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Sotto il prato della torre c’è un castello. E anche un castrum romano. Iniziate le ricerche in Valtellina


C’è un castello medievale, sotto il prato della torre di Teglio. E più sotto ancora, a un livello inferiore, un castrum romano, una fortificazione di 2000 anni fa. Teglio (Tej in dialetto valtellinese) è un comune di 4 436 abitanti della provincia di Sondrio in Lombardia, situato nella media Valtellina, a un’altitudine di 851 metri. È il borgo che dà il nome alla Valtellina.

Droni e georadar dell’Università di Bergamo hanno oltrepassato visivamente la zolla erbosa per rilevare strutture profonde. In virtù di queste indagini si procederà a colpo sicuro, durante i primi scavi archeologici dell’area, previsti a partire dal prossimo agosto.

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La torre, simbolo di Teglio, è quanto rimane del castello medioevale, il Castrum Tilii, costruito sulle rovine romane di una precedente fondazione. Immersa nel verde e situata su un colle, costituisce uno splendido punto panoramico. Il nome popolare di “Torre de li Beli Miri” deriva dalla vista spettacolare che si gode dal terrazzo sommitale, dove lo sguardo può spaziare per un tratto di circa 60 chilometri. La torre è stata per secoli il fulcro del sistema difensivo della Valle, insieme al sottostante Castrum Vetus, oggi Castelvetro, e alle torri del versante orobico. Dell’antico complesso del Castrum Tilii fa parte anche la vicina chiesa di Santo Stefano, un tempo oratorio della guarnigione militare.

«Negli ultimi anni l’Università di Bergamo sta operando con sempre maggiore decisione nell’ambito della valorizzazione dei beni paesaggistici, archeologici e ambientali della montagna lombarda, in particolare della Valtellina – ha dichiarato Riccardo Rao, professore di Storia medievale e di Storia del Paesaggio dell’Università di Bergamo -. Il castello di Teglio ci è parso fin da subito un contesto straordinario per applicare tecnologie d’indagine archeologica all’avanguardia, che abbiamo sperimentato con successo negli ultimi mesi. I risultati sono estremamente positivi e ci incoraggiano a proseguire nelle ricerche».