Le stilettate di Zana. Con il cielo stellato di Giotto. Il vuoto spaventoso della pietruzza del Big Bang


Giotto e aiuti, Madonna e Bambino nel clipeo sul cielo stellato, Cappella degli Scrovegni, Padova
​STILETTATE
diTonino Zana
Una pietruzza, chiamiamola così, del big bang, è stata avvistata da una lente miliardi di volte più spessa degli occhiali di mio zio comunista che conosceva la Divina Commedia a memoria e comiziava nella piazza del mio paese così che finiva per mettersi sotto le coperte suo fratello, cioè mio padre, residente proprio nella piazza con le finestre di fronte al palco della predicazione politica.
Mio padre si vergognava non di suo fratello, ma di quello che avrebbe detto la gente di lui, comunista al tempo della scomunica nel 1949. Mio padre in banca e suo fratello sul palco del comizio, di fronte. Ecco, io mi metto come sotto le coperte come mio padre per la vergogna di me stesso, della mia ignoranza, della mia lucidità ancora adesso obnubilata dalla notizia di questa pietruzza fotografata da quella lente più grande un miliardo di volte la lente di mio zio comunista.
Cosa abbia a che fare la strepitosa notizia della pietruzza del big bang, la pietruzza ritrovata quasi si fosse nascosta sulla sponda di un fiume paesano e ora quasi messa nelle mani di miliardi di umani, non lo so. Che centra il big bang, la pietruzza di 500 milioni di anni fa con mio zio comunista? Niente. Forse prendevo fiato per capire se sia vero quello che sto scrivendo. Se è vero che la lente è grande sei metri e mezzo ed è costata quattrodici miliardi di dollari
Mi è apparsa la guerra in Ucraina, le beghe politiche, la crisi dei consumi, le tasse senza senso, la marca del gin introvabile, la squadra del cuore che non prende Kouylibaly, le righe tagliate al giornale, il saluto tolto chissà perché e ho messo tutto nel frullatore, nel big bang vicino a quella pietruzza. Di più: ci hanno ricordato che le galassie nell’universo sono miliardi e ogni galassia trattiene miliardi di stelle e il sole è una stella.
A un somaro come me, convinto di abitare nel paesello più bello del mondo, centro dell’universo, galileiano qualche giorno sì e qualche giorno no, adesso mi separo dalla superstizione di aver primeggiato con la mia piazza sfidando tutte le galassie e tutte le stelle. Mi dimetto e prometto di comprami la lente più costosa dal mio amico Mario.
Siamo fantasmi, non esistiamo nel paragone con la concretezza delle cose accadute negli ultimi milioni di anni.
Dunque, qualche più di dieci milioni di anni fa, forse di nuovo quattordici, accadde il biga bang, la immensa esplosione di cui non si conosce causa e movente. Allora, l’universo compiva 500 milioni di anni, era un bambino come la mia Isabella di sette mesi. Fino ad oggi, nei giorni umili, ci siamo paragonati a un granello di sabbia. Ora chi siamo dopo la pietruzza ritrovata e dipinta, sembra, di blu?

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Maurizio Bernardelli Curuz
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