Vittore Grubicy, intellettuale e pittore. La poetica del Crepuscolo, verso la modernità. La mostra

Il fratello Alberto gestiva la Galleria Gubricy, che ebbe un ruolo importante sino ai primissimi anni’20 del Novecento. Vittore imbocca invece la strada di critico e promotore, curando le prime retrospettive di Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, sostenendo ed ospitando nella propria dimora Giovanni Segantini ai suoi esordi che spinge ad approfondire la conoscenza di Millet e del naturalismo francese, ma occupandosi anche del giovane Angelo Morbelli, di Achille Tominetti e di Serafino Macchiati.

VITTORE GRUBICY. Un intellettuale-artista e la sua eredità. Aperture internazionali tra divisionismo e simbolismo. Progetto di mostra a cura di Sergio Rebora e Aurora Scotti Tosini, promosso da Fondazione Livorno e realizzato da Fondazione Livorno – Arte e Cultura insieme al Comune di Livorno

Vittore Grubicy De Dragon, al Museo della Città di Livorno – fino al 10 luglio – offre realmente ciò che promette nel titolo ovvero, osservare come e quanto questa nuova figura di Intellettuale sia stata al tempo un singolare artista oltre che gallerista e scopritore di talenti, e come abbia inciso sulla scena artistica internazionale tra il divisionismo e il simbolismo.

Vittore Grubicy De Dragon, L’ultima battuta del giorno che muore, 1896, olio su tela, cm 36 x 31, collezione privata

Questa ricchissima mostra, nata da un progetto di Sergio Rebora e Aurora Scotti Tosini, promossa da Fondazione Livorno e realizzata da Fondazione Livorno – Arte e Cultura insieme al Comune di Livorno, segue più fili paralleli di racconto: l’uomo, innanzitutto, le sue passioni, le sue scelte di vita, gli ambienti italiani e internazionali che ebbe a frequentare – mai passivamente – e l’arte del suo tempo, che seppe precorrere, guidare, promuovere e poi lui stesso interpretare.
Vittore Grubicy De Dragon, Dopo due giorni di nevicata a Miazzina, 1897-1908, olio su tela, cm 36,4 x 38,5, Livorno, Fondazione Livorno

E con l’arte, il nuovo che era in arrivo, di cui coglie le opportunità, innanzitutto quelle offerte dai progressi delle tecniche di riproduzione, perfette per creare un nuovo mercato o allagarlo. Il tutto in anni in cui si transita dalla scapigliatura, al divisionismo giungendo sino agli esordi del futurismo. Come puntualmente, e con ricchezza di testimonianze, la mostra livornese documenta.
Vittore Grubicy De Dragon, Quando gli uccelletti vanno a dormire, 1891-1903, olio su tela, cm 30,5 x 52,5, collezione privata

È lo stesso Vittore, ritratto in diversi momenti della sua vita, a introdurre il visitatore nelle nove ampie sezioni dell’esposizione che, grazie anche alla possibilità di attingere ai materiali inediti conservati dagli eredi di Ettore Benvenuti (dipinti, disegni, incisioni, documenti, fotografie, oggetti d’arredo, suppellettili…) consentono di proporre una dimensione privata dell’uomo, sino a oggi poco, o mai, esplorata.
Adolfo Wildt, Ritratto di Vittore Grubicy De Dragon, 1922, marmo, cm 93 x 52 x 50, Livorno, Fondazione Livorno

I Grubicy appartengono a un nobile casato magiaro trapiantato a Milano. Mamma Antonietta è pittrice per diletto ma in casa ci sono i dipinti degli artisti più promettenti del momento, che è quello tra gli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento.

Il fratello Alberto gestisce in proprio la Galleria Gubricy, che ebbe un ruolo importante sino ai primissimi anni’20 del Novecento. Vittore imbocca invece la strada di critico e promotore, curando le prime retrospettive di Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, sostenendo ed ospitando nella propria dimora Giovanni Segantini ai suoi esordi che spinge ad approfondire la conoscenza di Millet e del naturalismo francese, ma occupandosi anche del giovane Angelo Morbelli, di Achille Tominetti e di Serafino Macchiati.

Angelo Morbelli, Il parlatorio del Luogo Pio Trivulzio – Un consiglio del nonno, 1891, olio su tela, cm 100 x 80, Alessandria, Fondazione Cassa Risparmio Alessandria

Intuendo le potenzialità internazionali dell’arte italiana, propone all’Expo di Londra del 1888 la memorabile “Italian Exhibition”. Nei Paesi Bassi, dove vive a lungo, frequenta e stringe rapporti con i maggiori esponenti della Scuola dell’Aja e comincia egli stesso a disegnare e dipingere. Viene poi l’innamoramento per il Giappone e l’Estremo Oriente. Impara lingua e scrittura giapponesi e raccoglie testimonianze notevolissime di quella civiltà che porta in Europa. Nel contempo sostiene le prime istanze simboliste milanesi: Previati, innanzitutto, ma anche Conconi e Troubetzkoy.
Vittore Grubicy De Dragon, Fiumelatte (o Lierna), 1889, olio su tela, cm 20,5 x 32, Roma, Galleria Berardi

Vittore Grubicy De Dragon, Ritratto di persona cara, 1886 circa, olio su tela, cm 32,5 x 21, Milano, Galleria d’Arte Moderna

Grubicy è molto attento anche alle arti industriali riconoscendo le qualità di eccellenza delle opere di Bugatti o di Quarti, ma apprezzando anche altre produzioni artigianali, e collezionando ceramiche rinascimentali.
L’amore per ogni forma di espressione artistica si tradusse nella pratica diretta del disegno e della pittura, trovando una specifica collocazione nell’alveo del divisionismo e del simbolismo internazionale.
Una intera sezione è riservata al rapporto tra Vittore e Toscanini, col tramite di Leonardo Bistolfi; Grubicy eseguì un ritratto postume del giovane figlio del maestro per il quale Bistolfi aveva progettato il monumento funebre al cimitero monumentale di Milano.

Vittore Grubicy De Dragon, Paesaggio. Novembre. Sera (sopra Intra, Lago Maggiore), 1890-1901, olio su tela, cm 47 x 40,5, Milano Galleria d’Arte Moderna

In mostra troviamo anche un gruppo di dipinti appartenuti a Toscanini, recentemente acquisiti da Fondazione Livorno. Proprio Livorno è al centro dell’ultima sezione della grande mostra perché, come è testimoniato dalle opere in essa esposte, Vittore ebbe un ruolo fondamentale nel rinnovare la pittura livornese, dopo la lunga vicenda macchiaiola e post macchiaiola.

Vittore Grubicy De Dragon, Fiumelatte. Serie delle “Sensazioni giojose”, 1891, olio su tela, cm 31,5 x 24,8, collezione privata

“La presenza di un cospicuo nucleo di opere dell’artista nelle collezioni della Fondazione Livorno e la disponibilità pubblica del suo ricchissimo e prezioso archivio presso il Mart di Rovereto hanno offerto nuovi innumerevoli spunti di studio e sono alla base anche della mostra, che intende proporre il personaggio nella sua veste pubblica di intellettuale, artista e promoter ma anche nella sua dimensione privata e più nascosta di uomo del suo tempo, con le sue debolezze, le sue idiosincrasie, la sua generosità e i suoi slanci sentimentali” sottolineano i curatori Sergio Rebora e Aurora Scotti Tosini.

Accompagna la mostra un catalogo, edito da Pacini Editore, riccamente illustrato. Una vera e propria monografia con saggi e documenti inediti

Biglietti: intero 8 €; ridotto € 5
Orari: dal martedì al venerdì 10,00-20,00; sabato e domenica 10,00-22,00
Lunedì chiuso

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Maurizio Bernardelli Curuz
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