Il Cardinale Carlo Borromeo diede ordine di rimuovere dall’antica porta Tosa – uno degli accessi urbani – la scultura che rappresenta una giovane donna mentre si rade. L’opera è poi arrivata al Castello Sforzesco di Milano e lì conservata. Secondo elementi stilistici il bassorilievo della ragazza impudica risalirebbe al XII secolo.
Esso proviene dal distacco dalla struttura di una delle porte minori (chiamate anche “pusterle), che si aprivano nelle mura medievali di Milano. La porta stessa venne demolita nel 1790, molto tempo dopo la rimozione – che risale al Cinquecento – della fanciulla impudica. La porta Tosa medievale era diversa da un’altra Porta Tosa – l’attuale porta Vittoria – che fu realizzata successivamente durante l’occupazione spagnola di Milano.
Il significato del bassorilievo pare un rebus. Ma proveremo ad incrociare qualche dato per fornire, al di là delle versioni leggendarie, che si sono sviluppate durante i secoli, un’ipotesi di toponomastica funzionale.
La leggenda principale racconta che la donna scolpita è la moglie dell’imperatore Federico Barbarossa. L’Imperatore aveva raso al suolo Milano. E secondo la tradizione popolare, i milanesi si sarebbero vendicati radendo – idealmente – la nobilissima signora. Diremmo: poco probabile, anche se il significato potrebbe essere stato proiettato successivamente alla realizzazione della lastra scultorea.
Un’altra leggenda identifica la giovane donna impudica con l’Imperatrice Leobissa, presso la quale una delegazione milanese si recò, a Costantinopoli, chiedendo aiuto per la ricostruzione della città distrutta dal Barbarossa. La sovrana Leobissa negò gli aiuti e i milanesi l’avrebbero raffigurata come una prostituta che si rade il pube. Possiamo in questo caso ripetere: poco probabile, anche se il significato potrebbe essere stato proiettato successivamente alla realizzazione della lastra scultorea.
Secondo alcuni storici il nome di Porta Tosa sarebbe collegato a Porta Tonsa romana, situata nei pressi del porto fluviale. Tonsa sarebbe il remo.
Ma osserviamo con attenzione l’iscrizione che sovrasta la figura femminile.: Est porta (…) ctonse
Di tutto ciò possiamo arguire – pur supponendo che nei secoli, più significati e situazioni abbiano potuto convivere sotto lo stesso simbolo e accumularsi e mutare parzialmente – la coincidenza assoluta tra il nome della porta (Ctonse, Tosa o Tonsa) e l’azione che la donna sta compiendo: si tosa. Si depila. Tosa, nei dialetti settentrionali, significa anche ragazza. Ma il sostantivo tosa deriva, anch’esso, da tosarsi. Dopo la pubertà le ragazzine subivano il taglio dei capelli per evitare che essi fossero un forte veicolo di richiamo deli maschi. Venivano così chiamate tose o, le più piccole, tosette. Quindi l’immagine che vediamo è quella di una tosa che si tosa.
Porta Tosa è legata pertanto al taglio. La tosa è anche la tosatura delle pecore. La Porta si trovava in un punto oltre il quale si apriva la campagna. E’ molto probabile che le greggi fossero portate nei pressi della città, dove potevano essere svolte operazioni di tosatura con l’immediata consegna della lana, senza problemi di trasporto. Immaginiamo che poi, attorno al movimento di pastori, artigiani, produttori di lame, tose a pagamento si sviluppasse un mondo vivo, colorito.
Il cerchio si chiude con la presenza, nella zona, degli Umiliati, di monaci e monache che lavoravano la lana. Gli Umiliati erano potentissimi, molto legati agli affari e poco attenti all’ortodossia. E il loro mondo economico era quello della lana.
Tra Carlo Borromeo – rigoroso riformatore della Chiesa – e gli Umiliati si era sviluppato un serrato conflitto, culminato con un attentato compiuto dagli Umiliati stessi ai danni di San Carlo. Borromeo si salvò miracolosamente. Ma Papa Pio V sciolse l’ordine, nel ramo maschile.
Ora ricordiamo – ancora – che la “Tosa che si tosa” fu fatta rimuovere dallo stesso Carlo Borromeo per ragioni morali e, forse, per mettere ordine nel mondo tumultuoso e poco lineare degli Umiliati che, sulle pecore, le tosature, la lana, la filatura avevano costruito un impero. (mbc)