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Stilettate di Zana. Con Ghirlandaio. La storia di nonno Boris e la fuga dei bambini


STILETTATE
di Tonino Zana
Cos’è mai il destino, ti chiedi mentre leggi che Boris Romantschenko, 96 anni, sopravvissuto a diversi campi di concentramento nazisti, venerdì muore nel suo appartamento, bruciato vivo, vicino a Kharkhiv, nella sua Ucraina, in seguito allo scoppio di una granata lanciata da Putin. Personalmente lanciata da Putin. Chi altri, se no avrebbe potuto uccidere un uomo scampato dai lager nazisti e vissuto fino quasi al secolo di vita, chi, se non uno come Hitler, come Putin, come Stalin? Che bestia è chi è responsabile di spegnere la vita di un bambino o di un uomo a 96 anni, già nel lager a 16 anni, che prima di raggiungere la sua casa svolge diversi anni di militare nella Germania Est dei comunisti sovietici e prima, deve fabbricare bombe a Peenemunde, quelle micidiali V2, una specie delle quali è servita per portarlo in un altro cielo per cui la morte più assurda diviene la vita più rilevante. Questa è la resurrezione bruciante del divisionismo ultimo e già simbolista, quando la traccia dell’ultima carne si trasfigura ed entra nel costato di ogni Dio.
Una di quelle bombe era avanzata, Putin la ereditò e decise di restituirla a chi l’aveva fabbricata. Così narra la favola del diavolo.
Boris aveva deciso di stare lì, nel suo letto, era stanco di spostarsi, per tutta la vita aveva ascoltato tante sirene, di tanti eserciti, le sirene della fabbrica, le sirene, adesso, di Putin. Boris ha deciso che era tempo di rompere con le sirene di un mondo rovesciato e ha atteso la fine. Anzi l’inizio, in ogni caso, in ogni fede o non fede umana, poiché oltre si disvela un tempo senza lager, senza sirene, senza fuoco quando ormai hai passato un secolo di vita e le hai viste tutte. Boris ora è un Signore e Putin rimane il diavolo.