200 monete romane, lucerne, chiavi romane, ma, soprattutto, l’emersione di una struttura, nella campagna, isolata, che potrebbe essere un’antica stazione di posta, utilizzata per il cambio dei cavalli e per funzioni di ospitalità lungo il viaggio. L’edificio disponeva anche di luoghi produttivi legati all’agricoltura.
E’ quanto sta emergendo da uno scavo di estremo interesse nella campagna di Argenta, comune di 20mila abitanti della provincia di Ferrara in Emilia-Romagna, che sorge sulla sponda sinistra del fiume Reno, a 33 chilometri a sud-est del capoluogo ferrarese. Un territorio attraversato da numerosi fiumi o specchi d’acqua, tra i quali le valli di Campotto e le valli di Comacchio. La provincia di Ravenna è al di là del confine.
COM’E’ AVVENUTA LA SCOPERTA
Tutto è avvenuto recentemente. Due agricoltori, arando, sentono che in un punto della proprietà agricola l’aratro risuona di cocci. E’ un suono particolare ben distinto dal silenzioso incedere del vomere nella terra. Gli agricoltori fermano il trattore, scendono e si rendono conto che il rumore era causato da lacerti di laterizi e di ceramica, probabilmente antichi.
Così ne raccolgono un po’, li mettono in una scatola di scarpe e li consegnano a Chiara Guarnieri, ispettore della soprintendenza di Bologna. Nelle settimane successive vengono organizzati sopralluoghi. Si opera, nel tempo, attraverso un bell’esperimento di archeologia condivisa, con battute di ricerca superficiale e persino con il coinvolgimento dei ragazzi delle scuole.
“Così partono i primi accordi, s’inizia a scavare. E dal primo scavo sono emersi una vasca in pendenza con pavimentazione a spina di pesce – ha spiegato l’ispettrice nei mesi immediatamente successivi alle prime verifiche – , ceramiche della prima età imperiale, pezzi di laterizio, un muro con un bollo che oggi non ha confronti. Poi, una buca di palo per la copertura di un tetto, una chiave in bronzo: sicuramente una zona produttiva».
A fine ottobre 2021 – dopo le interruzioni della attività in presenza – le ricerche sono riprese con gli scavi, che continueranno, condizioni meteorologiche permettendo, nei mesi a venire.
Nell’area sottoposta ad indagine sono state trovate anche 200 monete di diverse epoche. Le monete stesse, che coprono un arco temporale dal II sec. a.C. al VII sec. d.C., e il materiale ceramico di piena età imperiale, attestano la continuità di frequentazione di quella che forse fu una struttura legata al commercio e ai trasporti dall’età repubblicana fino all’epoca in cui fiorirono ad Argenta l’abitato di Palmanova e la Pieve di San Giorgio. Una stazione di Posta antica? Un luogo per l’ospitalità e il cambio dei cavalli?
“A seguito di una survey che ha confermato l’abbondanza dei reperti e la loro concentrazione, nella primavera dello stesso anno sono stati aperti due saggi di scavo grazie ai quali sono state portate alla luce alcune sottofondazioni di murature, oltre ad una vasca con pavimentazione a mattoni a spina di pesce di cui ancora non si conosce la funzione”. – dicono in Comune – Dopo questa prima esperienza, condotta dall’archeologa Flavia Amato con la collaborazione del Gruppo Archeologico Ferrarese, con il coinvolgimento di volontari argentani e il sostegno economico del Comune di Argenta, gli scavi si sono interrotti anche a causa dell’insorgere dell’emergenza sanitaria, ma le ricerche sono continuate con prospezioni geofisiche, che hanno permesso di conoscere la reale estensione del sito archeologico, e anche con lo studio dei materiali rinvenuti”. Ora si è tornati al lavoro, sul campo.
“Il parere dell’archeologa della Soprintendenza Chiara Guarnieri è che la scoperta di questo edificio nel territorio argentano costituisca una novità di rilievo in una zona avara di testimonianze archeologiche e imponga la necessità di analizzare ex novo il territorio compreso tra Consandolo, Portomaggiore e Bando, con particolare attenzione sul significato del Sandalo, del Po di Primaro e dell’alveo del Po di Portomaggiore. Il settore a nord di Argenta è caratterizzato dalla presenza di una fitta serie di paleoalvei che ben documentano quale dovesse essere l’aspetto di questo territorio in età romana, nel quale giocavano un ruolo determinante le vie fluviali”.
“Siamo entusiasti della ricchezza storico-archeologica che piano piano il nostro territorio ci sta svelando. Un percorso di lavoro e ricerca che siamo lieti di sostenere in coordinamento con la Soprintendenza e il Gruppo archeologico Ferrarese – commenta Andrea Baldini, sindaco di Argenta – Vorremmo che questa passione che accomuna gli operatori diventasse la passione di molti, perché è nella storia del nostro territorio, anche non recente, che ritroviamo le nostre radici culturali, per questo siamo sempre favorevolmente colpiti quando gli istituti scolastici si avvicinano coi loro giovani a questo tipo di studi, soprattutto se fatti “sul campo”, dove è possibile toccare con mano la terra e i suoi tesori nascosti.”
ARGENTA E IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA
E DI LOGISTICA CIVILE
DEGLI ANTICHI ROMANI
Cos’era, esattamente, l’edificio di Argenta? Si dovrà scavare ancora. Ed è quanto si fa, anche in queste ore. Tanti indizi porterebbero comunque a pensare che fosse un luogo a destinazione pubblica. Le mansio – o mansiones, secondo la dizione corretta – furono la spina dorsale dei trasporti e del controllo del territorio. E gangli del sistema informativo e di interconnessione rapida del mondo romano. Che non era assolutamente lento. Si può parlare di mansio come sistema di accoglienza, anche se le mansiones stesse erano direttamente gestite dallo Stato e riservate a personaggi cospicui. Per tutti gli altri viaggiatori funzionava una rete di accoglienza privata – alla quale forse appartiene anche la struttura di Argenta – come le Tabernae – intese come ostelli – o le Cauponae, sorta di aree di servizio che andarono a costituire una rete privata lungo le strade romane, sorgendo spesso nei pressi delle mansiones. Un terzo sistema di “stazioni di servizio” funzionava per veicoli e animali: le mutationes (stazioni di cambio) si trovavano a intervalli di 12-18 miglia. Qui si potevano comprare i servizi di carrettieri, maniscalchi e di equarii medici, cioè veterinari specializzati nella cura del cavallo. E’ chiaro che il rapporto tra pubblico e privato era strutturalmente virtuoso.