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[P]iccolo capolavoro di grafica e di spiritualità, la pergamena vergata e disegnata da san Francesco nel 1224, alla Verna, nei giorni in cui si manifestò il fenomeno delle stimmate, costituisce una minuscola, scabra opera grafica, ma anche una preziosa testimonianza disegnativa del santo, in cui appare una Tau che diparte dal volto di un uomo dalle guance, irsute, forse un frate. Fu, pur schematicamente, un autoritratto? Pare proprio di sì anche perchè il documento fu autenticato da Frate Leone. La Chartula fr. Leoni è conservata nella basilica inferiore di Assisi. E’ un foglio ricavato da un lacerto di pelle di capra. Francesco, attraverso poche parole scritte e il disegno, che risulta il cardine di tutta la composizione, impartì la benedizione a frate Leone, il suo devoto segretario, che, nei giorni in cui il santo ricette le stimmate, condivideva con lui il romitaggio montano.
Analizzando lo scritto di autentica, che fu posto sulla pergamena da frate Leone stesso, il foglio si rivela come frutto di un atto di generosità di Francesco che, dopo la celeste visione del cherubino, ricevute le stimmate, estese al proprio confratello la luce di salvezza di cui era permeato. Frate Leone autenticò il documento con scritte in inchiostro rosso, sottolineandone l’autografia. Si trattò non solo dell’autentica di una vera reliquia, ma, per qualche verso, di una delle più antiche expertise di un disegno.
Beatus Franciscus scripsit manu suâ istam benedictionem mihi fratri Leoni, (il beato Francesco scrisse di suo pugno questa benedizione, indirizzata a me, frate Leone) et sotto il thau: Simili modo fecit istud signum thau cum capite manu sua. (allo stesso modo fece, di sua mano, questa tau con testa).
Infine per autenticare il tutto, scrisse nel margine superiore, in latino Il Beato Francesco due anni prima della morte fece quaranta giorni di penitenza alla Verna, per onorare la Beata Vergine Maria, madre di Dio e il Beato Michele Arcangelo. (Tutto avvenne) tra la Festa dell’Assunzione di Maria e la festa di San Michele arcangelo (quindi tra la metà di agosto alla fine di settembre, ndr.) . E avendo ricevuto, sopra di sé, la mano di Dio, ebbe impresse sul suo corpo, attraverso la visione e il colloquio con il serafino, le stigmate di Cristo. Ha fatto queste lodi sull’altro lato del documento, scritto di sua mano, ringraziando Dio per la Grazia a lui elargita. (Beatus Franciscus duobus annis ante mortem suam fecit quadragesimam in loco Alvernæ ad honorem beatæ Virginis Marise, matris Dei et Beati Michælis archangeli a festo as-sumptionis sanctæ Mariæ Virginis usque ad festum sancti Michælis septembris et facta est super eum manus Domini, per visionem et allocutionem seraphym et impressionem stigmatum Christi in corpore suo. Fecit has laudes ex alio latere cartulæ, scriptas et manu suâ scripsit gratias agens Deo de beneficio sibi collato).
L’autentica da parte di frate Leone è scritta con inchiostro rosso, mentre le parole scritte da Francesco sono state stese con un inchiostro scuro. Scrive Francesco, in un latino che qui traduciamo.
Il Signore ti benedica
e ti custodisca.
Mostri a te la Sua faccia
e abbia di te Misericordia.
Volga a te il Suo sguardo
e ti dia Pace.
Poco più sotto, con una grafia pesante, ma resa come un calligramma, senza rispettare il posizionamento in riga, troviamo il nucleo dell’autografo di Francesco, costituito dalla frase
Il Signore ti Benedica, frate Leone.
Il documento si completa con una Tau, simbolo assunto da Francesco come proprio sigillo, che non viene inserita come lettera dell’alfabeto, ma come una grande croce disegnata, che si innalza apparentemente da un terreno roccioso che, a prima vista, rinvierebbe alla rappresentazione della sommità del Golgota ma che, a una visione più ravvicinata, rappresenta un uomo che grida la Tau o che da essa è trafitto.
Il paleografo Attilio Bartoli Langeli sottolinea perfettamente la scansione grafica conferita da san Francesco alle parole che contengono la dedica a Leone. Non siamo infatti di fronte, nelle ultime quattro parole, a destra del documento, a una forma di semplice scrittura, ma ad un santo calligramma, che interloquisce direttamente con il disegno della tau e quello del volto dell’uomo.
“Le quattro parole a destra – argomenta Bartoli Langeli – costituiscono una scrittura circolare e pluridizionale, che ricorda il cosiddetto quadrato magico. Sta di fatto che queste iscrizioni rendono impraticabile la lettura discorsiva, da sinistra a destra e dall’alto in basso: cosí gli antichi trascrittori come il moderno editore, dando la sequenza Dominus benedicat, frater Leo, te o simili, riducono a testo ciò che testo non è”. “Sotto (la scrittura) – prosegue Bartoli Langeli – è tracciato il segno Tau, radicato su un disegno dal profilo spezzettato. Dentro il contorno è disegnata una testa d’uomo, in posizione orizzontale: mento prominente e puntuto, capelli ben pettinati ma barba lunga e rada. Tutti questi elementi simbolici, a cominciare naturalmente dal Tau, hanno fatto molto discutere; non ho da portare alcuna considerazione nuova. (…) Il Tau è tracciato in maniera cosí perfettamente geometrica e centrata da far ritenere – poiché sarebbe troppo immaginare righelli e squadre, in quel settembre sulla Verna – che abbia fatto da guida la piegatura in quattro del foglietto; se cosí fosse, la piegatura sarebbe stata effettuata tra la scrittura delle Laudes e la scrittura della Benedizione. Parrebbe che Francesco abbia per prima cosa disegnato il Tau, in tal modo predeterminando gli spazi d’inquadramento delle scritte: la distanza tra il bordo superiore e l’inizio della formula di benedizione fa intendere che lo scrivente abbia calcolato a occhio la centratura della scritta nella metà superiore.”
Resta comunque da capire chi sia quella figura umana dalla cui bocca, come un grido, esce la gigantesca Tau. La stretta connessione tra le ultime parole del documento – “Il signore ti benedica, frate Leone” – , tra il volto e la tau potrebbero autorizzare l’ipotesi che Francesco abbia disegnato se stesso nell’atto di invocazione della benedizione divina. Il volto con reso ispido dai peli di una barba rada e incolta, il cappuccio, non inducono a ritenere che la figura sia quella di Dio o di un angelo, ma di un uomo, forse un frate. Ciò che Bartoli Langeli legge come capelli ben pettinati si rivelerebbe, in realtà, come il cappuccio di un saio.
Francesco, del resto, utilizzava la lettera Tau come propria firma benedicente o, con essa benediceva – o invitava benedire – conventi del proprio ordine. L’origine di questa consuetudine si lega alle pagine bibliche del libro di Ezechiele, che è invitato da Dio a segnare con la Tau la fronte degli uomini probi, che saranno salvati da ogni punizione eterna. La Tau diviene pertanto il simbolo della salvezza concessa da Dio, sigillo che si estende all’Apocalissi di Gioovanni. Soltanto gli uomini segnati con quel sigillo si salveranno.
L’iconografia della Chartula fr. Leoni, lascerebbe pertanto pensare a una sorta di Francesco Ezechiele che invoca, dopo aver ricevuto le stimmate, la salvezza anche per l’amico Leone. Del resto, san Francesco sarà definito dai suoi confratelli, che si riferivano all’apocalissi giovannea, come “angelo del sesto sigillo”, colui che sale da oriente per portare la salvezza agli uomini probi. Scrive, nella Leggenda maggiore, San Bonaventura da Bagnoregio. (1260-1263). “E perciò si afferma , a buon diritto, che egli viene simboleggiato nella figura dell’angelo che sale dall’Oriente e porta in sé il sigillo del Dio vivo, come ci descrive l’altro amico dello sposo, l’apostolo ed evangelista Giovanni nel suo vaticinio veritiero. Dice infatti Giovanni nell’apocalisse, al momento dell’apertura del sesto sigillo: Vidi poi un altro angelo salire dall’Oriente, il quale recava il sigillo del Dio vivente”
Con evidenza la benedizione-diploma, attraverso le parole, ma soprattutto attraverso l’immagine – emanante del disegno aveva la funzione di costituire un elemento di perenne santa irradiazione del Bene e della Salvezza. Essa veniva trasformata , attraverso un’immagine, in un quadro sacro.
Frate Leone autenticò il documento con scritte in inchiostro rosso, sottolineandone l’autografia. Si trattò non solo dell’autentica di una vera reliquia, ma, per qualche verso, di una delle più antiche expertise di un disegno.
“È inutile dire con quanta cura Frate Leone custodìva questo ricordo. – scriveva il premio Nobel, Paul Sabatier – Sotto le parole tracciate dalla mano stessa di Francesco, egli scrisse: Beatus Franciscus scripsit manu suâ istam benedictionem mihi fratri Leoni, (il beato Francesco scrisse di suo pugno questa benedizione, indirizzata a me, frate Leone) et sotto il thau: Simili modo fecit istud signum thau cum capite manu sua. (allo stesso modo fece, di sua mano, questa tau con testa). Infine per autenticare il tutto, scrisse nel margine superiore Beatus Franciscus duobus annis ante mortem suam fecit quadragesimam in loco Alvernæ ad honorem beatæ Virginis Marise, matris Dei et Beati Michælis archangeli a festo as-sumptionis sanctæ Mariæ Virginis usque ad festum sancti Michælis septembris et facta est super eum manus Domini, per visionem et allocutionem seraphym et impressionem stigmatum Christi in corpore suo. Fecit has laudes ex alio latere cartulæ, scriptas et manu suâ scripsit gratias agens Deo de beneficio sibi collato. (Speculum Perfectionis, seu S. Francisci Assisiensis, Legenda antiquissima, auctore fratre Leone, nunc primum edidit Paul Sabatier, Paris, Librairie Fischbaker, Rue de Seine 33. 1898.).
Resta ora da stabilire se il disegno fu un’invenzione iconografica di Francesco o se il fondatore dei Frati Minori, considerata la tipologia simbolica che si avvicina alle illustrazioni bibliche dell’epoca, si sia ispirato a un’edizione miniata del sacro libro.
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