[L’]ARTE E L’ESOTICO – Nell’arte, assai sovente, vige l’equazione nero-servitore. In quadri come la Cena in casa di Levi di Paolo Veronese (Venezia, Accademia, 1), tale servitore, ben vestito, fornito di preziose livree, altro non è se non una delle espressioni del lusso di cui il patriziato veneto dell’epoca amava circondarsi.
Un altro dipinto dello stesso autore, invece – Giuditta con la testa di Oloferne (Genova, Palazzo Rosso, 2) -, offre l’occasione per un confronto “ideologico” tra le razze, un confronto dagli esiti scontatissimi e inappellabili. La bianca Giuditta è un’affascinante giovane dai capelli d’oro, rappresentata di fronte, in piena luce; per contro, l’ancella nera è vecchia, nerboruta, immersa in un cono d’ombra da cui trapela un profilo al limite del grottesco e del caricaturale. Si tratta di uno stereotipo cui l’arte occidentale farà ricorso con larghezza.
Del tutto diverso l’approccio di Velázquez: ne La mulatta (3), ritratto di una sguattera, traspare la commossa adesione del pittore ad una vicenda umana di miseria e desolazione, oltre ogni barriera e pregiudizio razziale.
Per saperne di più:
Francesca Pellegrino, Geografia
e viaggi immaginari, Electa,
Dizionari dell’Arte,
384 pagine, ill. a colori