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Tina Modotti nasce a Udine il 17 agosto 1896, come Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini. Il padre è un meccanico, molto vicino al movimento operaio socialista, la madre una cucitrice.
La famiglia nel 1898 si trasferisce cercando “di far fortuna” in America, per far ritorno nel 1905. Dopo aver frequentato a Udine le scuole elementari, Tina inizia, a solo dodici anni, a lavorare come operaia per collaborare al sostentamento della sua numerosa famiglia . E’ lo zio Pietro, che ha un piccolo studio fotografico, ad avvicinarla, per primo, alla fotografia. Nel 1913 si trasferisce a San Francisco, raggiungendo il padre che era già emigrato e trova un lavoro in una fabbrica tessile, iniziando anche ad affacciarsi nel mondo della recitazione teatrale. Sposa nel 1918 il pittore Roubaix “Robo” de l’Abrie Richey, e con lui sceglie di andare a vivere a Los Angeles, dove Tina nutre la speranza di affermarsi come attrice, esordendo nel 1920 con il film The Tiger’s Coat.
E’ proprio il marito che le fa conoscere un’importante figura della sua breve vita, il fotografo Edwad Weston. Diventerà in un primo momento la sua modella prediletta e poi la sua amante. Dopo la morte del marito si trasferisce con Edward a Città del Messico. Tina Morlotti si avvicina al partito comunista diventandone attivista. Le sue grandi doti di fotografa, accresciute durante il periodo che trascorse al fianco del grande Weston la portano a ottenere notevoli riconoscimenti, tra i quali, oltre un’importante mostra personale, l’incarico di fotografare le opere dei grandi muralisti messicani: Diego Rivera e José Clemente Orozco. Per motivi politici è invitata a lasciare il Messico. Tina viaggia per l’Europa, stabilendosi a Mosca dove entra a far parte della polizia sovietica. Nel 1936 quando scoppia la Guerra civile Spagnola milita nell’ombra, al fianco di Vittorio Vidali, conosciuto negli anni di attivismo politico in Messico. Nel 1939 insieme a Vidali, con un falso nome, fa ritorno a Città del Messico.
La sera del 5 gennaio del 1942 muore in un taxi mentre stava facendo ritorno a casa dopo una cena. Molto fu detto e molto fu scritto dalla stampa riguardo questa morte ritenuta sospetta, della quale alcuni ritennero colpevole Vittori Vidali. Il poeta Pablo Neruda volendo fermare tutte le insinuazioni che riguardassero Tina, le dedicò una poesia, che qui riportiamo, le cui prime due strofe furono scelte come epitaffio per la sua tomba, posta nel Pantheon de Dolores a Città del Messico e arricchita da uno splendido bassorilievo che la ritrae dello scultore Leopoldo Méndez. Riportiamo qui la traduzione: “Tina Modotti, sorella, non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la rosa nuova. Riposa dolcemente, sorella. La nuova rosa è tua, tua è la nuova terra: ti sei messa un nuovo vestito di seme profondo e il tuo soave silenzio si colma di radici. Non dormirai invano, sorella. Puro è il tuo dolce nome, pura è la tua fragile vita: d’ape, ombra, fuoco, neve, silenzio, spuma; d’acciaio, linea, polline, si costruì la tua ferrea, esile struttura. Lo sciacallo sul tuo prezioso corpo addormentato protende la penna e l’anima insanguinate come se tu potessi, sorella, levarti sorridendo al di sopra del fango. Nella mia patria ti porto perché non ti sfiorino nella mia patria di neve perché alla tua purezza non giunga l’assassino, né lo sciacallo, né il venduto: laggiù starai in pace. Lo senti quel passo, un passo pieno di passi, qualcosa di grandioso che viene dalla steppa, dal Don, dal freddo? Lo senti quel passo fiero di soldato sulla neve? Sorella, sono i tuoi passi. E passeranno un giorno dalla tua piccola tomba prima che le rose di ieri appassiscano; passeranno per vedere quelli di un giorno, domani, dove stia ardendo il tuo silenzio. Un mondo marcia verso dove andavi tu, sorella. Ogni giorno cantano i canti delle tue labbra sulle labbra del popolo glorioso che tu amavi. Col tuo cuore valoroso. Nei vecchi focolari della tua patria, sulle strade polverose, una parola passa di bocca in bocca qualcosa riaccende la fiamma delle tue adorate genti, qualcosa si sveglia e comincia a cantare. Sono i tuoi, sorella: quelli che oggi pronunciano il nome tuo noi che da ogni luogo delle acque e della terra col tuo nome altri nomi taciamo e pronunciamo. Perché il fuoco non muore.” Pablo Neruda
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