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La lotta di Giacobbe con l’angelo è una scena poco rappresentata nell’ambito dell’iconografia cristiana. Questo perchè l’episodio biblico, inserito nel Genesi, apre le porte a quella che è l’interlocuzione profonda del cristiano autentico e degli ebrei con il proprio Dio. Un Dio a fronte del quale non ci si prostra, come servi, ma con il quale si avvia un rapporto filiale, ricco anche di contestazioni, di lotte, di ribellioni per richiamarlo dalla profondità del suo silenzio. Del resto, Cristo sulla Croce, non accetta la morte, umanamente, ma imputa al Padre l’idea, pur transitoria, di essere stato abbandonato al dolore. E gliene chiede il motivo. Una religione che è in grado di lottare con la divinità è libera.
Pone l’uomo, realmente, nella dimensione filiale. Ed è forse per questa ribellione amorosa, che poteva essere fraintesa dai fedeli, che la Chiesa glissò spesso su questo episodio. Tra le opere più significative della lotta tra Giacobbe e l’angelo, sono da segbalare due dipinti di notevole valore: una tela di Rembrandt e il celeberrimo, titanico dipinto parietale realizzato da Delacroix tra il 1853 e il 1861, nella cappella degli Angeli, a destra per chi accede, della chiesa di san Sulpice, a Parigi. L’episodio rende la ribellione dell’uomo lecita, poichè essa è diretta a rafforzare, nello scontro dialettico, il rapporto con il Padre e a sottoporgli i problemi più gravi. Il titanismo romantico di Delacroix,evidentemente avallato da un clero molto avanzato sotto il profilo dell’esegesi biblica e politica, portò alla nascita di questo capolavoro, realizzato non in affresco, ma sul muro asciutto, con pittura a olio ulteriormente diluita nella cera. Ciò con il fine di evitare distacchi, di creare una superficie patinata e di ridurre l’essicazione e la polverizzazione progressiva dei pigmenti.
L’opera si presta a più interpretazioni e a tal fine venne evidentemente pensata. Accanto alla rievocazione dell’episodio biblico, si aggiungono connotazioni politiche legate all’epoca. Dalla posizione della Chiesa gallicana in contrasto con la chiesa romana al laicismo dilagante, alla lotta tra progresso del pensiero e conservatorismo dell’istituzione ecclesiale fino a giungere alla liceità delle rivoluzioni nel caso in cui la Legge protegga un possibile tiranno.
L’episodio sul quale la Chiesa non amò spesso soffermarsi – perchè la ribellione di Giacobbe avrebbe, in qualche modo giustificato, la contestazione della Chiesa – risulta comunque un sotteso nodo centrale della nostra religione, che non punta sull’asservimento dell’uomo a Dio, ma una dialettica, anche violenta, fatta di fughe – il Figliol Prodigo -, di un richiamo veemente del Signore, che può sfiorare la bestemmia o o che diviene un lotta diretta con la divinità amatissima. E’ da questi elementi, dai quali dovremmo ripartire per ribadire la matrice assolutamente libertaria della nostra religione, basata sul libero arbitrio e cioè sull’assoluta libertà assegnata da Dio all’uomo, come regalo maggiore. L’uomo, come diceva Pico dell Mirandola può scegliere d’essere un verme o un angelo. Per questo chi sceglie i piani più bassi della materia vive in una condizione all’apparenza appagante, ma lontana dal Signore. E’ un eroe dello spirito, invece, colui che ha il coraggio di “tirar giù Dio” dal cielo per affrontarlo. Da una parte, nel grande dipinto parietale di Delacroix c’è l’impeto generoso di Giacobbe che si scaglia come un ariete (come scrisse Baudelaire), puntando il piede destro e alzando il ginocchio sinistro per colpire l’avversario; dall’altro c’è l’Angelo che sta al gioco, ma senza scomporsi. La creatura angelica assume una posizione di contenimento dell’avversario e,da parte sua, lo scontro si trasforma in una sorta di danza.
L’episodio è di grande interesse, alla luce di quello che da cui è preceduto e seguito. Sostanzialmente. Giacobbe,s econdo le cognizioni dell’epoca, era considerato secondogenito, perchè durante il parto gemellare, il primo a venire alla luce era stato Esaù, al quale sarebbe spettata la primogenitura e pertanto il passaggio dei poteri e degli averi del padre. Lo stesso nome Giacobbe significa colui che tiene il tallone del piede e fa pensare al neonato che si avvinghia al piedino del fratello, che lo precede, durante il parto.Com’è noto, Esaù diventò era un cacciatore irsuto, molto legato alla propria vita selvaggia. Così Giacobbe propose al gemello un piatto di lenticchie, in cambio del quale Esaù averebbe dovuto vendere la primogenitura. Il che avvenne. Poichè Giacobbe era il favorito della madre, avvicinandosi la morte del padre, che era dicentato cieco, Rebecca e il figlio organizzarono quello che potrebbe apparire come un grave inganno. Poichè Esaù era molto peloso, Rebecca fece vestire il prediletto Giacobbe con una pelliccia e lo fece avvicinare al padre morente, che lo accarezzò e ritenendo il suo primogenitoro, lo benedisse, trasferendogli tutti i poteri.
La cecità del padre, l’impossibilità di Esaù di poratre avanti saggiamente la famiglia e la gens indussero, attraverso l’inganno, a un mutamento del percorso ordinario delle cose e alla violazione dellalegge. Ma ciò non fu compiuto per sete di potre o per egoismo quanto a causa dei rischi che una guida sbagliata, come quella di Esaù, avrebbe significato per la famiglia. La legge fu infranta, il vero futuro “re” era stato escluso dalla successione nonostante i suoi inneganili diritti, a favore del fratello che aveva doti maggiori. In seguito Giacobbe fu costretto a fuggire a causa dell’ira del fratello e, durante questo viaggio, oltre a vedere una scala scala d’oro, in sogno, si trovò a combattere contro l’angelo misterisro, che secondo alcuni sarebbe stato l’angelo custode del fratello, ma che , in realtà, è un inviato di Dio. Giacobbe fa sentire le proprie ragioni al Signore, anche lottando con lui. Egli sa di aver infranto la legge. Sa di meritare una punizione, ma, al tempo stesso, ritiene ineluttabile,per il bene comune, ciò che egli ha fatto con la saggia complicità della madre. La lotta di Giacobbe con l’angelo dimostra, in casi estremi estremi,la liceità del superamento della legge di cui Dio è depositario. Più che una lotta tra due avversari, nonostante la profusione di forza di Giacobbe, la scena appare come una contesa basata sulla spinta, durante la quale Giacobbe presenta a Dio, gridando, le proprie ragioni, che vengono accolte,anche se l’uomo è destinato a restare segnato dalla lotta con ilSupremo. Giacobbe, infatti, verrà colpito al tendine dell’anca, e rimarrà claudicante, nonostante le ragioni vengano accolte. Giacobbe ebbe il suo nome mutato in Israel, ”colui che contende con Dio” poiché aveva combattuto anche con esseri divini.
Leggiamo a questo proposito il libro della Genesi
Genesi 32,24-34
24 Li prese, fece loro passare il torrente e fece passare anche tutti i suoi averi. 25 Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntare dell’aurora. 26 Vedendo che non riusciva a vincerlo, lo colpì all’articolazione del femore e l’articolazione del femore di Giacobbe si slogò, mentre continuava a lottare con lui. 27 Quegli disse: «Lasciami andare, perché è spuntata l’aurora». Giacobbe rispose: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!». 28 Gli domandò: «Come ti chiami?». Rispose: «Giacobbe». 29 Riprese: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!». 30 Giacobbe allora gli chiese: «Dimmi il tuo nome». Gli rispose: «Perché mi chiedi il nome?». E qui lo benedisse. 31 Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva». 32 Spuntava il sole, quando Giacobbe passò Penuel e zoppicava all’anca. 33 Per questo gli Israeliti, fino ad oggi, non mangiano il nervo sciatico, che è sopra l’articolazione del femore, perché quegli aveva colpito l’articolazione del femore di Giacobbe nel nervo sciatico.
Sotto il profilo politico, non va dimenticato quanto la vicenda di Giacobbe, rappresentata da Delacroix, rappresentasssere il fondamento religioso di rivolgimenti e destituzioni regali, in nome del bene Comune. In Giacobbe, nella visione di delacroix si incarnava il popolo, in grado di combattere con Dio per far valere, attraverso il passaggio alla repubblica e alla democrazia, le proprie ragioni, anche al di là delle leggi e delle consuetudini delle leggi dell’antico regime. Contestazioni alla legge caratterizzano anche la vita di gesù che, per amore, e in soccorso dei malati, decide di non rispettare l’obbligo del riposo del sabato.
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