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Naif, come ben sappiamo, è un aggettivo francese che significa “naturale, semplice, spontaneo” e che, in diversi casi, viene utilizzato in modo ironico per definire il “sempliciotto”. Ma cos’è la pittura spontanea e perchè incontrò tanto successo? L’arte naive nasce da un’espressione spontanea scarsamente mediata da strutture culturali complesse o da preoccupazioni tecniche eccessive. Disprezzata e derisa dagli accademici, questa espressione popolare e infantile venne rivalutata alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento nel clima anti-accademico instaurato dagli impressionisti e dalla successiva ricerca simbolista di elementi fondamentali della vita e del sogno, in direzione dell’individuazione di un sostrato spirituale, mitico e onirico, in molti casi legato a una percezione infantile e primitiva del mondo.
Ci si rendeva conto che una pittura orientata a cogliere il bello e l’armonioso, in una dimensione di puro appagamento ottico, risultava dannoso a una società sempre più superficiale, effimera; sempre più lontana da un’autentica dimensione spirituale. Gli intellettuali e gli stessi pittori professionisti, in un periodo in cui ci si spogliava della tecnica sofisticata e si cercava di tornare al nucleo dell’essere uomini e donne, la pittura naive rappresentò un punto di riferimento alternativo e parallelo all’arte tribale e all’espressione infantile, serbatoi ai quali i pittori attingevano. La rivoluzione dell’arte moderna passa attraverso la semplificazione e la sintesi che sta nella pittura e nella scultura primitive. Consensi – talora venati di ironia e sarcasmo – ebbero a Parigi le opere del Doganiere Rousseau, un impiegato del dazio che avviò una ricerca da dilettante, ma ricca di intense suggestioni. Rousseau ebbe il merito di dischiudere inconsapevolmente, sulla linea aperta più intellettualisticamente dai simbolisti, una strada mitico-onirica, che tanta influenza avrebbe avuto sul Surrealismo, impastata, nei decenni successivi, con la proiezione della psicanalisi e del marxismo. (curuz)