Credo nell’utilità della bellezza. E credo nel colore, ma non in un colore che - se abbandonato a se stesso, a sogguardarsi come un Narciso impalpabile - finisce per svaporare in atomi lievi; credo nel colore vivificato dal connubio con la materia, con la robusta, allappante consistenza delle cose.
Leggi tutto Gualtiero Marchesi, dall’humus alla Luna. Meteoriti e “pietre” primordiali nel piattoDi quando è la pittura ad interpretare la gastronomia, e non viceversa. L’operazione che ogni mese conduco dalle pagine di “Stile” contempla un suo doppio, un rosario di effigi riflesse, un accattivante itinerario a ritroso. Sono tanti i maestri che mi hanno onorato negli anni della loro attenzione, eseguendo lavori ispirati alle mie creazioni culinarie: da Tadini a Baj, da Hsiao Chin a Munari...
Leggi tutto Gualtiero Marchesi – C’e’ una seppia nel mare dell’arteGli specchi di Baj. “Certamente” scriveva nel lontano 1960 il poeta e critico d’arte francese André Pieyre de Mandiargues “si sarebbe già dovuto pensare a meglio utilizzare lo specchio tra gli innumerevoli materiali impiegati nell’arte moderna, tanto più che gli antichi specchi di Venezia avevano già mostrato, dietro le loro figurine incise, profondità pallide e insondabili. Spettava quindi a un italiano di constatarne e utilizzarne la scoperta.
Leggi tutto Attraverso lo specchio, nell’arte contemporanea. Il piatto-analisi di Gualtiero MarchesiA come Aringa marinata su fetta di pane, B come Blinis e Burro affumicato, C come Calamaretti e Caviale, P come Panna acida: è la nomenclatura di un paesaggio combattuto tra solennità e turbolenza, avvinto dal filo tenace ed allappante del nero di mollusco, spezzato nei suoi volumi da segmenti che lo solcano scindendolo in scampoli geometrici. E i segmenti assumono sembianze diverse: filo tenero d’erba cipollina, o silhouette impeccabile di un prezioso coltello Robbe & Berking, teutonico rimando alla robusta posata raminga, balenante - tra beffa e sogno - nel quadro del mio amico Emilio Tadini.
Leggi tutto Gualtiero Marchesi – Emilio Tadini e il nome delle cose, il nome scritto dà eleganza al piattoDalle ricette a queitempi considerate provocatorie e strampalate alle“tavole rotative”, formidabili piatti dipinti pronti a lievitare negli spazi siderei, a competere tra le nuvole con eroici, perigliosi e approssimativi vascelli volanti.
Leggi tutto Il piatto in cielo e la cucina futurista. I video d'epoca dei cuochi artistiNel mio pervicace rovello di rappresentazione - anche cromatica, anche visiva - di quell’impalpabile, ma esatta, cattedrale di sensazioni che sta dietro e dentro il sapore di un piatto, cercavo, un giorno, un’idea, anzi “l’idea” giusta per il racconto di un menù.
Leggi tutto I sette colori di Hsiao Chin. Come scrivere un menù con eleganzaHo conosciuto personalmente Andy Warhol. Era l’ottobre del 1983 e il grande artista si trovava in visita a Milano, in compagnia di Jean Michel Basquiat. Lo incontrai in quell’occasione, ad una festa organizzata in suo onore in una discoteca:.A lui, che compose l’elegia della Coca-Cola, dell’hamburger e della minestra in scatola, ho dedicato un piatto all’insegna della mediterranea pasta, condita da mediterraneo olio d’oliva e da mediterraneo pecorino. Stesso sapore, dunque: eppure... Le sequenze della mia opera “seriale” si scompongono in quattro tipi di pasta: ecco il pacchero, corto e tozzo, inesorabilmente trafitto di lato da una forchetta; ecco lo spaghetto, ghiribizzo che s’avvolge in iperboli imprevedibili attorno ad un’altra forchetta; ecco la sgranata nebulosa del risone, per un attimo ricomposta nella conca d’un cucchiaio; ed ecco, infine, la precisione del “radiatore”, gioiello sortito dall’estro di designer. Consegue, da ciò, il centrifugo distacco dell’unicità verso tattilità diverse, consistenze diverse, e diverse sensazioni.
Leggi tutto Gualtiero Marchesi, Sonata per Warhol nonostante lui cantasse la zuppaSul fondo scuro del piatto, si distende la mia insalata di branzino e spinaci novelli. Il verde intenso, il bianco, creano uno sfavillante contrasto di cromie. Da un punto di vista compositivo, prevale un lento sommuoversi delle forme, quasi un ondeggiare magmatico in imponderabili eppure equilibrati scoscendimenti.
Leggi tutto La quiete sopra il branzinoL’ispirazione questa volta mi è venuta dal cielo. Sì, proprio dal cielo, e per la precisione da un cielo infuocato dal tramonto che incombeva sulla periferia milanese. Ero in viaggio quando, guardando in alto, ho visto il sole affogare all’orizzonte lasciando dietro di sé, per qualche attimo, l’impronta oscura d’un raggio, obliquo ed inquietante. L’immagine mi ha colpito, con la violenza d’una emozione vera.
Leggi tutto Crippa e il raggio obliquoMi è successa una cosa strana. Ora ve la racconto. La premessa. Il mio amico Sandro Chia rilascia una bellissima intervista a “Stile”, nell’ambito dell’inchiesta che la nostra rivista sta conducendo sulla Transavanguardia.
Leggi tutto Gualtiero Marchesi – Sandro Chia, quel volto striato…