Una cista dell’Età del Bronzo avvistata in torbiera. “Scaviamo prima che si secchi e si perda il contenuto”. Paludi e mummie

La torba, anche grazie agli sfagni - muschi tipici delle torbiere - riesce a conservare in modo straordinario la materia organica. Il caso delle mummie in palude
La cista precedentemente scavata, nella stessa zona

L’Autorità del Parco Nazionale di Dartmoor ha annunciato di essere pronta a investire 90.000 sterline per investigare e scavare quella che si crede essere una camera funeraria dell’Età del bronzo.

Il progetto è stato ispirato da una scoperta simile avvenuta in passato a Whitehorse Hill, vicino a Cranmere Pool, dove una camera sepolcrale risalente al 1700 a.C. circa conteneva i resti di una giovane donna e il suo corredo.

L’archeologo Dr. Lee Bray ha rivelato che la nuova cista – o camera funeraria – è stata individuata grazie al progressivo processo di erosione della torba circostante. L’intervento di scavo si configura come una necessità, perché la riduzione della continuità della torba potrebbe portare a degrado della sepoltura stessa e alla perdita di informazioni molto importanti. La torba impregnata di acqua e caratterizzata da particolari muschi che possono bloccare la decomposizione infatti, ha un potere di conservare intatti – per millenni – anche i materiali. L’altra sepoltura – di una giovane donna, d’età compresa tra i 15 e i 25 anni – portata alla luce nel 2016 dagli archeologi conteneva una pelle d’orso nella quale erano conservati i resti della cremazione. Accanto alla pelle c’era un cesto contenente una collana di perle di diversi materiali – una perla di stagno, sette perle di ambra, 92 perle di scisto e 109 perle di argilla – una fascia – probabilmente un’elegante cintura .intrecciata con crine di bovino e dotate di nappine – una scaglia di selce e due paia di borchie di legno. L’oggetto finale era uno spillo che potrebbe aver fissato la pelle per chiuderla.

Il finanziamento di 90.000 sterline per scavare l’altra cista è stato votato all’unanimità dai membri dell’Autorità del Parco, con l’opzione di ricercare fondi aggiuntivi tramite campagne di crowdfunding e altre fonti. Questo impegno finanziario riflette la convinzione che questa scoperta potrebbe essere altrettanto significativa di quella precedente a Whitehorse Hill.

La posizione esatta del nuovo ritrovamento è mantenuta segreta per proteggere la cista da qualsiasi possibile interferenza prima che gli archeologi possano condurre una valutazione dettagliata. Il Dr. Bray ha sottolineato l’importanza di questa scoperta, dichiarando che “abbiamo tutto il potenziale perché questo sia qualcosa di davvero speciale”.

Un elemento intrigante è la condizione della torba circostante, che è ricca d’acqua. Questo suggerisce che eventuali manufatti o indumenti all’interno della cista potrebbero essere ancora eccezionalmente ben conservati, offrendo agli archeologi un’opportunità senza precedenti di esplorare la vita e le tradizioni delle persone che vissero in questa regione millenni fa. La torba, anche grazie agli sfagni – muschi tipici delle torbiere – riesce a conservare in modo straordinario la materia organica.

L’uomo di Tollund è una mummia di palude particolarmente ben conservata grazie agli sfagni. Il corpo è quello di un uomo vissuto all’incirca nel IV secolo a.C. in Scandinavia, durante l’età del ferro e sepolto in una palude di torba nello Jutland in Danimarca. La mummia di Tollund è notevole per il fatto che il suo corpo, in particolare il volto, si è così ben conservato da sembrare morto solo di recente.
La scoperta avvenne il 6 maggio 1950, quando i fratelli Viggo ed Emil Højgaard, residenti nel remoto villaggio di Tollund, mentre tagliavano torba per il loro camino, fecero una scoperta sorprendente: un volto emergente da uno strato di torba. Ciò che inizialmente sembrava il macabro ritrovamento di un omicidio recente si rivelò presto essere un importante reperto archeologico. L’uomo di Tollund era sepolto a una profondità di 2,5 metri nella torbiera, conservato in maniera straordinaria grazie alle particolari condizioni del terreno.

Grazie agli sforzi congiunti della polizia locale e dei ricercatori del museo di Silkeborg, l’archeologo P.V. Glob fu chiamato ad esaminare la scoperta. La datazione approssimativa lo collocò nel IV secolo a.C., un uomo probabilmente sacrificato e sepolto nella palude in un antico rito legato alla fertilità.

Il volto dell’uomo di Tollund, perfettamente conservato, in ogni minimo dettaglio

L’uomo di Tollund fu ritrovato in una posizione fetale, con un cappuccio di pelle e una cintura di pelle di bue, ma altrimenti completamente nudo. La sua mancanza di vesti, sebbene inconsueta per le sepolture dell’età del ferro, potrebbe essere attribuita al deterioramento nel tempo. Il nodo scorsoio intorno al collo suggerisce chiaramente un’impiccagione come causa della morte, supportata anche dallo stato dei tessuti sotto il mento e intorno al collo.

Gli studi scientifici successivi hanno fornito ulteriori dettagli sulle abitudini alimentari e sulle circostanze della morte dell’uomo di Tollund. Il suo ultimo pasto, un porridge a base di verdure e semi, indica un’ultima cena consumata tra le 12 e le 24 ore prima della sua morte. La presenza di ergot nel grano suggerisce anche la possibilità che avesse assunto volontariamente una sostanza allucinogena prima del suo sacrificio.

L’eccezionale conservazione del corpo ha permesso esami approfonditi, inclusi test del carbonio-14 e tomografie computerizzate, che hanno confermato la causa della morte e hanno fornito preziose informazioni sulla vita e sulla società dell’antica Scandinavia.

La torba è costituita da residui vegetali immersi in acqua, che, a causa dell’ambiente acido, non si decompongono completamente. All’interno della torba possono essere presenti diversi altri materiali organici, come resti di insetti e altri animali.

Questo materiale si accumula in suoli saturi d’acqua, dove la presenza di ossigeno è limitata. È considerata la fase iniziale nella formazione del carbone, ma il processo di carbonizzazione viene interrotto a causa di eventi geologici avvenuti alla fine dell’era terziaria e all’inizio del quaternario. Questi eventi hanno esposto i resti vegetali all’aria, mantenendoli ricchi di idrogeno e ossigeno.

Poiché il processo di fossilizzazione non è completo, la torba non è classificata come carbone fossile dal punto di vista commerciale. Solo in determinate condizioni, nel corso di milioni di anni, la torba può trasformarsi in lignite.

Condividi l'articolo su:
Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz