndr) e all’Espressionismo. Venendo molto più in qua, nel tempo, troviamo un’importante natura morta di Morandi… La mostra consente insomma al visitatore di maturare un’idea molto completa della collezione e di giudicare la vastità del lavoro compiuto da Gustav Rau in circa trent’anni. Attraverso questa eccezionale raccolta si rivelano le scelte particolarmente oculate di un grande amatore d’arte che solo in alcuni casi confidava sull’aiuto e il consiglio altrui.
Come si è giunti alla decisione di portare la collezione Rau all’Accademia Carrara? E quali sono le ulteriori tappe espositive?
I contatti con l’Italia si sono intensificati durante la preparazione della mostra dedicata al tema del ritratto in Raffaello. La mostra di Bergamo è anche frutto di quel lavoro. Ulteriori tappe in Italia? Credo proprio di no. Abbiamo in programma esposizioni in Spagna e in America del Sud, ma, a quanto mi risulta, quella di Bergamo è l’unica tappa italiana. A meno che gli italiani – e lei conosce gli italiani – decidano altrimenti.
Anche lei ha origini italiane…
Mio nonno era italiano. Non so da dove venisse, con esattezza. Durante il mio soggiorno a Bergamo, per la mostra, ho incontrato persone che mi hanno detto che il mio cognome potrebbe essere riferito all’area di Domodossola.