Figure dipinte poi cancellate o, come sostiene Maurizio Bernardelli Curuz, l’arte del Cinquecento e del Seicento prevedeva fondali parzialmente affioranti, in grado di comunicare senza definire, di alludere senza sostenere?
Le indagini diagnostiche consentono sempre più spesso di portare alla luce quelli che non sono solo revisioni in corso d’opera o come, vengono definiti impropriamente, pentimenti.
Un chierico orante – secondo i restauratori un San Francesco in preghiera – emerge quadro. Le linee sono molto nette. Ma anche un momento di offertorio, una chiesa, un libro – la Bibbia – e un San Giuseppe, probabilmente con il volto del donatore dell’opera.
Le Gallerie Nazionali di Arte Antica avevano avviato nei mesi scorsi il restauro della Madonna del latte di Bartolomé Esteban Murillo grazie ai fondi museali e al contributo dei proventi raccolti con la vendita del Vino Civitas, iniziativa promossa dall’Associazione Civita in collaborazione con la Tenuta Caparzo di Montalcino.
“Il quadro è stato sottoposto per la prima volta ad una serie di indagini diagnostiche: radiografia, riflettografia IR, analisi multispettrali, fluorescenza a raggi X (XRF) e a un’accurata opera di pulitura per rimuovere le vernici ossidate e vecchi ritocchi. – scrive l’Ansa – Sono stati effettuati anche alcuni prelievi per effettuare analisi stratigrafiche sull’opera. E il risultato eclatante, è stata la scoperta della figura di un santo – quasi sicuramente di un San Francesco in preghiera – in fase avanzata di esecuzione, al di sotto della figura della Vergine”.
L’equipe di Stile arte ha permesso poi, rispetto ai materiali portati abilmente alla luce dai restauratori, di ricostruire le figure interagenti del fondale. (Cliccare sull’immagine, qui sotto, per vederne l’ingrandimento). Qui sotto vediamo le figure rifilate rapidamente, che assumono una grande consistenza iconica e ridefiniscono la scena sottostante. Nella radiografia sotto vediamo invece la ricostruzione a tratteggio.
“La scena – dice Bernardelli Curuz – dimostra d’essere stata percepita e dipinta con maggiore complessità. Sullo sfondo appaiono un edificio religioso, un albero, un chierico che reca quello che pare un cesto offertoriale. Una figura velata, alla distanza, e accanto alla Madonna, una figura maschile che si inserisce tra lei e il Bambino, a comporre una perfetta Sacra famiglia. La presenza del libro, in primo piano, rivelerebbe invece una revisione. Maria, nel primo strato di stesura, inseriva la mano tra i fogli della Bibbia. Interessante la presenza dell’albero, spesso legato al simbolo della genealogia di Gesù e al legno della Croce. Murillo riprende, nelle parti più vicine all’imprimitura un modo di lavorare, con lettere e figure reversibili e ambigue, impostato da Leonardo e sviluppato da Caravaggio”.
Le Gallerie Nazionali di Arte Antica hanno avviato a ottobre 2020 il restauro della Madonna del latte di Bartolomé Esteban Murillo grazie ai fondi museali e al contributo dei proventi raccolti con la vendita del Vino Civitas, iniziativa promossa dall’Associazione Civita in collaborazione con la Tenuta Caparzo di Montalcino. Detta anche Madonna zingara, l’opera era una delle più ricercate e ammirate nell’Ottocento dai visitatori che frequentavano la Galleria Corsini e la sua preziosa collezione. Persino lo scrittore Gustave Flaubert nel 1851 ne restò ammaliato: “Sono innamorato della Vergine di Murillo della Galleria Corsini. La sua testa mi perseguita e i suoi occhi continuano a passarmi davanti come due lanterne danzanti?”. Quello portato avanti da Alessandra Percoco, del laboratorio di restauro delle Gallerie Nazionali di Arte Antica, diretto da Chiara Merucci – con il coordinamento di Alessandro Cosma, curatore delle Gallerie è un lavoro notevole.
“Studiando a lungo le radiografie delle opere di Caravaggio – conclude Bernardelli Curuz – mi sono reso conto che le preparazioni delle tele e delle tavole del Cinquecento e del Seicento, si basavano sulla presenza di figure meno evidenti, spesso parzialmente coperte da velature, che non erano altri quadri soggiacenti, ma motori parzialmente nascosti dell’opera stessa. Al di là della possibilità che fossero correzioni in corso d’opera, emerge la stretta interlocuzione tra esse e i materiali di primo piano e la non remota possibilità che avessero la funzione di interagire sia nella composizione dell’opera – rendendo più equilibrate le forze – che creare un “tessuto operato” in grado di far rilevare, nella materia traslucida, presenze, soprattutto alla luce delle candele”.2