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La pietra di Botticino è sicuramente apprezzabile anche per certe finezze di esecuzione che il materiale consente. Oltre alla mirabile capacità di lavorazione dei lapicidi rezzatesi ed alla loro plurisecolare esperienza, vale la pena di rimarcare in proposito una caratteristica essenziale della provincia bresciana: la commissione di rilevanti opere in pietra non è stato appannaggio esclusivo delle più potenti casate o di importanti ordini religiosi, ma ha riguardato diffusamente anche più modesti ceti sociali. Da qui un numero elevato di opere di qualità che penso abbia pochi riscontri in altri contesti europei.
Fra i motivi che hanno reso così abili i nostri lapicidi vi è certo il particolare rapporto di durezza della pietra: né troppo tenera, né troppo dura, insomma le caratteristiche ideali dei marmi più rinomati. Tale rapporto permette le straordinarie finezze d’esecuzione cui si accennava all’inizio, perché da un lato la materia non si sgretola sotto lo scalpello, dall’altro evita l’eccessiva fatica, che nuoce ad un lavoro “di fino”. Se aggiungiamo pure quella particolare tonalità chiara, ma per nulla fredda, ecco allora convergere tutta una serie di componenti che ci fan capire perché risultino così belle le opere lapidee della nostra città, che hanno sfidato lo scorrere del tempo risultando oggi ancora sostanzialmente integre nel disegno originario. Nelle località in cui ha prevalso l’impiego di arenarie o pietre più tenere del Botticino – come ad esempio Pavia o Bergamo -, invece, l’erosione ha colpito profondamente la lettura delle decorazioni esterne.