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Stilettate di Zana. Con il cane di Dosso Dossi. Quando l’animalismo diviene lievemente disumano


Melissa o Circe è un olio su tela (176×174 cm) di Dosso Dossi, databile al 1522-1524 circa e conservato nella Galleria Borghese di Roma.

STILETTATE
di Tonino Zana
Mia figlia ha provato una vacanzina di maggio, costa romagnola, prezzi allucinanti, anche se in alcuni paesi resiste la misura. S’è portata il cane, 20 euro al giorno in cambio di una chiusura ermetica in camera durante i pasti. Avanza il tempo in cui i testamenti si arricchiscono di intestazioni animali.
Esso, si chiama Teo, arriverà a 15-18 anni di vita – ne ha, pare, 13 – e si fotterà una parte di eredità della nipotina Isabella, 6 mesi, un diamante con le guance chiare. Ho incitato mia figlia e il suo compagno, allineati a difendere testamenti “pro esso” a una buon senso, del tipo, evviva il rispetto e l’affetto per il cane, il gatto, il geco, prenotate pure una pietra di marmo, scrivete “ciao Teo, sei sempre con noi in Romagna” e chiuso Milano.
Vivo in un paese molto bello e circola un’aria generale di pulizia e comprensione. Una signora accoglie i gatti, li mette a riposo e secondo me è molto brava. Dopodiché, dico ad altre signore, se non sia il caso di accoglier qualche anziano senza una lira in tasca, uno di quei cinquanta invisibili persi dietro la strada della vita e chiusi in casa talmente bene da essere scoperti senza vita soltanto dieci giorni dopo la loro morte. Insomma, manca, di nuovo, il senso del buon senso.
Mi domanda spesso: esiste ancora un buon senso su cui prendere, unanimemente, delle decisioni, su cui costruire i pareri della convivenza? Temo di no: il buon senso è soggettivo con tripla A e non vale niente al contrario della tripla a di un valore in Borsa. Il buon senso, oggi, è più volatile dei valori più volatili di Wall Street. E viva l’asse ereditario antico, con pensione girata alla vedova e subito i figli. Adieu.