[E’] stato un giorno molto importante per la città di Milano e non solo per il capoluogo lombardo: l’inaugurazione del Grande Museo del Duomo e la presentazione del riallestimento dell’Archivio della Veneranda Fabbrica. L’eccezionale nuovo polo espositivo, che rappresenta una perla all’occhiello per la città meneghina, trova i suoi spazi in ventisette sale e tredici aree tematiche, poste nell’adiacente Palazzo Reale, grazie alla disponibilità del Comune di Milano e al rinnovamento e all’allestimento dell’architetto Guido Canali. In esso troveranno spazio sculture, pitture, vetrate, arazzi e modellini architettonici, legati alla lunga storia esecutiva del Duomo stesso, una storia che prende il suo avvio nel 1386 per volere del Duca Gian Galeazzo Visconti, inserendo l’architettura lombarda in un contesto internazionale.
E la presentazione ha voluto essere internazionale, perché l’anteprima mondiale si è tenuta, ben sette giorni fa, al Museo di Storia Contemporanea di Mosca, con il supporto dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto di Cultura. Tra gli interventi quello del prof. Angelo Caloia, presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, l’arciprete del Duomo, Mons. Gianantonio Borgonovo e del progettista e i suoi collaboratori , il già citato Guido Canali. Tra le molte autorità era presente il Nunzio Apostolico della Federazione Russa, S.E. Mons. Ivan Jurkovic, il prof. Adriano Dell’Asta, direttore artistico dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, il dott. Enzo Marongiu, il Primo Segretario dell’Ambasciata d’Italia e il direttore della rivista Patriarcato, Sergej Chapnin, oltre a moltissimi altri personaggi di spicco nel mondo culturale. Milano si prepara all’Expo 2015 in modo degnissimo e con grande lungimiranza, perché quando verranno spenti i riflettori sull’inaugurazione la città consegnerà agli studiosi e ai ricercatori un patrimonio immenso da cui partiranno nuovi studi e piccole grandi scoperte. Chi solo ha avuto l’occasione di avvicinarsi all’Archivio della Veneranda Fabbrica, si è certi che ne avrà già preso consapevolezza, trattenendo di esso un ricordo indelebile. Entrando al civico 1 di via dell’Arcivescovado, lasciando alle spalle la folla e il rumore di piazza Duomo e di Corso Vittorio Emanuele II, percorrendo quindi la scala marmorea di un condomino milanese, elegante ma anonimo, avrà suonato a una porta e subito avrà avuto la sensazione di accedere in un sacrario, un sacrario, dalle pareti lignee, del sapere, in cui i responsabili, persone di profonda cultura e passione per il loro lavoro, si saranno messi a sua disposizione per aiutarlo nelle ricerche. Con grande gentilezza avranno condiviso le loro conoscenze e gli saranno state al fianco, cercando di rispondere ai dubbi, agli interrogativi, appassionandosi con lui, perché quando si tratta di studi inediti molti ostacoli vanno superati e molte strade vanno percorse. Quando lo studioso sarà uscito e si sarà nuovamente immerso nella realtà, con un bagaglio colmo di notizie, informazioni, con tanti traguardi raggiunti, avrà trovato una certa difficoltà ad affrontare il ritorno a casa, perché là avrebbe voluto tornare, là avrebbe voluto stare più a lungo.Aveva trovato quello che avrebbe voluto, anzi meglio dovrebbe trovare in tutti gli archivi o depositi museali: l’amore per la ricerca, la preparazione dei funzionari e la loro disponibilità. Queste caratteristiche sono presenti in molti di questi luoghi, purtroppo in non tutti.
E per i lettori di Stile Arte un piccolo studio su una delle 3400 statue che ornano il Duomo, avviato nell’Archivio della Veneranda Fabbrica, con il quale potranno addentrarsi nelle modalità di una commissione ottocentesca. La scelta, quale omaggio alla città meneghina, cade inevitabilmente su San Babila, santo particolarmente caro ai milanesi, scolpita da Giovanni Emanueli (1817-1894) nel 1869 per il fianco meridionale. La statua di San Babila rappresenta per lo scultore la terza commissione di cui ebbe incarico dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, preceduta da quella di un Angelo custode nel 1858 e da San Mirocleto nel 1861. San Babila ( -250) fu vescovo di Antiochia nella prima metà del III secolo e morì in prigione o fu decapitato durante le persecuzioni bandite dall’imperatore Decio (249-251). La sua vita e la sua storia sono narrate nei fatti essenziali da Eusebio di Cesarea (265-340) e successivamente da Giovanni Crisostomo (344-354 – 407). Purtroppo però quest’ultima e dettagliata fonte pone non pochi interrogativi riguardo lo svolgersi degli eventi e i nomi dei protagonisti. Sembrerebbe che San Babila avesse vietato all’imperatore cristiano di entrare in chiesa, perché aveva ucciso il figlio di un re barbaro, ricevuto come ostaggio in segno di pace. La conseguenza immediata fu che il vescovo venne arrestato e quindi condannato a morte, alcune fonti ritengono insieme a tre fanciulli, suoi fedeli discepoli, che spesso appaiono nelle raffigurazioni. San Babila prima di essere ucciso chiese di essere sepolto con le catene della prigionia, attributo che iconograficamente lo contraddistingue. In data 24 maggio 1868 viene affidata a Giovanni Emanueli l’esecuzione della statua, che avrebbe trovato collocazione all’esterno del finestrone della cappella di S. Giovanni Bono, nel primo ordine. L’artista si impegnava a presentare per il 15 settembre di quell’anno un modello in creta di non meno di settanta centimetri. Accettava inoltre che il modello sarebbe stato esaminato da una commissione scelta nell’Accademia di Belle Arti di Brera e si rendeva disponibile anche ad apportare le eventuali correzioni suggerite. L’opera terminata sarebbe stata quindi consegnata da Emanueli per la fine dell’aprile 1869, insieme ad un modello in scagliola che sarebbe rimasto di proprietà della Veneranda Fabbrica. Veniva concordato il compenso pari a £.1500, cifra superiore rispetto alle precedenti realizzazioni, forse perché l’artista aveva acquisito una maggior notorietà o anche per l’importanza che nella città rivestiva la figura di San Babila. Nel contratto di commissione appare anche il nome del marchese Francesco Cusani (1802-1879), noto per essere l’autore della Storia di Milano, che era incaricato di esaminare il modello in creta e sarebbe stato il referente diretto per lo scultore che avrebbe potuto: “(…) dirigersi al medesimo onde avere le preliminari nozioni che credesse aver bisogno relativamente al costume, carattere e gesta del personaggio che deve rappresentare la statua ordinata, allo scopo di disporre il modello in creta il quale per essere ammesso dovrà venir approvato oltre la solita Commissione artistica, anche dal sullodato Sig. Marchese Cusani per la parte storica riferibile all’epoca in cui viveva il personaggio da scolpirsi (…)”.L’opera fu consegnata il 23 agosto 1869 con qualche mese di ritardo rispetto a quanto pattuito e prima di essere collocata fu portata in mostra all’annuale Esposizione dell’Accademia di Brera .
La statua di San Babila si trova non molto distante dalla Santa Tecla di Giuseppe Grandi, che per il modellato mosso e per le scelte stilistiche suscitò grande indignazione; questo confronto mette maggiormente in evidenza come il lessico stilistico del nostro sia ancora molto legato alla tradizione sia neoclassica che di matrice rinascimentale e seicentesca, tipicamente lombarda.
Lo schema accademico, però, appare riscaldato dalla naturalezza della posa del martire, dal volto pensieroso leggermente inchinato in avanti, dall’intensità dello sguardo dato dai sopraccigli corrucciati e dalle palpebre ricurve. Allo stesso modo la semplicità della tunica, a pieghe morbide, non regolari e convergenti alla vita, coperta da una clamide all’antica da cui esce la stola vescovile, ornata da croci greche, conferisce alla figura una composta e maestosa solennità accresciuta anche dall’attenzione dei particolari che caratterizzano individualmente l’immagine. La statua di San Babila riesce perciò in parte a sottrarsi dall’uniformità imposta dalla rigida committenza, che non si può certo ritenere orientata verso la modernità, e riesce anche a dare espressione del periodo di trapasso in cui fu eseguita.
Un grazie dunque a questa meravigliosa iniziativa che darà grande luce al Comune di Milano e un altrettanto sentito grazie ai funzionari della Veneranda Fabbrica del Duomo, che da anni rappresentano una luce altrettanto grande per tutti i ricercatori.
Per approfondimenti:
http://www.duomomilano.it/it/
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