Per chi fu costruita la Tomba del cane e cosa contiene? Il mistero svelato del monumento di Brescia

Il progetto porta la firma prestigiosa di Rodolfo Vantini (1792-1856) e l'opera bresciana fu terminata dall’allievo Giuseppe Cassa. L’architetto aveva disegnato un monumento sepolcrale di chiare forme neogotiche, ispirandosi alle trecentesche Arche Scaligere veronesi, nel quale confluivano, oltre a scelte ancora neoclassiche, anche le forme e il fascino dell’architettura egizia e l’inedito utilizzo della ghisa per le cuspidi delle guglie

Il progetto porta la firma prestigiosa di Rodolfo Vantini (1792-1856) e l’opera bresciana fu terminata dall’allievo Giuseppe Cassa. L’architetto aveva disegnato un monumento sepolcrale di chiare forme neogotiche, ispirandosi alle trecentesche Arche Scaligere veronesi, nel quale confluivano, oltre a scelte ancora neoclassiche, anche le forme e il fascino dell’architettura egizia e l’inedito utilizzo della ghisa per le cuspidi delle guglie

di Adriana Conconi Fedrigolli

Con il testamento del 23 dicembre 1837 il commerciante Angelo Bonomini lasciava unico erede l’Ospedale Maggiore di Brescia. Inseriva tra le clausole che fosse eretta una tomba, nel ronco di S. Fiorano di sua proprietà, in ricordo suo e del caro amico Giuseppe Simoni, da poco scomparso.

La statua di Arnaldo sembra indicare la Tomba del Cane, edificio neo-gotico progettato da Vantini e costruito sulla collina dei Ronchi

Il 3 luglio 1847, a seguito della morte di Bonomini, avvenuta il 1° dicembre 1841, l’amministratore degli Spedali e Pii Luoghi Riuniti, Antonio Pitozzi, bandiva un concorso pubblico per la realizzazione del monumento sepolcrale ed eleggeva una commissione formata dal conte Luigi Lechi (1786-1867), dal pittore Luigi Basiletti (1788-1859) e dall’architetto Luigi Donegani (1793-1855).

Con ordinanza del 31 ottobre 1855 fu reso noto che era stato scelto, con delle piccole modifiche, il progetto contrassegnato dall’epigrafe tratta dal primo canto dell’Inferno dantesco: “ Ch’io fui per ritornar più volte volto”, ritenendo “l’insieme elegante e leggero  (…) tanto per le sue dimensioni che per le sue forme, adatte al luogo ove andrebbe collocato”.

Il progetto portava la firma prestigiosa di Rodolfo Vantini (1792-1856) che, purtroppo, non ebbe il tempo di vedere conclusa l’opera, terminata successivamente dall’allievo, ing. Giuseppe Cassa (1820-1861).

L’architetto aveva disegnato un monumento sepolcrale di chiare forme neogotiche, ispirandosi alle trecentesche Arche Scaligere veronesi, nel quale confluivano, oltre a scelte ancora neoclassiche, anche le forme e il fascino dell’architettura egizia e l’inedito utilizzo della ghisa per le cuspidi delle guglie.

L’opera si componeva di un alto basamento cubico su cui erano posti, al primo piano, i sarcofagi, protetti da una copertura piramidale, con i quattro vertici della base nel centro di ogni lato, con uno spostamento di 45°, riprendendo le soluzioni presenti nelle torri campanarie delle chiese alto – medioevali del nord della Francia e della Renania, visitate nel 1847 personalmente dal Vantini. Tale copertura trovava sostegno in quattro pilastri angolari a tabernacolo posti ai lati, in cui erano alloggiate le statue raffiguranti l’Agricoltura, le Belle Arti, le Arti Industriali e il Commercio, con evidente rimando a come le immagini delle arti visive seguivano il rinnovamento dell’idee, mutando con esse le loro tematiche e simbologie rappresentative.

Al piano terra erano posti i  busti del committente Angelo Bonomini e del socio ed amico Giuseppe Simoni, come dalle richieste testamentarie del Bonomini stesso: “ (…) un Monumento Marmoreo in continuata memoria della Ditta Angelo Bonomini e Compagno, fregiato di iscrizioni ed emblemi che ricordino, ed  ornato dei busti dei due proprietari e rappresentanti la stessa, il rapitomi con dolore Giuseppe Simoni e me sottoscritto testatore (…)”. 

L’esecuzione e la messa in opera del monumento, in candido Botticino, fu affidata alla Ditta Gaffuri di Rezzato (Bs), mentre Giovanni Battista Lombardi fu interpellato, su consiglio di Simone Gaffuri, dell’omonima impresa, per la parte scultorea.

R.VANTINI, parte architettonica, G.B.LOMBARDI, parte scultorea, Monumento Bonomini conosciuto come La Tomba del cane, 1855-1858, pietra di Botticino, pietra di Viggiù, ghisa, Brescia, presso la Chiesa di S. Fiorano, Via Panoramica

Con contratto del 22 novembre 1856 l’artista si impegnava a consegnare per l’inizio del 1858 e non oltre il mese di marzo, alla cifra pattuita di £ Aus. 2247.48, quattro statue raffiguranti il Commercio, l’Agricoltura, le Belle Arti e le Arti Industriali, in pietra di Viggiù, per i tabernacoli esterni, e due busti, in marmo di Botticino, raffiguranti Angelo Bonomini e Giuseppe Simoni, da porsi  nella cella a piano terra.

In data 10 ottobre 1857 Lombardi scriveva da Roma per chiedere una proroga fino all’autunno dell’anno successivo. L’amministratore dell’ospedale, Antonio Pitozzi, con lettera del 22 ottobre, informava lo scultore dell’impossibilità di assecondare la richiesta perché il collaudo del monumento era stato fissato per il 19 maggio 1858. Lombardi rispondeva il 2 novembre che se non avessero accettato “con grande dispiacere trattandosi di opera del suo paese” si sarebbe ritenuto, come da clausola di contratto, sciolto dall’impegno.

A seguito della determinazione dello scultore l’amministratore Pitozzi decideva di acconsentire al ritardo e così si esprimeva il 13 gennaio 1858 nella lettera indirizzata all’Imperiale Regia Delegazione Provinciale in Brescia per informare dello stato dei lavori del monumento: “ (…) E’ dovere però dello scrivente di riferire che non trovandosi in misura il così encomiato Scultore Illustre Giambattista Lombardi, Concittadino, di poter consegnare nel mese di Marzo prossimo le assegnatagli quattro statuette, e i due Busti, siccome è convenuto, l’Amministratore scrivente per non perdere il vantaggio di avere un lavoro statuario di tanto autore e a mercede così misurata, reputò concedergli la chiesta dilazione a tutto 8bre prossimo (…)”. 

Il 22 settembre 1858 Lombardi scriveva all’Amministrazione per comunicare di trovarsi a Brescia e per informare che le quattro statue erano già a Viggiù (Va) per essere “sgrossate”, mentre i gessi dei due busti erano nell’officina di famiglia di Rezzato (Bs).

Nella lettera inviata il 4 dicembre 1858 allo scultore, Pitozzi, a seguito della perizia di due artisti, di cui non è riportato il nome, riferiva che i due busti richiedevano una “maggior finitezza” di lavoro per meritare il prezzo pattuito. 

All’interno del Monumento Bonomini, in cui il ricco committente e l’amico carissimo Giuseppe Simoni non furono mai sepolti, nonostante ciò fosse condizione imposta nel lascito; l’amministrazione dell’Ospedale, decise comunque di dar corso all’impresa sia per coerenza che per vincoli testamentari che avrebbero esposto il testamento al rischio d’impugnazione; la mancata traslazione dei feretri dal cimitero alla tomba sul Ronco non avvenne perché il Comune, responsabile della polizia mortuaria, non rilasciò permesso di sepoltura in un luogo esterno alle aree cimiteriali, nonostante, in altri casi, qualche deroga fosse concessa.

La tomba venne ritenuta, politicamente e socialmente, frutto di orgoglio eccessivo da parte di un commerciante che vedeva sé stesso e il suo compagno come antichi eroi della città? Tutto, comunque era formalmente rispettato. L’ospedale aveva realizzato uno splendido monumento, ma la richiesta di Bonomini – laddove immaginava sè e il compagno, nel sonno eterno, vicini come nella vita,  sotto il più bello ed evidente tetto funebre della città – risultava impraticabile poiché si poneva contro norme e leggi vigenti e pertanto la traslazione era impossibile per cause di forza maggiore, senza che ciò desse modo di rilevare la minima inadempienza degli amministratori rispetto alle clausole del legato. La donazione era salva. Dall’edificio neo-gotico scomparvero poi due busti ritratto, commissionati allo scultore insieme alle quattro statue, che ancora sono poste su geometrici piedistalli all’interno dei tabernacoli.
Lombardi attenendosi a tipologie rappresentative legate alla classicità, immagina le quattro figure come delle giovani fanciulle vestite all’antica. L’Agricoltura, avvolta in una lunga tunica che lascia scoperta una spalla, appare ritratta con un mazzo di spighe in una mano e  nell’altra un attrezzo del lavoro campestre.

Le Belle Arti, a cui purtroppo manca la parte inferiore del braccio destro, è raffigurata con una piccola fiamma sul capo, simbolo della genialità artistica, con una tavolozza e un rotolo di carta tra le mani, mentre ai suoi piedi è posto il mazzuolo dello scultore.

La terza figura, che personifica le Arti industriali ,  è caratterizzata, invece, da un pesante martello su una  spalla, e da un grosso ferro trafilato nella mano.

L’ultima, e iconograficamente fra tutte la più interessante, è l’assorta e interrogativa immagine del Commercio che con una pesante borsa poggiata a terra e con il dito indice puntato al mento si rivolge pensierosa verso l’osservatore.

G.B. LOMBARDI, Statua del commercio,1858, pietra di Viggiù, h. cm. 100 ca., tabernacolo a sud – est del Monumento Bonomini noto come La Tomba del cane, Brescia, presso la Chiesa di S. Fiorano, Via Panoramica
L’attenzione dello scultore si pone particolarmente sulla figura che meglio raffigura e incarna l’occupazione dei dedicatari che nella prima metà dell’Ottocento avevano avviato, in contrada del Palazzo Vecchio, attuale via Dante, il redditizio commercio di spezie, caffè, cacao, pepe, provenienti dalle colonie, di sete e di prodotti agricoli.

Ma perché si chiederanno il lettori, dopo questa lunga parte storica, il monumento che è uno dei simboli della città di Brescia, è da tutti conosciuto con il nome di Tomba del cane? Le leggende metropolitane sono molte e dalle colorate sfaccettature.

Alcuni narrano che in essa vi sia sepolto il cane di una giovane fanciulla che insidiata da un ufficiale austriaco sia stata difesa dal suo fido compagno, ucciso a colpi di pistola dal male intenzionato e che lì abbia trovato riposo.

Altri sostengono che non essendo potuto essere sepolto Bonomini sia stato sepolto il suo cane.

Forse la versione più credibile che non si intrecci con molte favole e leggende è che la tomba prese questo nome perché non fu sepolto neppure un cane. Ma al di là di questo per il viandante o il viaggiatore che arriva a Brescia o per gli stessi abitanti è sempre un’emozione intensa vedere tra il verde del monte Maddalena le guglie eleganti e slanciate della Tomba del cane che con il loro algido candore si stagliano uniche tra il verde durante giorno e il nero durante la notte. Soprattutto quando il cielo si fa scuro la luce che la illumina crea magici giochi di riflessi e riverberi rendendola imperitura nel tempo, punto di rifermento fisso e costante.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa