La quotidianità viene esplorata dallo scultore nei termini di un’arcaica poesia.
Le opere dello scultore bresciano Oreste Pezzola rappresentano un intenso connubio fra creatività e approfondita conoscenza dei materiali e delle tecniche. Nato ad Orzinuovi nel 1926, Pezzola si trasferisce a Lumezzane nel 1945, dopo essere sfuggito alla deportazione nazista. Trova impiego in un’azienda meccanica, dove apprende i segreti della costruzione di stampi e perfeziona la tecnica di incisione delle matrici. La sua carriera è rapida: nel 1960 apre una propria officina, in cui realizza stampi destinati a vari settori industriali. Frattanto sviluppa la propria ricerca artistica. Nel 1995, decide di abbandonare l’attività imprenditoriale per dedicarsi completamente alla scultura, la passione di una vita. La lunga esperienza di incisore, unita agli studi condotti con maestri come Guido Casari, del quale ha frequentato le lezioni di anatomia applicata all’arte, hanno consentito a Pezzola di eseguire opere suggestive, nelle quali l’aderenza al vero viene avvolta dal velo della poesia.
La scultura è modellata dall’artista, che crea una copia cava in cera, cui sono applicate le colate per favorire il reflusso di bronzo fuso. La forma viene cotta in forno per circa una settimana, in modo da far sciogliere la cera – un procedimento definito, appunto, “a cera persa” – e realizzare, in questo modo, un’impronta che andrà poi riempita con il bronzo. Seguono la pulitura, la rifinitura e la lucidatura. Plasmata con le mani, l’opera viene fissata nel fuoco e cesellata ad arte. Un’azione lenta e minuziosa, che permette ad Oreste Pezzola di dar vita a sculture dalle quali emergono una visione dolcemente sentimentale della realtà e, nel canto di un segmento quotidiano, l’esplorazione del mondo del lavoro come un universo semplice, ma ricco di valori.