Risaliva al Cinquecento la sfida dalla quale sarebbe dovuto uscire un vincitore in merito al predominio rappresentativo della pittura o della scultura, retaggio, evidentemente degli anni di Foppa, Squarcione e Mantegna, quando la seconda, in termini di completezza, dichiarava ancora la sua superiorità, e i pittori traevano ispirazione formale soprattutto dall’osservazione delle antiche statue, che diventavano modelli sui quali costruire un reticolo vivificante di epidermide dipinta. Lo sviluppo tecnico della pittura, giunto ad esiti virtuosistici in seguito alla diffusione dell’olio, un medium che consentiva risultati rappresentativi di elevato illusionismo, permise a questa forma d’arte di uscire da un’evidente situazione di inferiorità, per tentare il sorpasso. L’inferiorità del quadro derivava non solo dal confronto con la tridimensionalità della scultura a tutto tondo, quanto dalla possibilità di osservare la statua, girando attorno ad essa. Com’è noto, con il cosiddetto Ritratto di Gastone de Foix di Savoldo – giocato con degli specchi che consentivano di porre in luce l’effigiato anche nei due lati altrimenti invisibili -, il pittore risolse il problema di simultaneità della visione che avrebbe addirittura percorso – come un incunabolo – il pensiero cubista prima e futurista poi. La vecchia sfida si protrasse così nel tempo, al punto che, nel primo Settecento, Andrea Celesti riproponeva, in forma allegorica, il duello tra due forme espressive, come possiamo notare in questo elegantissimo dipinto della maturità, Le arti: pittura e scultura. In luce è ancora la scultura, collocata dall’artista in primo piano, mentre la pittura si trova in una posizione defilata, quasi che stia cercando di inseguire e superare l’elegante antagonista. Ma non può sfuggire, in un gioco di rinvii tutto barocco, che la scultura è dipinta magistralmente, segno che la sua vittoria parziale diviene una sconfitta definitiva a causa dell’abilità del pittore dal quale è raffigurata.
Sfida tra pittura e scultura – Una battaglia di due secoli senza vinti né vincitori
In luce è ancora la scultura, collocata dall’artista in primo piano, mentre la pittura si trova in una posizione defilata, quasi che stia cercando di inseguire e superare l’elegante antagonista. Ma non può sfuggire, in un gioco di rinvii tutto barocco, che la scultura è dipinta magistralmente, segno che la sua vittoria parziale diviene una sconfitta definitiva a causa dell’abilità del pittore dal quale è raffigurata