L’intervista ad Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi e A Carlo Falciani, docente di storia dell’arte, curatori della mostra “Pontormo e Rosso Fiorentino. Divergenti vie della ‘maniera'” Palazzo Strozzi, Firenze
Perché questa mostra su Pontormo e Rosso è un evento irripetibile e unico?
La mostra è difficilmente ripetibile perché – come fu per il Bronzino – molte opere esibite vengono dai musei fiorentini (Galleria degli Uffizi in primis, ma ragguardevole è anche il contributo della Galleria Palatina). È dunque quasi impossibile che in una città che non sia Firenze si possa trasferire un numero così alto di dipinti; così com’è difficile ipotizzare che nella stessa Firenze si possa fare un’altra mostra identica nel giro di qualche decennio. Non a caso chi entrerà agli Uffizi durante l’esposizione di Palazzo Strozzi potrà contare su uno sconto del 50% presentando il biglietto della Galleria: dagli Uffizi a Palazzo Strozzi ci sono, sì e no, duecento metri e il visitatore del museo fiorentino potrà vedere, a metà del costo del biglietto della mostra a Strozzi, non solo le opere che ha perso agli Uffizi, ma tutto un contorno magnifico di creazioni provenienti da tutto il mondo. Oltretutto saranno visibili in mostra alcune pale d’altare fra le più significative dei due artisti, restaurate per l’occasione, che una volta tornate nelle loro sedi difficilmente potranno, nei prossimi anni, essere di nuovo accostate fra loro.
Come artisti, che importanza hanno avuto nel loro tempo?
Crediamo che i nomi del Pontormo e del Rosso siano già così celebri, proprio per la loro indole spregiudicata e anticonformista, che risulta evidente l’importanza della loro vicenda d’artisti. Le voci d’entrambi – pur nella diversità sostanziale dell’ideologia e dell’espressione – sono fra le più originali dell’intera storia dell’arte occidentale. A prescindere dal séguito ch’essi ebbero – più folto in patria quello del Pontormo, più internazionale quello del Rosso –, si può dire che restano nella pittura del Cinquecento come due capisaldi assoluti
Nel titolo della mostra invece che di “manierismo” si parla di “maniera moderna”. Quanto è cambiata la visione dei due artisti e del manierismo da allora ad oggi?
Si parla di “maniera moderna” perché così si è più rispettosi nei riguardi della letteratura critica loro contemporanea. È Vasari che parla di “maniera”, cui aggiunge “moderna” perché è l’arte dei tempi suoi. Nel corso del tempo, attingendo appunto al vocabolario vasariano, s’è preso a dire ‘manierismo’. Troppo complicato sarebbe qui ragionare di questa desunzione linguistica. Semmai è interessante dire che se n’è fatta una categoria e addirittura una griglia (troppo rigida) entro cui sono state catalogate espressioni formali e condotte di vita eccentriche e financo bizzarre, stravolgendo il significato stesso di “maniera”. Usando la definizione di “maniera” al posto di quella di “manierismo” si cerca in definitiva di suggerire al visitatore una lettura dell’espressione del Pontormo e del Rosso più rispettosa delle loro voci e dei loro pensieri, svincolandoli da categorie più vicine al nostro sentire contemporaneo, e restituendo loro l’autonomia che li ha portati a essere i campioni di un’epoca.
Quali innovazioni hanno introdotto con la loro pittura?
Entrambi svilupparono nuove vie espressive rispetto agli artisti dei loro anni. La brusca sterzata rispetto al classicismo d’inizio Cinquecento, di stampo raffaellesco, ma anche rispetto alla pittura ritenuta da Vasari “senza errori” di Andrea del Sarto, avviene intorno al 1514 e quella nuova “maniera” venne portata avanti da entrambi i pittori in modo autonomo e differente. Il Pontormo guardò di continuo allo stile tedesco, ispirandosi alle stampe di Dürer, ma accordando quell’attenzione al difforme di natura alla tradizione eccentrica di Piero di Cosimo e all’insegnamento ricevuto da Leonardo in gioventù. Il risultato furono disegni fra i più naturali e straordinari del Cinquecento italiano e pitture dalla sensibile ed epidermica attenzione al dato di natura, ma anche ricche di una cromia esaltata e potente che costituisce un unicum nella pittura italiana del Cinquecento. Il Rosso, invece, pittore caro a una ristretta schiera di famiglie aristocratiche fedeli agli insegnamenti di Girolamo Savonarola, non lavorò mai per i Medici, e seguendo le indicazioni date da Michelangelo, nel cartone preparatorio della Battaglia di Cascina, guardò alla tradizione figurativa fiorentina del Quattrocento, risalendo allo stile di Masaccio e di Donatello. Da tali premesse scaturì una pittura poderosa che raggiunse il massimo arcaismo nella Deposizione di Volterra. Il Rosso tuttavia fu sempre pronto ad accogliere stimoli nuovi, e quando lasciò Firenze per Roma, dove incontrò le statue classiche, impostò un nuovo stile elegante e perfino prezioso che influenzerà tutta la pittura francese. Dopo aver lasciato l’Italia e raggiunta Parigi e Fontainebleau, egli divenne infatti il principale artista della corte francese, responsabile dei cicli decorativi voluti da Francesco I al castello di Fontainebleau. Il Pontormo finì invece la propria vita a Firenze dipingendo una delle opere più controverse del Cinquecento, gli affreschi del coro di San Lorenzo, ispirati allo stile di Michelangelo ma del tutto autonomi ed eccentrici nell’adesione a quel linguaggio che sarebbe diventato canonico delle accademie fiorentine.
Quali sono i temi principali della loro opera?
I principali temi delle opere del Pontormo sono religiosi, a parte le tavolette di storia antica per i carri del carnevale mediceo del 1513 e gli affreschi della villa Medicea di Poggio a Caiano, dove dipinse la lirica lunetta con Vertumno e Pomona. I soggetti religiosi sono quelli della tradizione, ma vengono reinterpretati attraverso forme autonome e una soggettività che lo porterà a dipingere in modo del tutto eccentrico soggetti usuali come la Visitazione. Il Rosso seguendo invece l’insegnamento di Savonarola dipinse come tema ricorrente il Cristo morto in opere capaci di esprimere una religiosità potente ed austera. Tuttavia, a differenza del Pontormo, seppe anche adeguarsi ai desideri e alla cultura di una corte come quella francese per la quale dipinse anche soggetti profani o derivati dai miti antichi, con una forma pittorica ricca di decorazioni e innovativa nell’adesione a figure retoriche classiche.
Quali sono le novità scientifiche emerse grazie alla mostra?
Oltre a una rinnovata possibilità di letture delle opere, in gran parte restaurate per l’occasione, in mostra vengono presentate due opere nuove: una del Pontormo conosciuta attraverso una vecchia fotografia, e una del Rosso – un ritratto – del tutto inedito. Tuttavia, la novità principale della mostra sarà quella di poter sperimentare dal vivo e per la prima volta in modo chiaro le differenze del linguaggio figurativo dei due pittori e i contenuti delle loro opere, che sono state a lungo oggetto dei nostri studi.
In cosa sono differenti e uguali Pontormo e Rosso, in che cosa sono “gemelli diversi”?
Sono uguali nella volontà d’innovazione, nella spregiudicatezza intellettuale, nell’anticonformismo e nella capacità di rispondere a tempi turbati e complessi con una lingua figurativa d’altissimo tenore poetico. Sono diversissimi nella specificità di quella lingua, a partire dai maestri di riferimento, eccettuato Andrea del Sarto che fu loro comune mentore. Sono diversi nel riferimento a committenze culturalmente lontane e politicamente, anzi, opposte: il Pontormo artista preferito dai Medici, il Rosso mai coinvolto in opere di committenza medicea e invece artista preferito dagli aristocratici fedeli ai valori repubblicani e legati all’eredità religiosa di Savonarola. Sempre fiorentino il Pontormo, che mai si mosse dalla sua città natale eccetto che per una breve trasferta a Roma in gioventù (peraltro verisimilmente insieme al Sarto e al Rosso). Viaggiatore, per converso, il Rosso; che lavorò, oltre Firenze, anche a Piombino, Napoli, Volterra, Roma, Sansepolcro, Città di Castello, Arezzo e infine Parigi e Fontainebleau. Attento alla natura e alla sensibilità mutevole del colore il Pontormo, astratto e dedito a una “terribilità” “stravagante” (come scrive Vasari) il Rosso, che frequentò anche discipline esoteriche come la magia e la Cabala.
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Pontormo e Rosso Fiorentino. L'intervista ai curatori della mostra
Entrambi svilupparono nuove vie espressive rispetto agli artisti dei loro anni. La brusca sterzata rispetto al classicismo d’inizio Cinquecento, di stampo raffaellesco, ma anche rispetto alla pittura ritenuta da Vasari “senza errori” di Andrea del Sarto, avviene intorno al 1514 e quella nuova “maniera” venne portata avanti da entrambi i pittori in modo autonomo e differente.