di Roberto Manescalchi
Ci sono giorni che sarebbero da cancellare. Avete presente quando l’uggia, la noia e fuori la pioggia sembrano aver voglia di non cessare mai? Che cosa si può fare per ingannare il tempo? Navigare per qualche minuto tra le foto in bianco e nero della Fondazione Zeri è una delle opzioni. Pochissimo tempo e abitualmente ci stanchiamo. Le foto sono tutte in bianco e nero e non è vero, come sosteneva Federico, che siano migliori di quelle a colori per vedere le cose. Lui le aveva raccolte così e, secondo noi, di necessità virtù. A Pagina 3 di 8, sono su Piero della Francesca – provo a vedere se in qualche vecchia foto trovo la prova di qualche misfatto operato con restauri più o meno recenti – leggo: Pietro di Benedetto dei Franceschi Maria Vergine Annunciata (Fot.1) e subito sotto: Pietro di Benedetto dei Franceschi Angelo annunciante Fot.2).
Bravo Federico Zeri attribuzione più che corretta. Non solo lo dice Zeri, ma che nessuno si azzardi ad obiettare qualche cosa… Chi non è in grado di vedere un Piero della Francesca deve cambiare mestiere che quello di Storico dell’Arte non lo può fare! Piero è assolutamente inconfondibile. Subito sotto, in entrambi i casi, l’aggiunta: Asta Sotheby’s, Londra. Apriamo la scheda dell’Arcangelo Gabriele e troviamo: Asta Sotheby’s, Londra 8 dicembre 1965 lotto 49. Dati tecnici: dipinto murale, frammento, affresco staccato, cm 63,5 x 48,2 e ancora: Sotheby’s – Pietro di Benedetto dei Franceschi (Piero della Francesca) – scuola – sec. XVI – Angelo annunciante -. Stessa precisa cosa per l’Annunciata… stesse misure e l’indicazione di scuola di Piero.
Dov’è il problema? Di problemi ce ne sono tanti:
1) problema dell’accoppiamento dei due frammenti (Fot.3) che costituiscono parti della medesima annunciazione.
I due frammenti in asta, stando alle schede, facevano parte di un unico lotto il 49, ma, contrariamente ad altre innumerevoli volte, nella fototeca di Zeri non esiste una visione di insieme. Abbiamo provveduto noi e può sembrare di una banalità lapalissiana. L’uovo di colombo, ma dopo che una cosa è stata fatta tutto diventa semplice a chiunque.
I due frammenti si possono accoppiare in virtù della medesima balaustra/davanzale che corre alle spalle della Vergine e dell’Arcangelo. Ovviamente è del tutto arbitraria la distanza in orizzontale tra le due figure ignorando i frammenti perduti dell’architettura che legava l’originale iconografia.
2) contrariamente a Zeri che attribuisce in modo corretto restano gli esperti di Sotheby’s (cui un qualche credito bisogna pur dare) che sostengono essere pittura di scuola. L’errore, macroscopico ed evidente, fu dovuto forse alle cattive condizioni dei reperti? Alla evidente perdita di colore dovuta alle operazioni di distacco? Ci interessa poco sapere cosa passava per la testa di chi allora compilò la scheda e le motivazioni che lo indussero ad un determinato tipo di scelta ed a un clamoroso errore. Certo è che:
a) L’Annunziata deriva (o viceversa) dal cartone dell’Annunziata della cimasa del polittico di Sant’Antonio di Perugia oggi nella Galleria Nazionale dell’Umbria. Le immagini, come dimostra le elaborazioni (Fot.4, 5) dell’Ing. Giovanni Cangi (docente presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e Associato di Ricerca presso l’ITABC – Istituto per le Tecnologie Applicate ai BB.CC. – del CNR) si sovrappongono perfettamente.
Quando anche, nella realtà, le opere avessero misure diverse e incompatibili (la mancanza di un termine -il frammento di affresco- impedisce un raffronto reale) con l’uso del medesimo cartone mi auguro non si voglia precludere al codificatore della scienza prospettica la possibilità di ingrandire e o ridurre a piacimento un suo disegno.
b) Il restauro virtuale (Fot.6) operato da Nadia Scardeoni, Icomos Italia – International Council on Monuments and Sites – (Metodologia del restauro virtuale – CNR, ROMA – TOKYO/ Nuove tecnologie per i beni culturali 2006-2007
– https://restaurovirtualemetodoscardeoni.blogspot.com/2020/11/piero.html – addsarchivio@gmail.com), ha evidenziato quanto segue: “Lo studio dell’immagine di una Annunciazione, attribuita a Piero della Francesca, affidatami da Roberto Manescalchi, ha prodotto due possibili letture di rilievo: la ricostruzione del profilo destro e l’interpretazione di evidenze frammentate di un velo, chiaro stilema di Piero della Francesca, come risulta dal possibile confronto con altre sue Madonne velate.” (Fot.7 a sx particolare della Madonna di Senigallia, Galleria Nazionale delle Marche; a dx particolare dell’Annunciata in San Francesco ad Arezzo)
c) per quel che mi riguarda, in questo contesto, mi soffermerò in esclusiva su due questioni:
– la prima riguarda la mano sinistra della Vergine Annunziata (Fot. 8).
Si tratta di una mano più unica che rara. Una mano che è nel dna di Piero. L’artista la ripropone con una costanza quasi ossessiva e senza pensiero in modo assolutamente istintivo. Si tratta della mano anchilosata e artritica di una donna di casa. Una mano deformata dal lavoro sui campi, dalla quotidianità del fare domestico e o dall’acqua fredda del fiume dove si lavavano i panni. La mano da cui ha ricevuto ceffoni e carezze. La stessa mano con cui la Madonna del Parto (Fot.9) mostra ed indica la pienezza del suo grembo.
La precisa mano che ha fatto dire ai puristi che Piero non sapesse disegnare l’estremità distale degli arti superiori e o addirittura ipotizzare che stante i marcati difetti altri avessero realizzato alcune mani al posto suo. Emblematico il fatto della realizzazione delle mani del Duca Federico II da Montefeltro ad opera di Pedro Berruguete (Fot.10) nella Pala di Brera.
Ma Piero, in questo caso, le mani al duca non le aveva proprio dipinte e questa è altra storia che racconteremo… prima o poi! Certo è che Piero, avesse solo fatto mente locale, le mani avrebbe potuto disegnarle in tutte le posizioni in modo divino che ci deve essere un valido motivo se uno si chiama Piero della Francesca e uno Pedro Berruguete. La mano della Annunciata nel nostro frammento di affresco è quindi un precipuo stilema che dichiara inequivocabilmente il suo autore.
La seconda: concesso e per niente ammesso che i due frammenti di affresco siano di scuola chi avrebbe dovuto esserne l’artefice tra gli allievi e o seguaci di Piero della Francesca? Ci sovvengono i nomi di: Lorentino d’Andrea, Giovanni da Piamonte, Alessio Baldovinetti, Bartolomeo della Gatta, Luca Signorelli, Parri Spinelli, Pietro Perugino, Francesco del Cossa, Giuliano Amadei, Ercole Roberti… nessuno, seppur con i debiti distinguo e con la migliore della buona volontà, si è mai avvicinato a meno di cinquantasette cieli sotto quello in cui volava il maestro. L’opera di cui stiamo trattando era loro naturalmente preclusa per definizione… un postulato!
3) da dove provengono i due frammenti di affresco?
4) chi fu l’autore materiale del distacco dell’affresco dal muro dove Piero lo dipinse? Al riguardo accenniamo qui ad una nostra lontana – eravamo giovanissimi e privi di qualsivoglia scienza, ma che ben la ricordiamo – visita (correva l’anno 1972) al rudere di una chiesa diroccata dietro il cimitero di Pieve Santo Stefano (Fot.11 un fronte laterale e 12 quel che resta dell’abside).
Erano con noi tre compianti compagni cui tutto dobbiamo della nostra futura formazione: il Prof. Giuseppe Nomi impareggiabile cultore di storia locale e di questioni pierfrancescane; il Prof. Eugenio Battisti autore della più rivoluzionaria e ad oggi insuperata monografia su Piero della Francesca; il Prof. Marco Dezzi Bardeschi guru del restauro architettonico ed insuperato esperto di architetture in qualche modo legate a Piero della Francesca.
5) quando e come i due frammenti lasciarono il nostro paese?
A questi ed altri quesiti tenteremo di dare le giuste risposte in un saggio che uscirà nel prossimi mesi. Anticipato, in qualche modo il come il luogo che con maggiore probabilità si candida, come sito di provenienza del nuovo testo pittorico pierfrancescano, sia la piccola città toscana di Pieve Santo Stefano; ci resta solo da aggiungere che il principale indiziato delle operazioni di distacco – a quei tempi si usava – risponde al nome di Stefano Bardini, il principe degli antiquari (Fot.13).
Anche Sansepolcro ci offre una probabile ipotesi sulla originaria collocazione dell’affresco e anche la città di Gubbio potrebbe essere, per certi versi indissolubilmente legata a questa Annunziata ed allora le quotazioni di Elia Volpi (allievo e protetto del Bardini; Fot.14, qui ritratto da Silvio Zanchi)
come probabile esecutore del distacco dell’affresco prenderebbero quota. Al saggio di cui anticipiamo la copertina (Fot.15) e alla ulteriore documentazione reperita rimandiamo per chi avesse interesse.
lo facciamo non prima di aver sottolineato con forza che oggi è stata acquisito alla conoscenza del corpus dell’opera pierfrancescana un nuovo affresco. Non ci risulta infatti che Zeri, salvo errori ed omissioni che sempre caratterizzano gli studi, abbia mai scritto di questa annunciazione (eppure aveva le foto ben attribuite in collezione). Certamente di questa opera non parla Eugenio Battisti nella sua monumentale monografia del 1971 (neanche Marisa Dalai Emiliani ne fa cenno nella sua, a mio avviso pretenziosa, revisione dell’opera del Battisti medesimo edita nel 1992). Dell’affresco in questione non ci risulta traccia in alcun ‘regesto’ delle opere di Piero e non ci risulta sia neppure mai considerato tra le opere di scuola per cui a buon diritto crediamo di poter rivendicare un qualche merito nell’aver ricondotto quest’opera, come certamente merita, nel novero della produzione del maestro di Borgo Sansepolcro. In chiusura di questo articolo Nadia Scardeoni ci ha segnalato un’opera che chiaramente si rifà all’angelo Pierfrancescano (Fot.16, https://www.mutualart.com/Artist/Piero-della-Francesca/FEF6EA55AC22EFAB).
Secondo la Professoressa si tratterebbe di opera diversa dal nostro testo pierfrancescana anche se da quel testo chiaramente muove. Noi ci auguriamo che non si tratti proprio di quel testo ridipinto/reinterpretato da uno dei tanti, troppi restauratori cui andrebbero mozzate le mani. Un testo che sarebbe, purtroppo, ritrovato ed irrimediabilmente perduto nello stesso preciso momento in cui scriviamo. Una sciagura per l’intera umanità