15 agosto, l’Assunta. Quando prendiamo in braccio i genitori e i nonni come se loro fossero, ora, i nostri bambini

Una miniatura, in mostra a Bologna, illustra il giorno in cui Maria tornò ad essere bambina, per sempre, nelle braccia del Figlio. Lui, teneramente amato, amava. Lui che aveva ricevuto dalla madre la vita terrena, le donava la vita eterna

Si chiama Dormizione di Maria o Dormitio virginis. Nel Cristianesimo, viene così chiamato il trapasso di Maria, madre di Gesù, che viene assunta in Cielo. E’ un sonno temporaneo.
Nelle raffigurazioni antiche, era Cristo stesso a prendere in braccio l’anima della Madre, invertendo i ruoli della Natività. Lui, teneramente amato, amava. Lui che aveva ricevuto dalla madre la vita terrena, le donava la vita eterna. La dormitio diveniva, pertanto, sia la rappresentazione del passaggio all’eterno, attraverso Cristo, che una splendida rappresentazione dell’amore filiale. Nel 1950, il Papa proclamò il Dogma dell’Assunzione. Mentre con la Dormitio verginis non era chiaro se Maria fosse morta e risorta al Cielo, con l’Assunzione – che viene celebrata il 15 agosto di ogni anno – Maria passa direttamente dalla vita alla Vita.

Non può sfuggirci la gioiosa tenerezza dell’antica Dormitio, che ci avvicina all’amore estremo, dolce e struggente che proviamo – proprio in quest’inversione dei ruoli – nei confronti dei nostri genitori o dei nostri nonni, quando diventiamo adulti e loro hanno estremo bisogno di noi, della nostra vicinanza fisica, ma soprattutto spirituale e sentimentale.


Questa immagine della Dormitio viene presentata nel corso della mostra Dante e la miniatura a Bologna al tempo di Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese, a cura di Massimo Medica, da Bologna Musei al Museo Civico Medievale (fino al 3 ottobre 2021).

Maestro della Bibbia di Gerona, Graduale, Ms 526

Dante soggiornò a Bologna in più occasioni: una prima volta probabilmente intorno al 1286-87, quando forse frequentò, come “studente fuori corso”, l’Università. Più prolungato dovette essere invece il secondo soggiorno, che vide il poeta trattenersi in città per almeno due anni, dal 1304 al 1306. Dopo avere lasciato Verona, e poi Arezzo, Dante ricercava ora nella scrittura e nello studio il motivo del suo riscatto che l’avrebbe risollevato dall’ignominia dell’esilio, iniziato nel 1302. Ed è probabile che in queste circostanze avesse scelto proprio Bologna come possibile nuova meta, atta a garantirgli le necessarie risorse per vivere e anche per studiare e scrivere.

Miniatore, bolognese, Antifonario, Ms 515

Una presenza che dovette consentirgli di entrare in contatto con alcuni di quei luoghi deputati alla produzione e alla vendita dei libri, dove probabilmente aveva avuto notizia dello stesso miniatore Oderisi da Gubbio di cui racconta l’incontro, tra i superbi, nell’XI canto del Purgatorio: «Oh!», diss’io lui, «non se’ tu Oderisi,/ l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte/ ch’alluminar chiamata è in Parisi?»/ «Frate», diss’elli, «più ridon le carte/ che pennelleggia Franco Bolognese;/ l’onore è tutto or suo, e mio in parte.

Ed è in particolare in questo canto, spesso oggetto di riflessioni da parte degli storici dell’arte, a lasciar trapelare l’interesse del poeta per le discipline pittoriche e per l’arte della decorazione miniata del libro.

Maestro Bibbia Gerona, Graduale, Ms 526

Le terzine lasciano infatti intuire i rapporti del poeta con il mondo della produzione libraria ai più alti livelli, che non doveva limitarsi alla conoscenza personale dell’eugubino, come testimoniato dal riferimento all’enluminure parigina e all’altro miniatore Franco Bolognese, dimostrando come il sapere artistico di Dante fosse aggiornato, e non limitato solo alle figure più note di Cimabue e Giotto, ma anche edotto su un’arte più esclusiva ed elitaria come quella del minio.
La scheda della mostra in http://www.museibologna.it/arteantica/eventi/51895/id/104694

 

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Maurizio Bernardelli Curuz
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