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Un’antica “culla” nell’anfora tagliata. A quando risale. Cosa stanno trovando gli archeologi nella pianura del penitenziario


15 febbraio 2024 – Prima degli interventi edilizi per la realizzazione di un centro penitenziario, un team dell’Inrap, con il Servizio Archeologico Dipartimentale del Vaucluse (SADV), ha scavato un’area di 1,2 ettari, portando alla luce resti della prima età del ferro, un’occupazione continua dalla tarda antichità all’alto medioevo e tre tombe di neonati, collocati – come avveniva nell’Impero romano e nel primo Medioevo – in anfore tagliate a metà. Entraigues-sur-la-Sorgue – luogo in cui sono avvenute queste scoperte – è un comune di 7.812 abitanti situato nel dipartimento della Vaucluse della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.

Sepoltura perinatale in anfora © Catherine Rigeade, Inrap

“Sono oltre mille i reperti archeologici individuati al termine della fase di scavo meccanico sotto una copertura variabile tra 0,40 e 0,80 metri. Essendo in corso gli studi specialistici, le determinazioni cronologiche sono soggette a revisione e non sono definitive”. affermano, in queste ore, gli archeologi dell’Inrap.

Dell’epoca protostorica – prima Età del Ferro – sono stati portati alla luce fossati, fosse, pozzi, focolari e basamenti edilizi, nonché vasi non torniti, ceramiche monocrome grigie, ceramiche a pasta chiara e anfore Massaliet. Questo tratto di pianura fu abitato per lungo tempo.

“Sono state rinvenute tre sepolture perinatali in anfore – affermano gli archeologi dell’Inrap – L’utilizzo di questo tipo di contenitore che funge da ricettacolo per le spoglie dei defunti, nella primissima età di vita, è un fenomeno ben attestato a Narbonnaise. In tutti e tre i casi l’anfora fu segata verticalmente e rimontata per formare una cassa. Qui venivano utilizzate anfore africane. Si tratta di contenitori onnipresenti nelle province del Mediterraneo orientale tra il III e il VII secolo, il cui modulo qui utilizzato si adattava perfettamente alla sepoltura di neonati. Poiché a queste sepolture non è associato alcun corredo, la loro connessione cronologica non è ancora certa”.

Per quanto concerne il periodo medievale, nell’area sono stati trovati più di 450 silos per la conservazione di derrate, ma anche forni e pozzi.

Un silo medievale, visto in sezione. Scavato nel terreno e utilizzato per contenere il grano, la cavità era isolata, sul fondo, da un letto di pietre e coperta da un sasso piatto che fungeva da tappo © Alexandre Ayasse, Inrap

“I silos sono costituiti da fosse scavate nel terreno per ospitare, con ogni probabilità, i raccolti di grano, proteggendoli dall’aria e prevenendo la crescita di muffe, microrganismi degradanti e danni da roditori. – spiegano gli archeologi dell’Inrap – Per garantire la tenuta all’acqua e mantenere l’interno del silo in condizioni anaerobiche (assenza di ossigeno), alla sommità delle strutture sono state poste delle lastre o “tappi”. Per facilitarne l’identificazione e la localizzazione, pare siano stati utilizzati cumuli di pietre che formavano piccoli cumuli”.

“Ad oggi – prosegue l’Inrap – le ricerche rivelano uno sviluppo di queste strutture a partire dal VII o VIII secolo , ed un periodo di attività nei secoli successivi prima di essere apparentemente abbandonate nel corso del X o XI secolo” .