Pezzo dopo pezzo restaurata una autentica lorica squamata romana di 1600 anni fa. Com’era prodotta, come funzionava

Ed è forse ai cavalieri che la lorica restaurata poteva essere destinata. I punti meno sensibili al colpo dei nemici erano di maglia di ferro, che consentiva l'indispensabile mobilità del cavaliere

L’idea dovette giungere dall’osservazione delle squame ossee dei coccodrilli. La resistenza della protezione era davvero assoluta e per vincere i possenti rettili era necessario colpirli nell’occhio o o alle giunture. I soldati romani si dotarono quindi – soprattutto alcuni reparti, di un’armatura non certo leggera, me performante per quanto riguardava la possibilità di movimento in sicurezza: la lorica squamata. Il nome “lorica” deriva da “lorum,” che in latino significa striscia di cuoio. Nell’età più antica era di cuoio, poi fu rinforzata con scaglie metalliche o di corno.

Con il tempo, pur non scomparendo del tutto il tipo più antico, divenne completamente metallica, in ferro, a maglie, a scaglie o a segmenti. L’unica lorica squamata romana completa, portata alla luce durante uno scavo del 2020 nella città antica di Satala, nel nord-est della Turchia, è stata ora ricostruita. Datata al V secolo d.C., l’armatura si trova in uno stato di conservazione straordinariamente buono. L’armatura ricomposta era dotata da una parte squamata – la scaglie metalliche, forate, erano uniti con fili e cucite su una tunica di pelle o di tessuto – e di una parte a maglia di ferro.

Qualcosa di simile, per la parte squamata – si parva licet componere magnis – alle paillettes delle borsette da sera, che si usavano tempo fa. La lorica squamata ora recuperata era stata evidentemente gettata in un angolo e lì è rimasta per per 1600 anni circa, perdendo il supporto organico di stoffa o di cuoio, ma mantenendo vicine le strutture metalliche che componevano la corazza.

Gli scavi archeologici hanno restituito centinaia di scaglie di varie forme e dimensioni in tutto l’impero, appartenute a questo tipo di corazza. Ad esempio, Von Groller nel 1912 ne classificò 36 solo tra quelle rinvenute a Carnuntum. Le scaglie, di norma costituite da piastrine metalliche romboidali con bordi arrotondati, erano di ferro o bronzo, lunghe dai due ai tre centimetri e dotate di piccoli fori per permetterne l’assemblaggio. Talvolta stagnate, le scaglie erano affiancate e unite a coppie da un corto spezzone di filo di bronzo; l’intera fila così ottenuta veniva poi cucita su un supporto di tessuto, sempre utilizzando i fori predisposti sulla superficie. Variando la lunghezza delle file di scaglie, era possibile costruire corazze di qualsiasi misura: un sistema semplice che consentiva la facile sostituzione dei pezzi danneggiati o mancanti.

Le corazze a scaglie erano generalmente indossate da figure di alto rango, come centurioni o portainsegne (aquilifer, signifer, imaginifer), oppure da cavalieri. Ed è forse ai cavalieri che la lorica restaurata poteva essere destinata. I punti meno sensibili al colpo dei nemici erano di maglia di ferro, che consentiva l’indispensabile mobilità del cavaliere.

E ora osserviamo bene la struttura. A livello del ventre, i costruttori della lorica dismisero le squame e inserirono una sezione a maglia ferrata. E ciò per consentire al legionario – probabilmente un cavaliere – di piegarsi in avanti, funzione fondamentale per procedere in velocità e torcersi per colpire.

Le analisi con raggi X e micro-TC hanno mostrato che l’armatura era quasi intatta. Nel 2021, i conservatori del Laboratorio regionale di restauro e conservazione di Erzurum hanno iniziato il meticoloso lavoro di riassemblaggio dei pezzi nella loro configurazione originale. Questo lavoro ha incluso tre sezioni di cotta di maglia e le scaglie sovrapposte della lorica squamata, che arrivano fino alla vita e possono aver contribuito a risolvere alcuni dei problemi dell’armatura a scaglie, come la pesantezza e la limitata flessibilità. La cotta di maglia (lorica hamata) era più costosa da produrre e richiedeva riparazioni specialistiche, a differenza della squamata, che poteva essere riparata facilmente dai legionari stessi. La presenza di elementi di cotta di maglia in questa armatura suggerisce che potrebbe essere appartenuta a un ufficiale.

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Redazione
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