Santuario della Stella – Cronaca dei riti d'esorcismo e grandi opere d'arte

Si continuava a pregare con grande fede e trepida attesa, avvicinandosi l'ora preannunciata della liberazione. Trascorso un quarto d'ora, durante il quale F, giaceva immobile in terra, improvvisamente balza in piedi e dice Ho qui alla gola il maleficio che mi vien su... Aiuto!... Aiuto..., finchè riuscì ad emettere dalla bocca una specie di topo, con tutti i peli compatti, con due corna davanti e la coda di dietro".

Il santuario della Stella visto dalla collina di Santo Stefano, a Gussago, in provincia di Brescia
Il santuario della Stella visto dalla collina di Santo Stefano, a Gussago, in provincia di Brescia. Si ritiene che l’edificio sia stato progettato dall’architetto bresciano Agostino da Castello

 
Solido edificio del primo Cinquecento, il santuario di Santa Maria della Stella venne eretto nel 1537 a seguito dell’apparizione, sulla collina chiamata “Selva”, della Beata Vergine, ad un pastore sordomuto.
 
 
Il santuario caratterizzato da unimponente torre campanaria
Il santuario realizzato in pietra di Botticino, caratterizzato da un’imponente torre campanaria

La ricostruzione storica più accurata viene offerta dai responsabili del santuario stesso. Cinquecento anni fa il poggio chiamato Selva era destinato alla pastorizia e poco abitato. A motivo della sua bellezza poetica e suggestiva, è molto probabile che la gioventù di suddetti paesi vi si recasse collo scopo di divertirsi tra orge di vino ed altro.
Dove finisce la storia scritta comincia la tradizione orale che ci riporta al 31 Maggio 1536 quando la Beata Vergine apparve al sordomuto pastore Antonio de Antoni, di Gardone Valtrompia, che pasceva il gregge di Bonomo Bonomi. Il pastore con la corona del rosario in mano vide d’innanzi ai suoi occhi una stella estremamente lucente, più del Sole, al centro della quale stava la Vergine col Bambino fra le braccia. Ella lo invitò ad indurre le popolazioni del luogo ad erigere un Santuario in suo nome. Alla titubanza dell’uomo, Maria assicurò che avrebbe ripagato con grazie e prodigi la propria richiesta.
Pietro Marone, Apparizione, seconda metà XVi secolo, copia, Santuario della Madonna della Stella
Pietro Marone, Apparizione, seconda metà XVI secolo, copia, Santuario della Madonna della Stella

Ripresosi dalla visione e forte della sua Fede, il pastore si recò presso i reggenti dei tre paesi ad annunziare la buona novella. Il primo prodigio fu per l’appunto l’acquisizione del dono di parola ed udito da parte del de Antoni. Come narrato da Cornelius Flaminius in Notizie storiche delle principali Apparizioni ed immagini di Maria Vergine nel Dominio Veneto: “…divulgatasi in un baleno la fama dell’apparizione, si recarono con numerosa folla di popolo al luogo indicato ove mirarono con sorpresa nel mezzo d’una pianura un bel collocato disegno di fondamenta nel di cui mezzo elevatasi un giglio di non mai più veduta bellezza su cui spargeva i suoi raggi una stella perpendicolarmente ad esso imminente. Ad un tanto portento tutti si arresero e nell’anno stesso della verginale comparsa disposero le fondamenta della nuova Chiesa, per l’avanzamento della quale accorse con apostolica liberalità, concedendo indulgenze, Paolo III nell’anno secondo del suo pontificato”.
Gerolamo Romani, detto Romanino, Madonna in trono con bambino o Madonna della Stella, 1536-1538, Santuario della Madonna della Stella. In questa opera Romanino accoglie la lezione di Savoldo che aveva rappresentato sul manto delle Maddalene il bagliore del Cristo Risorto. Qui il panneggio è reso fulgido dalla luce del corpo celeste apparso in cielo al pastore
Gerolamo Romani, detto Romanino, Madonna in trono con bambino o Madonna della Stella, 1536-1538, Santuario della Madonna della Stella. In questa opera Romanino accoglie la lezione di Savoldo che aveva rappresentato sul manto delle Maddalene il bagliore del Cristo Risorto. Qui il panneggio è reso fulgido dalla luce del corpo celeste apparso in cielo al pastore

Lo stesso fatto si ritrova narrato nei “Ragionamenti di Cose Patrie” del Cav. Francesco Gambara, il quale ricorda anche come il nome del Santuario da “S. Maria in Silva” divenne “Madonna della Stella”.
Il 23 Giugno 1536 i rappresentanti di Cellatica e S. Vigilio si recarono per aver l’autorizzazione a costruire il santuario dal Vicario Generale di Brescia mons. Lorenzo Muzio, il quale acconsentì ed ingiunse inoltre, sotto pena di scomunica, una multa di cinque ducati affinché “nessuno avesse osato mai tenere nelle vicinanze dell’erigendo santuario né suoni né canti profani, né giuochi né checché vi fosse di meno conveniente al culto di luogo santo”. Ottenuto il permesso le due comunità chiesero anche l’approvazione del Papa, ognuna inviò quindi due rappresentanti ad esporre a Sua Santità Paolo III la loro iniziativa, di fatto la rappresentanza gussaghese era già presso Roma.
Il 10 Ottobre i sei delegati laici ottennero il permesso dal Pontefice di innalzare il Santuario e di arredarlo; di riceverne le offerte e di amministrarle; di costituire una rendita per il mantenimento di un sacerdote custode e celebrante; di concedere indulgenze per coloro che avessero prestato gratuitamente la loro opera; il diritto di patronato e di rappresentanza, non per privilegio ma per fondazione e devozione.
La delibera circa l’inizio d’impresa venne presa il 25 Marzo 1537 nella sala municipale di Gussago, e siglata dal notaio Benedetto Salino
La navata centrale del santuario mariano
La navata centrale del santuario mariano. Al centro del pavimento è indicato il luogo dell’apparizione. Il santuario fu costruito poco tempo dopo l’apparizione e il rilevamento dello stesso avvenuto dopo la scrupolosa raccolta delle testimonianze del veggente

 
L'abside del santuario con il dipinto di Ronanino circondato da una soasa settecentesca
L’abside del santuario con il dipinto di Romanino circondato da una soasa settecentesca

 
Antonio Montanino, Crocifisso ligneo, 1633, Santuario della Madonna della Stella
Antonio Montanino, Crocifisso ligneo, 1644, Santuario della Madonna della Stella

Antonio Marone o Maroni (?) Assunta, olio su tela, lunettone absidale del santuario di santa Maria della Stella
Antonio Marone o Maroni (?) Assunta, olio su tela, lunettone absidale del santuario di santa Maria della Stella

 
Angelo Gambariate, Pulpito ligneo, 1644, Santuario Madonna della Stella
Angelo Gambariate, Pulpito ligneo, 1633, Santuario Madonna della Stella

 
 
I lavori presero dunque piede il 2 Giugno 1537, con la posa della prima pietra, dopo che i tre Comuni ebbero a lungo dibattuto in merito all’orientamento della facciata, la quale ognuno desiderava rivolta verso il proprio borgo. Secondo tradizione orale, in una fredda giornata d’inverno dopo un’abbondante nevicata, i fedeli, che s’erano recati sul luogo della futura fabbrica, con grande sorpresa trovarono il perimetro delle fondamenta segnato dai fiocchi di neve, con la facciata rivolta verso Cellatica. Probabilmente il fatto, tramandato nel tempo, si è arricchito e modificato con l’inasprirsi dei campanilismi, esasperando la primitiva versione. Si ricorda che i lavori iniziati con la facciata rivolta verso Gussago, avrebbero di notte subito un “prodigioso” cambiamento, spostando il muro verso Cellatica.
Nel giro di due anni l’edificio fu eretto, seppur più modesto dell’attuale, e quasi subito dotato della pala del Romanino, la Madonna col Bambino adornata con una stella sul capo; fu subito pronto per essere officiato anche se per molti anni rimase bisognoso di molti lavori di rifinitura e di abbellimento, come si legge nel verbale della visita pastorale del card. Carlo Borromeo che nel 1580 notava che: “l’Oratorium Beatissimae Virginae Mariae” era “non consecratum, non perfectum”, ma già con un gran numero di fedeli.
Grazio Cossali, Ritratto di San Carlo Borromeo ed episodi della vita del Santo, 1612, olio su tela, Santuario della Madonna della Stella
Grazio Cossali, Ritratto di San Carlo Borromeo ed episodi della vita del Santo, 1612, olio su tela, Santuario della Madonna della Stella

Si ricorda poi che il 10 Ottobre 1536, ottenuto il Giuspatronato da papa Paolo III, i tre Comuni amministrarono le celebrazioni religiose per mezzo di una commissione composta da due membri per ognuno, che venivano rinnovati o riconfermati ogni anno. Questi nominavano il cappellano che vi doveva celebrare ogni giorno la Messa; riserbato ai Parroci dei tre paesi era invece il diritto di accedere al Santuario per compiervi tutte le funzioni ordinarie, mentre quelle più solenni delle feste dell’Annunciazione (25 Marzo) e della Natività di Maria Vergine (8 Settembre) dovevano essere celebrate ogni anno per turno dal clero delle tre Parrocchie.
Negli anni successivi i nobili locali cercarono di intromettersi nella gestione amministrativa del Santuario, ma i rappresentanti dei Comuni, forti dell’aiuto delle popolazioni, vi si opposero fermamente, riuscendo alla fine a ribadire il loro diritto con Papa Gregorio XIII che confermò il Giuspatronato ai tre Comuni. Al riconoscimento dei propri diritti, la popolazione inneggiò gridando: “San Verzele, Seladega e Güsac, la Madona de la Stella l’è töta nossa de nöter!” il che tradotto significa: “San Vigilio. Cellatica e Gussago, la Madonna della Stella è tutta nostra, di noi altri!”. A ricordo di questa vittoria nel 1623 fu eretto un altare al centro del quale fu collocato un quadro di Antonio Gandino colla Madonna affiancata dai Santi Fermo e Gottardo e, nella parte inferiore, i tre protettori dei paesi: S. Lorenzo per Gussago, S. Vigilio per l’omonimo Comune, e S. Giorgio per Cellatica.
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Pietro Marone (attribuito), Il Perdon d’Assisi, seconda metà del XVI secolo, olio su tela, Santuario della Madonna della Stella

Antonio Gandino, Madonna con santi, olio su tela 1623, Santuario della Stella
Antonio Gandino, Madonna con santi, olio su tela (1621-1623), Santuario della Madonna della Stella

 
Tuttavia l’armonia non durò a lungo, come testimoniano alcuni documenti d’archivio, e anche le persone più anziane che ricordano ancora i diverbi la Domenica alla Stella, quando qualche bicchiere di troppo surriscaldava gli animi e i fedeli delle tre comunità cominciavano a guardarsi con occhio diffidente. C’era poi chi cominciava cantando a mo’ di litania: “Güsac, Seladega, San Verzele…la Madòna dèla Stèla l’è so…de noòter…se ‘l vènt la gnà la pòrta via…poarì noòter!” che tradotto vuol dire: “Gussago, Cellatica, S. Vigilio…la Madonna della Stella è sua…di noi, se il vento ce la porta via…poveri noi!”, accompagnando il canto con vistosi gesti della mano per indicare con orgoglio sé stessi, come unici interessati al fatto, come se fossero proprietari del Santuario.

Nonostante ciò, di contro alle diatribe campanilistiche, quando nel 1826 il Dominio Austriaco tentò di trasferire il Santuario ed i suoi beni al Demanio, i tre Comuni, capeggiati dall’Arciprete di Cellatica, difesero strenuamente i propri diritti conseguendo lo scopo. E similmente avvenne pure in occasione della Peste del 1836, quando gli abitanti degli stessi tre borghi, senza distinzione di ceto, si rivolsero in continue processioni e preghiere, di giorno e di notte, alla Madonna della Stella, e ottennero così in pochi giorni la recessione della pestilenza.
Le tensioni tra i Comuni riemersero comunque a tratti, come è scritto per esempio in una relazione del 6 Luglio 1853 l’Arciprete di Cellatica Carlo Gaza, assieme alla sua gente (cellatichese), lamenta di aver subito “l’irriverenza di gran parte del popolo ivi radunato nel giorno delle rogazioni in tempo di Messa sulla prada (prato circostante l’edificio), occupato in vani discorsi ed in sconcìe senza levarsi neppure il cappello alle croci portate in processione, trattenendosi invece quasi sul limitar del Santuario, con scandalo, a bere liquori ed acquavite, che con abuso colà si vendevano in tal giorno, mentre dal clero e dal popolo si cantavano le sacre preci per implorare benedizione sui nostri campi”. Quelle cerimonie erano molto sentite e partecipate, rivolte soprattutto ad invocare la protezione del raccolto sempre minacciato dalla siccità o dalla tempesta. In annate particolarmente siccitose si organizzavano processioni dai paesi al Santuario, a piedi scalzi, portando l’ombrello perché sicuri di trovare al ritorno la pioggia indispensabile per la campagna. Più volte infatti successe che i fedeli salissero il mattino presto, sotto un cielo terso, avvolti da afa opprimente, dopo giorni di siccità, e tornassero a sera in paese cantando sotto una benefica pioggia.
Dal punto di vista storico va ricordato inoltre che la casa del rettore fa parte del Comune di Cellatica, e la Comunità di suddetto paese, sin dal 1536, si preoccupa di realizzare il loco un posto di ristoro, e cioè un’osteria la cui gestione viene periodicamente affidata ad una persona scelta con formale delibera della Vicinia (amministrazione Comunale del tempo) di Cellatica.
Pietro Marone (attr.), Il perdon d'Assisi, second metà del XVI secolo, olio su tela, Santuario della Madonna della Stella
Pietro Marone (attr.), Madonna con il Bambino e i Santo Giovannino e francesco d’Assisi, seconda metà del XVI secolo, olio su tela, Santuario della Madonna della Stella

Nell’Archivio Notarile di Brescia non vi è traccia di documenti relativi all’appartenenza territoriale, nei Catasti Antichi e Napoleonico di inizio Ottocento, invece, il solo Santuario viene attribuito al Comune di S. Vigilio, confermato anche da quello Austriaco di metà Ottocento e da quello del Regno d’Italia del 1898.
Non v’è dubbio alcuno che, dal punto di vista puramente geografico, l’attribuzione a Cellatica sarebbe la più naturale, in quanto il Santuario e la sua facciata dominano interamente l’abitato. Dal punto di vista religioso, oltre a tutto, il Santuario è parte integrante della Parrocchia di Cellatica. Agli inizi degli anni Settanta, in occasione della revisione delle mappe dell’Istituto Geografico Militare (il quale lo includeva nel Comune succitato), i sindaci dei due paesi minori si incontrarono per tentare di ottenere lo spostamento del confine comunale, ed includervi il Santuario medesimo. Erano gli anni di Papa Paolo VI e, tra le ragioni addotte, vi fu pure quella per cui il Santuario era caro al Pontefice, nativo di Concesio, e che la rinuncia da parte di S. Vigilio sarebbe apparsa una scortesia nei Suoi confronti.
Gussago nelle testimonianze anche più recenti non ha mai avanzato pretese territoriali in proposito, pur essendo il Santuario sempre designato come “la Stella di Gussago”, poiché la strada obbligata per recarvisi in automobile è situata nel suo territorio.
 
GLI ESORCISMI ALLA STELLA NEL XX SECOLO
 
Negli anni del Secondo dopoguerra, il Santuario della Stella orientò la propria vocazione mariana alla lotta a forze oscure. Il culto di Maria può assumere connotazioni anti-sataniche, grazie all’immagine apocalittica della Vergine che schiacciala testa al serpente. Non sappiamo se, nel passato, si praticassero esorcismi, riservatamente. La fama del Santuario come presidio nella diretta lotta al Demonio si diffuse tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, grazie all’intensa attività svolta da don Faustino Negrini, con benedizioni e riti per la guarigione di “indemoniati” che giungevano da tutta l’Italia settentrionale. Faustino Negrini era nato a Gerolanuova, in provincia di Brescia, il 15 febbraio 1885 e nel 1910 aveva deciso di prendere i voti ecclesiastici. Fu nominato curato prima a Pezzaze, in Valtrompia, e in seguito parroco a Torbole Casaglia, nel 1914.
Gli eventi bellici lo portarono a militare in prima linea a Salonicco. Alla conclusione della guerra fece ritorno nella sua parrocchia di Torbole che resse per ben quarantaquattro anni. Durante questo lungo periodo si distinse per le sue benedizioni salvifiche e per i suoi atti di esorcismo, tanto da richiamare non solo abitanti della provincia di Brescia, ma anche di molti luoghi d’Italia.
Nel 1958, data l’età che avanzava, decise di lasciare la parrocchia di Torbole e ricevette l’incarico dal Vescovo di diventare cappellano del Santuario della Stella di Cellatica – Gussago- San Virgilio, luogo in cui i sue azioni esorcistiche ebbero un’eco sempre maggiore, al punto che, di esse, si occuparono anche importanti esponenti in campo psichiatrico.Don Negrini sarebbe morto il 27 giugno 1980, lasciando parecchi testi, scritti durante l’ultimo periodo della sua esistenza tra cui: “Vogliamo certezze” e “Apostolato apologetico nel 1962, “Il diavolo. Se fosse una favola” nel 1972 ed alcuni testi dedicati al Santuario della Stella stesso.
Ex voto nel Santuario della Stella. Dopo la scomparsa di Don Negrini, fu avviato un intervento volto al trasferimento di materiali iconografici e a una sistemazione del santuario affinchè fossero eliminati elementi di cupezza, a favore di una visione solare del culto della Madonna
Ex voto nel Santuario della Stella. Dopo la scomparsa di Don Negrini, fu avviato un intervento volto al trasferimento di materiali iconografici e a una sistemazione del santuario affinchè fossero eliminati elementi di cupezza, a favore di una visione solare del culto della Madonna+

In alcuni di questi volumi  – e in particolar modo nel libro “Il diavolo. Se fosse una favola…”scritto con lo pseudonimo Quidam – narrò alcuni casi affrontati alla Stella. Da ciò che si evince dall’esorcista, quanto dai numerosi testimoni, tuttora presenti ancora nella zona di Gussago, Cellatica, Concesio e Brescia, l’accesso degli indemoniati alla Stella avveniva sia in maniera autonoma- come richiamati dal desiderio di ingaggiare una lotta mortale con Dio – che con il trasferimento coatto, gestito dai familiari e dai conoscenti del malato. In diversi casi l’accompagnamento degli ossessi avveniva con un corteo di auto, simile a quello nuziale. Per evitare che potessero insorgere problemi con la Chiesa e affinchè gli altri fedeli non rimanessero terrorizzati, Don Negrini si trasferiva, con numerosi testimoni – familiari dei malati o giovani del luogo, che lo aiutavano – nella cosiddetta stanza delle benedizioni, di fronte al santuario stesso. Il rettore del santuario operava con la collaborazione dei familiari degli indemoniati o con l’aiuto di ragazzi vigorosi che avevano il compito di sostenere l’invasato, affinchè non cadesse violentemente e non si provocasse ferite. Buona parte dei pazienti erano donne; e per evitare scene che implicassero l’oscenità, il prete invitava i parenti a preparare la malata, facendole indossare i pantaloni. L’esorcista preferiva un rito condiviso, con preghiera corale dei presenti per rafforzare l’efficacia della richiesta della liberazione del corpo dal Demonio. In diversi casi incaricava alcune bambine di reggere un crocifisso e di baciarlo continuamente, mentre procedeva alla lotta con le forze occulte della mente che trasfiguravano l’ammalato, gli facevano cambiare voce e, in alcuni casi, lo inducevano a parlare in lingue inesistenti o straniere. Durante le benedizioni e l’aspersione di acqua santa i malati si contorcevano come se fossero ustionati dal fuoco. F., 24 anni, proveniente da un paese in provincia di Bergamo, fu sottoposta ad esorcismo nel luglio 1967.
 
Scrive don Negrini, nel testo menzionato: “…emetteva urli, pianti, strida, parolacce ed insulti contro il sacerdote benedicente; andava in convulsioni, mandava per aria tutto quello che le capitava per le mani, comprese delle cose assai pesanti; abbaiava come un cane, strepitava, si agitava, gettava a terra persino le bottiglie d’acqua santa,, non poteva sopportare il Crocifisso che le veniva messo indosso e neppure il libro del Vangelo che le si poneva sulla testa (…) Il sacerdote inizia con la Benedizione dei malati e F. cade subito in crisi; si agita, si contorce, si dimena e grida ingiurie e improperi. Il sacerdote,continuando a pregare, dice improvvisamente’Spirito immondo come ti chiami?’. ‘Sono un capo, sono Satana;è mia, è mia non la lascerò più nemmeno morta’.(…)  ‘Quando vai via?’. ‘Sono costretto dalla Signora e andrò tra breve’. ‘Voglio sapere il giorno, l’ora e il luogo’. ‘Il 19 luglio 1967 alle ore 12,30. Non in questa sala infestata ma in chiesa, davanti alla Bella Signora’. ‘Che segno ci darai della tua uscita per sempre da questa signorina?’. ‘La lascerò morta per un quarto d’ora”. Salimmo in chiesa. Essendo un giorno feriale, non c’era nessuno. La giovane continuava a guaire e abbaiare come un cane rabbioso e camminava carponi per terra. Volle con sè soltanto nove persone, quasi fossero i rappresentanti dei 9 Cori Angelici. Entrati i prescelti, si chiusero le porte del Santuario e subito fu scoperta l’immagine della Madonna qui venerata, illuminata da uno scintillio di luci. Tutti pregavano con le mani levate al cielo e con grande fervore, mentre la giovane si rotolava per terra nel centro della chiesa, urlando e piangendo disperatamente e sì fortemente da richiamare gente alle porte del santuario, che restavano ermeticamente chiuse. (…) finchè non rimase distesa, morta, immobile, cadaverica. Si continuava a pregare con grande fede e trepida attesa, avvicinandosi l’ora preannunciata della liberazione. Trascorso un quarto d’ora, durante il quale F, giaceva immobile in terra, improvvisamente balza in piedi e dice Ho qui alla gola il maleficio  che mi vien su… Aiuto!… Aiuto…,  finchè riuscì ad emettere dalla bocca una specie di topo, con tutti i peli compatti, con due corna davanti e la coda di dietro”.
LA TESTIMONIANZA DEL DOTTOR GIOVANNI DUINA
 “Io ho assistito una volta al rito nella casa di don F. Negrini perché gli era stato proibito di fare gli esorcismi nella chiesa della Stella. All’inizio sembrava una pantomima; alle invocazioni del prete si doveva rispondere “jo bote” (“giù botte!” ndr) o espressioni simili. Poi però mi ha lasciato un po’ pensieroso quando il supposto indemoniato dopo infinità di capriole sopra e sotto il tavolo, strisciando sul tavolo senza mai aprire gli occhi, con le mani ad uncino, è venuto verso di noi in un angolo, s dicendoci “siete contenti curiosoni!”. Il mio prof di psicologia ci ha detto che probabilmente si è trattato di un transfert tra il prete e l’individuo in questione”. 
Prima che fosse rettore della Stella don Mario Pasini, la casa del rettore, o meglio del “romet” (da Romito/romitorio) era tutto l’edificio che sta dietro il portico (di recente costruzione) comprendendo anche l’ex ristorante Romanino. Pertanto per entrare nella casa del “romet” si scendeva quei pochi metri della stradina fra le case che scende verso Cellatica. Appena dopo l’ingresso ci si trovava in un ampio locale ed è lì che avvenivano gli esorcismi. Da bambino ho avuto anche occasione di passare una volta dalla galleria, che sotto il sagrato, andava dalla casa del romet alla chiesa. Mi sembra che si risaliva dove ora c’è una porticina all’ingresso della chiesa sulla sinistra, entrando”.
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