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Il cretto o craquelure, in francese, è un reticolo disordinato di piccole crepe o innalzamenti di colore, simili ai segni del nostro sistema vascolare a fior di pelle, che si producono, generalmente, nella parte superficiale del dipinto, pertanto sul colore, in un arco di tempo che va dai sessanta ai 120 anni della conclusione dello stesso. La lunga gestazione del fenomeno è dovuto alla perdita progressiva dell’elasticità del colore a olio.
Se infatti schiacciamo una pallina di colore rimasta sulla tavolozza per qualche settimana, ci accorgiamo che essa ha una consistenza gommosa, provocata dal cosiddetto legante, cioè il liquido – nel nostro caso l’olio- nel quale la polvere di colore è stata stemperata. Un tempo l’unione di pigmento, cioè colore, generalmente in polvere, e legante veniva compiuta nelle botteghe dei pittori. Dal XIX secolo questo lavoro viene effettuato dall’industria, che poi provvede a inserire il colore nei tubetti. Il fenomeno della craquelure, se contenuto, non è mai deturpante, perchè contribuisce a dare all’opera il fascino del tempo che ha attraversato.
Si corre qualche pericolo, invece per quanto riguarda, specialmente, numerosi ritratti della fine del Settecento e dell’Ottocento poichè per realizzare dipinti molto somiglianti si utilizzava una minima quantità di colore, con il fine di assecondare la verità cromatica degli incarnati e perchè il quadro risultasse liscio, piatto, senza asperità. Il film pittorico di queste opere è particolarmente sottile, secco e sensibile alle variazioni climatiche e alla frantumazione causata dalla volatilità dei leganti, dai movimenti della tela – provocati anche dal mutamento fisico del telaio – dall’escursione termica e da fenomeni chimici come l’ossidazione. A ciò si aggiunga che, soprattutto nell’Ottocento, queste sottilissimi strati di colore venivano stesi su tele dai fili anch’essi molto sottili e dalle trame particolarmente fitte e, pertanto, scarsamente in rilievo. Ciò consentiva di ottenere la massima precisione, ma la mancanza di trame rilevate non permetteva al colore di aggrappare perfettamente poiché le stoffe erano quasi lisce. Il cretto, in questi casi, può diventare una crepa profonda che interessa il film pittorico dalla superficie superiore a quella inferiore e poichè il colore, a causa della sottigliezza e della trama fitta della tela non è perfettamente legato, attraverso la preparazione, alla stoffa sottostante, può subire distacchi deturpanti, in forma scagliosa.
Un consiglio, pertanto: specialmente i ritratti analitici e precisi, realizzati con poca materia, (al tatto vi renderete conto tanto della superficie molto liscia quanto, osservando l’opera di lato, sul suo telaio, che lo strato è molto sottile) vanno tenuti lontani da caloriferi o fonti di calore dirette, quanto dall’azione diretta dei raggi del sole e mossi con estrema cautela. Corrono meno rischi e possono presentare una craquelure minima o quasi inesistente i dipinti più ricchi di strati, più corposi e ancora, pur parzialmente, elastici. In fondo la craquelure, che si manifesta soprattutto sulle tele, ma interessa anche le tavole, a dimostrazione che essa è prodotta non soltanto dai movimenti di tensione e deflessione della tela ma pure dalle escursioni termiche, ha un comportamento simile a quello delle crepe a reticolo che si disegnano nel terreno, durante periodi di temperature elevate e torride e di siccità. Il terreno, in condizioni normali è piuttosto elastico, grazie alla presenza di acqua e di sostanze argillose. L’evaporazione dell’acqua lo indurisce e lo fa ritirare, in blocchi, con la creazione di crepe tra un blocco e l’altro. E sotto il profilo fisico, nonostante i componenti siano diversi, identica è la dinamica del cretto o craquelure. Teniamo conto che i colori ad olio, prima di essere considerati asciutti completamente, soprattutto nella parte interna, posso attraversare ampiamente un secolo. La progressiva impercettibile evaporazione di diluenti e leganti, con il passare del tempo, si comporta come l’evaporazione dell’acqua dal terreno, con la riduzione della parte “umida” e la creazione di fratture, e con la successiva parziale sovrapposizione di un lato dei blocchi – avremo allora la craquelure in rilievo, simile a un reticolo di cicatrici o alla pelle umana avvizzita – o la frattura con mantenimento di un sottilissimo iato, discendente, tra un blocco e l’altro. Le fratture possono essere più o meno violente e profonde. E ciò dipende, nell’uno e nell’altro caso, dal movimento di assestamento del legno del telaio, dall’escursione termica e dalla quantità di legante inserito. Un colore miscelato con poco olio, tenderà a perdere elasticità, rispetto a un colore più ricco di legante. I colori che producono più craquelure sono quelli bianchi o chiari.
Un quadro ben conservato avrà craquelure gradevoli, fisiologiche, naturali contrassegnate da linee sottili, non più ampie di un filo di ragno. In opere con buone preparazioni del supporto e una buona quantità di colore, esse non costituiscono il minimo pericolo per l’integrità del dipinto. Le prime avvisaglie di un cretto pericoloso si hanno quando la superficie è sempre più secca e scagliosa, simile, per certi aspetti al tronco di una betulla, con inizi di distacchi che si manifestano come lembi di pittura che presentano una punta in rilievo, che tende ad arrotolarsi su se stessa. I colori possono essere consolidati dai restauratori
Altro rischio di degenerazione del cretto è legato ai luoghi in cui si alternano temperature molto calde a temperature fredde. Il caldo tende a dilatare la materia, come ben sappiamo, mentre il freddo la comprime. Il caldo seguito dal freddo comporta micromovimenti opposti delle masse che possono rendere più profondo il cretto quanto, a causa di una tendenza al movimento orizzontale della contrazione e della dilatazione, i distacchi di lacerti dalla tela. Per questo, nei musei, è necessaria la presenza di aria condizionata, che renda stabile la temperatura per evitare che le escursioni termiche agiscano sui film pittorici. L’aria condizionata è molto utile anche per il contenimento dell’umidità. Se infatti si provoca una condensa dietro alla tela e l’umidità si asciuga rapidamente, la tela si “ritira” – proprio come certi abiti in lavatrice – si tende sui supporti e questo movimento può favorire cretti e distacchi. I musei non prestano molto volentieri ad altri musei i quadri antichi perchè, per quanto le precauzioni siano numerose e la tecnologia dei contenitori, dei trasporti e della movimentazione, porti quasi a grado zero lo stress del dipinto, si pensa che numerosi spostamenti possano aumentare la possibilità che si creino problemi all’opera.
E’ POSSIBILE CREARE UNA FALSA CRAQUELURE?
Al di là dell’utilizzo dei prodotti in commercio, vernici finali che spezzano l’unità del film pittorico, che devono essere poi cosparse di colore scuro che mascheri il cretto troppo profondo (lo spiega bene la restauratrice nel video) i falsari utilizzano metodi più sofisticati, utilizzando pigmenti e olio di lino anzichè i colori dei tubetti. Aggiungono minori quantità di olio di lino e aumentano i solventi che, una volta evaporati, creeranno le crepe. I quadri vengono passati al forno e messi in freezer più volte di seguito affinchè siano create in poche settimane, in modo concentrato le escursioni termiche che avvengono normalmente in molto tempo.
COLORI A OLIO E TECNICHE
[C]i avete contattato in molti, neofiti delle pittura ad olio ma anche professionisti; la domanda è comune: quali sono i colori ad olio migliori in circolazione? Quali si adattano meglio al mio livello di pittura?
Ma, prima di “addentrarci” nella materia, vediamo a chi possono servire i colori a olio
Pittura figurativa tradizionale
- Ai pittori di paesaggio
- Ai pittori di nature morte
- Ai ritrattisti
- A chi ha bisogno di velature trasparenti e lucide per rifinire gli acrilici
- A chi si vuole avvicinarsi in modo classico all’astratto, preferendo la materia “elastica” dell’olio essiccato ad altre soluzione materiche
- A chi vuole esercitarsi con copie d’autore
- A chi intende raggiungere i massimi effetti di verità
Pittura contemporanea
- A chi vuole mantenere, nell’astratto nella sintesi, una matericità che appartiene alla tradizione
- A chi vuole completare acrilici, che sono più spenti, con interventi vivificanti
- A chi crede che le tecniche miste consentano il massimo dell’espressione tecnica
I colori ad olio, per quanto siano di più complessa gestione, non possono mancare nello studio di un artista, accanto agli acrilici.
I LIMITI DEI COLORI A OLIO
Essi, nonostante costituiscano per antonomasia la pittura, richiedono tempi di asciugatura che sono piuttosto lunghi, specie se essi sono dati “a corpo” – cioè in strati spessi, come accadeva spesso nella pittura di Van Gogh – mentre l’essiccazione dell’acrilico è rapidissima e può essere assimilata a quella della tempera. L’untuosità dei materiali richiede un certo ordine da parte del pittore per evitare di sporcare gli abiti e gli ambienti in cui opera. Questi materiali esigono poi un certo esercizio compiuto con qualche prova in quanto, offrendo, con diluizioni performanti e uso dei pennelli di forma e ampiezze variabili, esiti diversificati, impongono la maturazione d’esperienza che consenta di sfruttare appieno le numerose possibilità offerte dal prodotto. Nel caso di una pittura realista o iperrealista essi richiedono tempi maggiori di attesa per le stesure successive e la capacità di fermarsi al momento giusto, ma sono indispensabili, anche solo come finitura, per rendere l’effetto del “vero”. Uno dei maggiori errori compiuti dai neofiti con i colori a olio è quello di raggiungere un buon risultato in una frazione della prima seduta e di voler andare oltre, nel completamento. Questo comporta spesso il crollo di qualità del quadro. Il colore a olio richiede all’artista, nell’ambito della pittura tradizionale, di evitare eccessive sovrapposizioni, a quadro ancora bagnato, poichè l’effetto è quello dello spegnimento del colore. Per le stesure successive sarà necessario attendere 24-48 ore – dipende dallo strato di materia – affinchè la parte superficiale della pittura sia asciutta e sia possibile procedere con stesure superiori.
Ogni stesura superiore avrà invece tempi sempre inferiori poiché la quantità di colore generalmente impiegata è più lieve. Un caso a sé riguarda la cosiddetta pittura alla “prima”. Essa prevede che il quadro ad olio sia steso in una sola seduta, di getto. Ma i colori, in questo caso non vengono mischiati sulla tela, quanto giustapposti – messi, cioè uno accanto all’altro, più come tasselli di un mosaico che come pennellate tout court – per evitare mèlange che portano sempre a un colore indefinito, vicino al grigio tortora. La seconda stesura dovrà sempre avvenire quando ormai il quadro non appiccica. E la prova si affronta manualmente. Per chi non vuole attendere, esistono prodotti additivi, chiamati essiccativi o essiccanti, in grado di accelerare notevolmente l’asciugatura. Li vedremo poco più avanti, nell’articolo.
LA SCELTA DEI MATERIALI
Ecco un nostro elenco con le migliori marche e relativi pregi. Abbiamo provato ad uno ad uno ciascun prodotto, per potervi offrire una resoconto puntuale. Potrete così indirizzare la scelta nei confronti di un prodotto che sia in linea con le vostre esigenze tecniche e che rispetti il vostro budget. E’ certo il fatto che, specialmente nella pittura tradizionale – figura, paesaggio, veduta, natura morta – la qualità dei colori è determinante per l’esito del quadro. Come un pianoforte di livello per un concertista. La qualità dipende molto dalla purezza dei pigmenti utilizzati e del medium – l’olio di lino – nonché dalle modalità di incorporazione del medium nell’olio stesso.
Questi colori non virano, con il tempo, nonostante il naturale assestamento cromatico, che crea invece una fusione elegante dell’opera, in ogni sua parte. E si avvicinano maggiormente alle ricette tramandate dai pittori antichi. Terre e ossidi venivano infatti stemperati nell’olio di lino. La concentrazione del pigmento è direttamente proporzionale alla durata del tubetto e alla brillantezza del colore. Pertanto potrà sembrare di conseguire risparmi, con prodotti già molto diluiti. Ma questi ultimi si consumano prima.
IL COLORE DI QUALITA’
Il colore di qualità si presta ad una più ampia gamma di effetti, proprio in virtù alla concentrazione della materia prima. I costi variano appunto in base alla purezza, Può essere allungato, sulla tavolozza, secondo gli effetti che vogliamo ottenere. Essenza di trementina, principalmente, come diluente. Oppure un tocco minuscolo di acquaragia, che noi preferiamo poiché consente, se usata senza eccessi, di ottenere una più rapida asciugatura della prima stesura, anche se induce una lieve attenuazione della brillantezza. L’acquaragia può essere molto utile se operiamo all’aria aperta, davanti a un paesaggio che intendiamo catturare con una certa rapidità e che rifiniamo in studio o con un ritorno al posto in cui abbiamo impostato l’opera, senza lasciar trascorrere un tempo eccessivo.
Evitiamo invece di aggiungere olio di lino. I colori in tubetto, sotto il profilo del medium, contengono già olio a sufficienza. Aggiunte ulteriori provocano una mestica infatti molto unta, scivolosa difficilmente gestibile con scioltezza. E i tempi di essiccazione diventano infiniti. Ma ognuno deve sperimentare la diluizione secondo le inclinazioni personali. L’effetto è quello di un dentifricio al quale è stato aggiunta acqua. Anche la pennellata diventa difficilmente controllata e controllabile.
Come ben sappiamo, i tubetti di colori ad olio furono prodotti nella seconda metà dell’Ottocento e questa soluzione favorì notevolmente l’esercizio della pittura all’aperto. In precedenza ogni pittore acquistava i pigmenti – polveri – e produceva il colore, aggiungendo l’olio di lino, secondo le proprie esigenze. I colori in tubetto avevano il grosso vantaggio d’essere trasportati e utilizzati con comodità, mentre nel passato remoto gli oli erano collocati in vasetti, che potevano essere perfetti contenitori, se utilizzati in studio, ma che risultavano intrasportabili. Proprio per renderli pronti all’uso, i produttori trovarono proporzioni tra pigmenti e medium che consentisse al pittore di non portare con sé altro olio di lino, ma una sola boccetta con diluente. In commercio esistono ancora, soprattutto per i restauratori, colori in polvere che coprono una nicchia di mercato e che sono più adatti a chi opera in termini “terapeutici” su un quadro o su un affresco, più che a chi voglia raggiungere un risultato formale, espressivo o narrativo.
Colori a olio: ecco le recensioni:
MAIMERI: Olio puro. Una soluzione di alta qualità. Questo prodotto, infatti è definito puro in quanto il colore non è mescolato con altre sostanze. Si tratta di olio più pigmento e nulla più, se non un minimo apporto di additivi per migliorare la qualità del colore. Caratteristica principale, infatti, è l’attenzione e la fedeltà del colore. Un prodotto studiato per il risultato cromatico migliore possibile. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Maimeri
FERRARIO: Van Dyck. Una gamma con uno dei migliori rapporti qualità/prezzo. Ideale per chi è alle prime armi ma, data la qualità del prodotto, molto utilizzata anche dagli esperti del settore. Purezza, intensità delle tinte e impasto untuoso sono le caratteristiche principali. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Ferrario
OLD HOLLAND: un prodotto per puristi. Old Holland produce ancor oggi i suoi colori utilizzando le tecniche e le formule tradizionali. Uno dei marchi più ricercati dagli artisti fin dalla nascita della pittura ad olio. Il prezzo non è certamente adatto alle tasche di tutti ma si tratta pur sempre della “Ferrari” dei colori ad olio. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Old Holland
WILLIAMSBURG: una linea e un prodotto che si fregia di essere stato creato dagli artisti stessi, per la migliore resa possibile. Ogni tonalità risulterà diversa nell’impasto, che può essere più o meno granuloso o più o meno oleoso, in quanto appositamente studiata per la resa cromatica migliore Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Williamsburg
WINSOR & NEWTON: la giusta via di mezzo. Il prezzo è alla portata e la qualità offerta è sicuramente di medio/alto livello. E’ la linea Winsor & Newton, utilizzata dalle accademia. Buona qualità dei colori, ad un prezzo abbordabile Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori WINSOR & NEWTON
Portapennelli. Ideale per dare ordine e organizzazione ad accessori artistici e non solo come pennelli penne matite pennarelli pastelli. Questo contenitore aperto è molto utile perchè mantiene le setole di ogni pennello distaccate, tiene ordine sulla scrivania e risulta uno strumento che ci permette di trovare subito il pennello che cerchiamo. Qui vi proponiamo Artina Porta pennelli Ø 14,5cm – spazio per 49 pennelli colori matite penne – per artisti pittura accademia belle arti, disponibile a 9,99 euro. Acquistalo qui
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UN PICCOLO SEGRETO DEL MESTIERE
Quando avete finito di dipingere – e dovete lavare i pennelli e altri utensili o dovete smacchiare rapidamente il pavimento, il muro o un abito – anzichè utilizzare l’acquaragia, che può essere fastidiosa e lascia aloni, intervenite con acqua calda nella quale è stato sciolto detersivo verde al limone prodotto per i piatti. Il rapporto tra detersivo e acqua è quello che utilizziamo quando dobbiamo lavare padelle molto unte. Poichè il legante è l’olio di lino, il detersivo lo rimuoverà perfettamente con il colore in esso disciolto. Sciacquate poi con acqua calda e passate uno straccio sulle setole, che resteranno molto morbide ed elastiche e che aumenteranno la durata del pennello stesso.
DOVE FAR ASCIUGARE I QUADRI A OLIO
E’ rimasto tra gli aneddoti – basati su una vicenda vera – l’incidente occorso a un grosso quadro di Velazquez. Approfittando di una bella giornata di sole e di vento, il maestro aveva chiesto che i suoi assistenti ponessero il quadro, al quale stava lavorando, all’esterno affinchè fosse accelerata l’asciugatura superficiale. Naturalmente il quadro doveva essere sistemato “in piedi”, in una zona luminosa, ma non direttamente colpito dai raggi solari – per evitare surriscaldamento e la possibile colatura del colore – poichè tutti i pittori sanno che se si appoggia a terra l’intero dipinto, pur verso l’alto, su di esso rotoleranno, in breve, polvere, insetti e peli, catturati dalla viscosità del colore. Si procedette allora poggiando il quadro su un lato, dandogli la giusta inclinazione, affinché non cadesse avanti. Ma un colpo di vento colpì la tela, che si trasformò in una sorta di vela. L’opera volò e cadde in avanti, subendo danni a causa della sporcizia che si era mischiata al colore. Rimuovere sassolini, spighe, fili d’erba, insetti, capelli, peli, crini, polvere grossa significa rovinare le linee dell’opera. Quindi. Bene all’esterno, a una certa altezza, nelle prime ore dopo la stesura. Poi all’interno, in un ambiente ben aerato e lontano da tutti. Mentre l’uso del phon funziona per accelerare l’asciugatura di tempere e acrilici – che normalmente, peraltro non ne necessitano – l’asciugacapelli agisce in modo insignificante sui quadri a olio. Anzi. Calore intenso e flusso d’aria tendono a scompensare l’unione tra pigmento e olio di lino. Pertanto, al di là di tutto: esterno non polveroso nelle prime ore, in caso di bel tempo. Se l’esterno è molto umido, per pioggia o nebbia, l’esposizione risulterà completamente inutile. Per togliere peli, capelli e fili d’erba dal quadro bagnato è assolutamente sconsigliato usare unghie o dita, che spandono il colore, mentre si consiglia una pinzetta da make-up, sottile e precisa.
LA DURATA DEI QUADRI A OLIO SENZA RILEVANTI MUTAMENTI DI COLORE
Le opere ad olio non devono essere costantemente colpite dai raggi del sole, che possono essere fonte dell’indesiderato schiarimento dei pigmenti. Per quanto riguarda la tela, il film pittorico può essere danneggiato da ambienti umidi e, ancor maggiormente, da luoghi in cui si passa frequentemente dal freddo umido al riscaldamento eccessivo. La tela si stringe e si dilata. Questo movimento diviene causa del distacco del colore.
La vernice finale è un ottimo aiuto per la conservazione cromatica del dipinto, poichè funge – oltre che da elemento uniformante che tende a colmare, nella pittura tradizionale, depressioni e rilievi del colore – da protettivo e, lievemente, da filtro solare. I colori in vendita hanno indicazioni sulla durata presunta del colore stesso, prima che inizi un mutamento cromatico, pur lieve.
*** ottima resistenza ai fenomeni luminosi corretti: minimo 150 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
** buona resistenza alla luce: minimo 75 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
* scarsa resistenza alla luce: minimo 25 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
I colori evanescenti (alcune aniline, il bitume genuino, il minio, i colori fluorescenti), invece, vengono in genere catalogati con un pallino nero.
ESSICCATIVI PER COLORI A OLIO
C’è chi aggiunge alla mestica acquaragia che smagrisce il colore, eliminando parte dell’olio e diminuendo notevolmente i tempi di asciugatura. Ma il rischio è che si crei una lieve patina o che il colori muti lievemente. Chi invece intende giungere a tempi più brevi di essiccazione, senza il rischio di mutamenti cromatici imprevisti, può utilizzare gli essiccativi (qui puoi trovare i prodotti migliori in commercio a un prezzo più che onesto).
COS’E’ LA VELATURA AD OLIO E COME SI OTTIENE
La velatura è una tecnica artistica di finitura del quadro che consiste nel porre uno strato sottilissimo di colore molto diluito sul sottostante dipinto, ormai asciutto, per ottenere effetti di trasparenza, semitrasparenza, per creare l’effetto traslucido o per mutare il colore sottostante. Essa, per quanto si dica praticata già, pur episodicamente, dai pittori egizi e dell’antica Roma, caratterizzò inizialmente la pittura fiamminga e si legò al colore ad olio, che fu utilizzato, nei Paesi Bassi, a partire dal Quattrocento, mentre, in Italia, per i dipinti da cavalletto, si faceva ancora uso di tempera grassa.Come ottenere, oggi, una velatura? Noi diamo la vernice finale al dipinto, attendiamo che asciughi per poter lavorare su una superficie “plastificata” o “vetrificata“. Quindi prendiamo pochissimo colore e lo diluiamo, sulla tavolozza, con liquido dello spray della vernice finale. Ed ecco un colore trasparente ma fortemente aggrappante. Per ottenere il liquido dallo spray, basta schiacciare il diffusore, scaricando in un punto della tavolozza il flusso aeriforme, a distanza ravvicinata, per una decina di secondi. Il mercato offre già anche colori trasparenti, che sono contrassegnati da un quadratino bianco sull’etichetta.
COME DARE LA VERNICE FINALE
Nel Novecento gli artisti tesero a utilizzare sempre meno la vernice finale, per ottenere un aspetto più materico e rozzo dell’opera. La vernice, infatti, tende a uniformare la superficie e ad esaltare il colore. Ai tempi di Turner, la vernice finale veniva data, ai dipinti a olio, nella sede in cui l’opera sarebbe stata collocata o negli spazi espositivi. Per questo è rimasto, nella terminologia artistica, il sostantivo vernissage, che significava, originariamente, verniciatura e che oggi è un incontro chic di inaugurazione di una mostra d’arte. Le operazioni di verniciatura avvenivano uno o due giorni prima dell’apertura ufficiale della mostra. E a questi delicati lavori, oltre agli artisti, era ammesso un pubblico selezionato di intenditori. Con vernissage si intese così un’inaugurazione tra pochi eletti; e, successivamente, assunse la connotazione di festa d’inaugurazione. La stesura della vernice finale, a quei tempi, non era compito del pittore, ma di operai specializzati che lavoravano esclusivamente con vernici trasparenti, acquisendo, in questo campo, un’assoluta abilità. Il quadro doveva essere asciutto da qualche mese per evitare che i diluenti sciogliessero parti di colori del dipinto. Il prodotto veniva steso con rapidità. E capitava spesso che questi artigiani fossero così abili da consentire all’artista qualche ritocco finale, disperato, che poi loro sapevano coprire.
Oggi esistono più tipologie di vernici finali, che si dividono, comunque, in vernici a pennello e vernici spray.
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Le vernici finali a pennello richiedono una perfetta asciugatura del dipinto. Il rischio è infatti che si sciolga anche una piccola parte del colore, che si unisce alla vernice stessa, la quale non è più totalmente trasparente e non più totalmente incolore. Sotto il profilo dei risultati tecnici, la vernice finale a pennello è indicata a restauratori, iperrealisti, copisti e a tutti coloro che intendono mettere una cura massima – diremmo classico-accademica – nella realizzazione dell’opera
Le vernici finali spray sono molto comode e permettono d’essere spruzzate anche 24 ore dopo aver finito l’opera e anche se questa non è perfettamente asciutta. L’importante è che il quadro non sia messo verticalmente. Lo spray va dato, dopo aver scosso vigorosamente la bomboletta per un minuto, a una trentina di centimetri di distanza dalla tela. Evitiamo l’ambiente chiuso. Meglio all’aperto, ma in una giornata senza vento. Oppure mettiamoci in un luogo aerato, ma senza correnti d’aria, che si porterebbero via tutta la materia volatile. Ricordiamoci poi, se intendiamo tenere il quadro in piedi, durante questa operazione, di non spruzzare troppa vernice, per evitare istantanee colature e formazione di grumi. Dobbiamo produrre un’emissione regolare e piuttosto rapida. Poi appoggiamo il quadro in posizione orizzontale, in un luogo dove non ci siano vento e polvere. E aspettiamo. Possiamo dare un’altra mano dopo qualche ora.
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